Le mie voglie … e soprattutto quelle di mia moglie

Capitolo 1 - Esperienze Tragressive

geniodirazza
21 days ago

Le mie voglie … e soprattutto quelle di mia moglie

La nostra vita sessuale mi pareva poco meno che mediocre; non ero del tutto insoddisfatta del sesso che Antonio, mio marito, si sforzava di darmi quotidianamente; sì, perché io volevo fare sesso tutti i giorni, specialmente in quelli festivi; e volevo farlo per ventiquattro ore, senza soste, perché mi piaceva molto urlare mentre godevo per orgasmi straordinari; adoravo sentire tra le mani la sua verga che s’ingrossava e s’irrigidiva per essere pronta poi a riempirmi la bocca fino alla gola, per farmi godere mentre la succhiavo come una dolcissima caramella.

Da anni ormai lui sapeva che lo desideravo ardentemente in tutti i buchi, il suo fallo meraviglioso; in bocca mi dava gioia e nella vagina mi stimolava un piacere che volevo non finisse mai; ma era quando mi sfondava il retto che raggiungevo il sublime della libidine; cominciavo quasi sempre appena ci svegliavamo e bevevo insieme il caffè e lo sperma che gli spremevo dai testicoli gonfi con una fellatio che lui non esitava a definire la più bella del mondo.

Proseguiva poi nel pomeriggio, quando tornavamo dal lavoro; e fino a notte fonda non era che un farmi sbattere con violenza, in tutti i modi, con tutte le tecniche, in ogni posizione; quella che preferivo era senza dubbio la pecorina che gli dava la possibilità di spingere l’asta, un bell’arnese di diciotto centimetri, fino al più profondo dell’utero, fin quasi a farmi male; e di sentire la massa del mio sedere, matronale, ben disegnato, morbido e sodo al tempo stesso, adorabile per lui, sbattergli sul ventre perché alla copula partecipavo molto attivamente e spingevo contro il ventre per godere e farlo godere.

“Franca, è verissimo che sei una donna molto calda, come ti piace definirti; ma per te ci vorrebbe un fallo meccanico, un robot che non si fermasse mai e ti copulasse per giornate intere; oppure, in alternativa, una schiera di amanti che ti prendesse in continuazione e ti tenesse in orgasmo continuo.”

Intravedevo, in quest’ultima frase, un desiderio da lui inespresso, quello di vedermi godere con un altro maschio; non mi aveva mai sfiorato l’idea di copulare con un altro; erano anni che eravamo marito e moglie; c’eravamo sposati giovani ed io ero totalmente a digiuno di rapporti sessuali; nel tempo, avevo fatto sesso solo con lui, con difficoltà sempre maggiori a tenere il mio ritmo; non avevo mai avuto occasione di pensare a un tradimento; quella frase però m’insospettì e decisi di metterlo alla prova.

Eravamo in camera e stavamo per andare a letto; io uscii dal bagno, con una camicia da notte trasparente che lasciava ammirare, sotto, la mia vulva carnosa e ricoperta da un boschetto di pelo nero che trovavo molto eccitante e che lui amava sentirsi in bocca quando mi leccava la vagina; e, sopra, il mio seno ricco, carnoso, abbondante solo un poco appoggiato, in fondo avevo i miei anni non riferibili, con due aureole preziose, ben disegnate e due capezzoli grossi come ciliegie, tutti da succhiare.

Con la testa gli feci cenno di alzarsi e con il dito gli indicai di spostarsi sulla poltrona ai piedi del letto; mi guardò stupito e, quasi automaticamente, proprio come un automa, mi veniva di riflettere, si spostò e, a un mio gesto imperioso, si sedette; tirai fuori il braccio sinistro, che avevo nascosto dietro la schiena, ed esibii il grosso cetriolo, che la mattina avevo comprato apposta al mercato, lavato, asciugato e ricoperto con un preservativo.

Cominciò a capire e si tese spostandosi più comodo contro lo schienale; la patta del pigiama faceva vela perché il pene gli si stava gonfiando; gli feci cenno di spogliarsi; eseguì in automatico, mentre facevo cadere le spalline della camicia da notte ed ero nuda davanti a lui; accennò a buttarsi addosso; lo bloccai con un gesto della mano e gli imposi d stare fermo; tutta la scena si svolgeva in un silenzio tombale, rotto soltanto dall’ansimo di Antonio che aveva la mazza ormai ritta dal ventre come un campanile.

Cominciai una lenta masturbazione con l’ortaggio, passandomelo lussuriosamente sui capezzoli; lo infilai fra le cosce, sfiorando la vulva e cominciai a sentire anch’io gli effetti della manipolazione; bagnai abbondantemente il cetriolo che mi sollecitava il clitoride; ebbi un piccolo orgasmo che segnalai con un gemito.

“Amore, questo è l’altro maschio con cui adesso copulerò; tu per ora stai solo a guardare; quando ne avrò voglia, ti chiamerò a penetrarmi; tu sceglierai dove e come; ma dovrai farmi godere più di questo mio amante provvisorio!”

Mi guardava con gli occhi che quasi gli schizzavano fuori dalle orbite, una leggera bava sembrava calargli ai lati delle labbra, gemeva e si teneva il sesso in una mano, senza masturbarsi perché gli avevo fatto cenno di no; portai l’ortaggio alla bocca e lo feci entrare di colpo; lo succhiai come fosse l’asta dura di un maschio ben dotato e lo tirai fuori per leccare tutta la lunghezza, in una fellatio meravigliosa; lui si agitava, fremeva e continuava a guardare impazzito di piacere.

“Ti piace, amore, come succhio questo randello che adesso mi sfonderà la vagina e l’ano? Che cosa vuoi che mi faccia riempire per primo, l’ano o la vagina? Davanti? Vuoi che mi faccia prendere davanti? Tu poi verrai a farti succhiare? Aspetta, amore, non venire o ti strozzo; fermati e guarda come mi possiede il tuo amico sconosciuto!”

Leccai con frenesia il cetriolo e me lo feci penetrare con violenza nella bocca, fino a farmi dolere le mascelle; mi piaceva prendere in bocca un sesso grosso; a questo punto, anche la mia fantasia aveva trasformato l’ortaggio in un fallo vero; per un verso, stavo succhiando una protesi, per eccitarmi e per eccitare Antonio; per un altro verso, stavo immaginandomi un fallo autentico, non quello di mio marito, che trattavo con la bocca con la massima abilità per portarlo all’orgasmo; il desiderio era vivo e vero.

“Franca, amore mio, dobbiamo farlo davvero; ti voglio guardare mentre succhi una nerchia meravigliosa; poi ti monterò selvaggiamente e faremo sesso come non l’abbiamo mai fatto; ma deve essere una mazza di carne vera e dura, non un cetriolo!”

“Sta zitto e cerca di goderti la scena, ma non eiaculare, quando avrò finito col tuo amico, mi dovrai cavalcare fino a stremarmi!”

Feci scivolare l’ortaggio lungo il ventre; giocai con la fossetta dell’ombelico che lui spesso riempiva di sperma, quando eiaculava sulla mia pancia; scavai nel boschetto dei peli; stimolai le grandi labbra, le separai e appoggiai il cetriolo all’imbocco della vagina; m’infilai in un solo colpo e accusai lo scontro tra l’ortaggio e la cervice; lanciai un urlo di godimento che fece rizzare tutto a mio marito, soprattutto il sesso che sobbalzava di piacere.

Le pareti della vagina, abituate da sempre allo stesso spessore e agli stessi movimenti, improvvisamente si sentirono sollecitate da un arnese di ben maggiori proporzioni e reagirono naturalmente, producendo infiniti umori che lubrificarono il preservativo e fecero scorrere il cetriolo liberamente, avanti e indietro, fino alla testa dell’utero; godevo come una scimmia, mentre copulavo mentalmente con un altro maschio e vedevo davanti a me mio marito con l’asta dura che si masturbava delicatamente, lentamente, alla ricerca del piacere senza eiaculazione.

Gli orgasmi ormai si susseguivano senza tregua mi facevano gemere sempre più forte, finché quasi urlai.

“Mettimelo nell’ano, penetrami nel retto, sfondami l’intestino; sto godendo, non sai quanto; mi piace … mi piace … ti amo maledetto … è questo che vuoi vero? Vuoi vedermi godere sul fallo di un altro? Vuoi esserci anche tu? Allora, sfondami, fammi urlare, fammi godere ancora tanto … !“

Era all’estremo, Antonio; mi ero piegata con le mani sull’altra poltrona, di fronte a lui, e gli offrivo il sedere quasi dilatato dalla voglia; mi venne alle spalle e m’infilò in un sol colpo, come sapeva che mi piaceva immensamente; sentivo che faceva difficoltà, la sua asta, a trovare spazio, col cetriolo saldamente piantato in vagina; ma mi sfondò, alla fine; penetrò e sentii i testicoli sbattere sulla mano che spingeva l’ortaggio; ero piena, davanti e dietro, e scatenai la libidine; dopo poco, stavo versando squirt sulle sue gambe; subito dopo, gli spruzzi dello sperma nell’intestino mi fecero urlare per gli orgasmi che provocavano e mi dissero che Antonio aveva eiaculato.

Mentre ci rilassavamo sul letto ed io cercavo di assorbire la violenza che io mi ero portata all’utero e Antonio allo sfintere, diventò inevitabile fare chiarezza; chiesi a mio marito se aveva scoperto una sua vena di cuckold e voleva evidenziarla; era molto esitante nella risposta; mi spiegò che spesso, quando si sottoponeva ai tour de force del sesso con me, si trovava a riflettere che se qualcuno gli dava man forte, non se ne dispiaceva, se restava l’unico oggetto del mio amore e agli altri mi limitavo a dare sesso; qualche spruzzo di sperma si poteva lavare, specialmente se serviva anche a cementare l’amore tra noi.

Gli chiesi se intendeva rapporti di cui era solo spettatore o se voleva essere protagonista insieme all’eventuale ‘altro’; mi rispose che la cosa non costituiva problema e che l’unica cosa che lo interessava era sapere che ero felice, qualunque fosse la soluzione che sceglievo; io sapevo per certo che amavo profondamente Antonio e che non avevo nessuna intenzione di mettere in discussione la nostra vita, perché quell’amore era fatto di moltissime cose che ne costituivano l’essenza stessa.

Però il sesso mi attirava, m’intrigava, mi catturava e mi prendeva; non credevo di essere in grado di oppormi a un bisogno fisiologico; ero disposta a incontrare maschi, ma volevo che lui fosse presente e partecipasse, se lo desiderava, o stesse anche solo a guardare; ma volevo che fosse con me, a sostenermi e a giustificare, soprattutto a me stessa, la scelta di accoppiarmi con sconosciuti; gli chiedevo di essere complici in quest’operazione e, anzi, se poteva, di guidarmi a commettere meno errori possibile.

Si creò, in quella che doveva essere solo una prova di tendenze, una solidarietà tra di noi che ci rendeva coppia inossidabile, capace di trasgredire insieme anche se il ruolo principale era mio; sapevo che la sua presenza, anche solo mentale, era fondamentale; gli chiesi, fuori dai denti, se se la sentiva di organizzare qualcosa; mi fece presente che era un territorio difficile da praticare e che non aveva nessuna esperienza; le scarse informazioni che possedeva erano quelle più diffuse e riguardavano i luoghi normalmente frequentati dagli appassionati; poteva però parlare con qualcuno che conosceva e poi valutare con me.

Nei giorni seguenti riuscì a sapere con certezza che il parcheggio di un centro commerciale che frequentavamo, di sera era popolato da guardoni, da donne avide di sesso, da maschi ultra eccitati in caccia, insomma da quella popolazione alla quale il nostro interesse si voleva rivolgere; che in alcuni giorni la frequentazione era alta e si rischiava di incontrare visi conosciuti e perfino personaggi pericolosi, che non mancavano in quell’ambiente; il mercoledì sembrava il giorno migliore.

Aveva anche accennato a quello che intendevamo fare; ovviamente non si era affatto esposto; e lui era bravo nei dialoghi ermetici; gli avevano dato anche delle ‘dritte’ per come farsi avvicinare da bull, da guardoni o da maschi in caccia e come comportarsi, nel caso; decidemmo senza ulteriori tentennamenti di sperimentare il carsex il mercoledì successivo per decidere se faceva per noi; io non accettai neppure per ipotesi di far venire nella nostra casa degli sconosciuti, anche se mi galvanizzava l’idea di fare sesso con uno sconosciuto davanti a mio marito.

Per quella prima esperienza, stabilimmo tra di noi che mi limitavo a una fellatio, salvo verificare, in futuro, soluzioni diverse e più impegnative; Antonio m’incoraggiò dichiarandosi coinvolto completamente e pronto alla sperimentazione, a patto di non essere ‘messo all’angolo’ e trattato da schiavetto asservito al mio piacere; gli rinnovai per l’ennesima volta la dichiarazione del mio amore profondo e lo rassicurai che sarebbe stato solo ‘grattarsi un prurito’, senza alcuna ulteriore conseguenza.

Il mercoledì sera, verso le dieci, uscimmo e raggiungemmo in macchina il parcheggio del centro commerciale; Antonio portò l’auto verso l’angolo più buio e si fermò accanto ad una siepe; lasciò accesa la luce interna sullo specchietto e si girò verso di me a baciarmi con passione; mi spiegò che era prevedibile che qualche guardone, se avessimo fatto qualcosa di eccitante, si sarebbe avvicinato certamente a masturbarsi; sarebbe stata competenza nostra individuarlo, segnalargli la nostra disponibilità e farlo accostare per offrirgli di aggregarsi a fare sesso.

La cosa mi eccitò immediatamente e, mentre ricambiavo con tutta l’anima il suo bacio che mi sembrava particolarmente lussurioso e stimolante, forse per la finalità erotica che perseguivamo, gli aprii la zip del pantalone e infilai la mano nel boxer afferrando il suo amato sesso che era già durissimo; mi sussurrò in un orecchio.

“Vacci piano; la situazione è molto eccitante e non vorrei sciupare tutto con un’eiaculazione precoce.”

Benché avessi la lingua profondamente immersa nella sua bocca, quasi non mi riuscì di frenare un sorriso; allentai la pressione sulla sua mazza e continuai a baciarlo mentre i miei occhi vagavano oltre la siepe per cercare tracce di guardoni; ma fu lui a individuarlo; era un giovane di una trentina d’anni, fisicamente non spregevole, che era già venuto allo scoperto e si faceva notare mentre manovrava un’asta d’interessante volume che stava masturbando con cura.

Antonio mi aprì la camicetta e tirò fuori il seno prosperoso di cui andavo orgogliosissima; ero molto emozionata; era comunque la prima volta che mi esponevo così libidinosamente alla vista di uno sconosciuto; mio marito mi succhiò i capezzoli e i gemiti mi nacquero spontanei; stavo godendo davvero, ma accentuai il suono dei miei urli perché capivo che l’obiettivo era di eccitare lo sconosciuto e indurlo a partecipare al nostro piccolo gioco sessuale; intanto Antonio mi stava facendo davvero scaldare perché mi aveva infilato due dita nella vagina e col pollice mi tormentava il clitoride con continui piccoli orgasmi.

Ero decisamente su di giri, mi alzai la minigonna fin sulle anche ed esposi la vulva allo sguardo di chiunque; il ragazzo si era avvicinato, mi guardava incantato il seno e la vulva e si menava un fallo di tutto rispetto, forse di venti centimetri; ardevo dalla voglia che venisse più vicino fino a consentirmi di prenderlo in mano e fremevo al pensiero delle emozioni che mi poteva dare; feci pendere una mano fuori dal finestrino; lui si avvicinò finché il calore della mazza mi si trasmise al palmo; feci segno ad Antonio di spostarsi, mi misi in ginocchio sul sedile del passeggero e sporsi la testa fuori dal finestrino.

L’emozione era forte mentre accostavo il viso a quella mazza pulsante di vita, la prima che incontravo da quando mi ero sposata, oltre a quella di mio marito; la passai sul viso, per assaporarne la consistenza calda e setosa; accostai lentamente le labbra e, con la lingua, andai ad assaggiarla; il ragazzo fremeva e sembrava tremare come una foglia; questo fatto mi faceva sentire potente e brividi di piacere mi facevano pulsare la vagina; feci segno ad Antonio di venire alle mie spalle e di penetrarmi.

Mi trovai all’improvviso concretamente, e non più per fantasie erotiche formulate a letto con mio marito, con due maschi in mio potere; dietro di me, Antonio mi spazzolava la vulva con la cappella che conoscevo benissimo e mi faceva tremare di goduria, desiderare di essere penetrata fino in fondo, con forza ma senza violenza; davanti a me la mazza dello sconosciuto sembrava diventare sempre più grossa, mentre la facevo delicatamente scivolare tra lingua e palato.

Trovavo sterile dividermi tra il piacere del dare e quello dell’avere; per questo, non amavo molto il 69; mio marito lo sapeva e capì quando gli feci cenno con una mano di fermarsi, quando era penetrato fino alla cervice dell’utero; mi prese per i fianchi e si tenne avvinto a me lasciando il suo sesso pulsare nella mia vagina; io mi dedicai alla fellatio a favore del giovane; feci scivolare la mazza avanti e indietro fra le labbra, titillai con la lingua il meato urinario, il frenulo e la base della cappella.

Lui mi copulò in bocca, spingendo con energia il busto contro il mio viso; con la mano destra masturbai il sesso fuori della bocca, con la lingua lo percorsi tutto, tirandolo fuori; con la mano sinistra andai a raccogliere i testicoli, grossi come albicocche, e li manipolai strappandogli gemiti di piacere; mossi il sedere per invitare Antonio a copulare; insistetti nella fellazione fino a quando sentii che l’altro vibrava tutto; stava per esplodere e aspettai il primo spruzzo.

Bloccai mio marito; non volevo che godesse in vagina; diedi vigore e continuità alla fellazione e lo spruzzo arrivò, atteso ma sorprendentemente ricco; fu seguito da altri meno violenti; ne contai cinque e sentii che si sgonfiava lentamente nella bocca; quando uscì, sputai fuori lo sperma, mentre lui si riabbottonava la patta e spariva nel buio; mi sfilai dal sesso di Antonio, mi sedetti al posto del viaggiatore e feci sedere lui alla guida.

“Amore, è stato stupendo; un’esperienza meravigliosa; grazie!”

“Ma io non ho goduto!”

“Lo farai a casa, amore; fin qui ha dominato il sesso; ed è stato bello; ora torniamo all’amore, andiamo a casa, dove ti farò godere come non hai mai fatto e mi accoccolerò in braccio a te; quello sarà il momento del nostro amore. Vuoi?”

Si limitò ad abbracciarmi e baciarmi; avvertii che esitava un poco.

“Hai paura di sentire il suo sapore nella mia bocca?”

“No; anche se fosse, sarebbe un elemento della nostra complicità; ti amo, Franca.”

“Ti amo anch’io, più di quanto immagini. Adesso andiamo a casa.”

“Non vuoi tentare un’altra provocazione?”

“No; come prima esperienza mi basta; in futuro, vedremo … “

Passarono un po’ di giorni, senza che facessimo cenno all’esperienza vissuta con tanto entusiasmo; arrivò la mia festa; per caso, proprio in quel periodo compivo gli anni e Antonio mi annunciò una sorpresa; ero per natura assai curiosa e lo pressai a lungo per farmi anticipare qualcosa; restava muto e m’invitò ad aspettare per rendere la sorpresa più bella; non mi restava che arrendermi e stare al suo gioco; in compenso, lo massacrai sotto le mie voglie e facemmo l’amore più volte al giorno, in tutte le condizioni; per fortuna, resse al pressing e mi lasciò ogni volta soddisfatta.

Il giorno della mia festa mi avvertì per telefono di aspettarlo all’uscita dal lavoro; arrivò con la macchina; era alla guida, ma, dietro di lui, sul sedile unico, c’era un’altra persona, un ragazzo poco sopra i trent’anni, decisamente bello ma soprattutto tonico e ben strutturato; Antonio mi fece cenno di sedere dietro, accanto allo sconosciuto; dopo il primo momento di esitazione, capii che era il mio regalo di compleanno; gli mandai un bacio sulla punta delle dita, montai e mi lanciai a baciare sulla bocca il nuovo venuto; mio marito fece.

“Orlando è un bull di professione, assai ben messo e garantito; stasera, per due ore, è tutto per te; dove vuoi andare?”

“Ti va il parcheggio?”

Non mi rispose e prese la strada che conoscevamo; il giovane mi abbracciò in vita e mi attirò a sé; in un attimo, tirò fuori i seni e mi stava succhiando i capezzoli, con tecnica sopraffina che mi strappava dall’utero orgasmi continui; una sua mano scivolò sotto la minigonna, spostò la striscia di stoffa del perizoma e infilò due dita nella vagina, masturbandomi sapientemente; mentre gemevo per un orgasmo, usò il pollice per stimolare il clitoride, soffocai nella sua bocca l’urlo che mi nacque spontaneo.

Spostai per un attimo gli occhi su mio marito e vidi che ci stava osservando dal retrovisore che aveva spostato per quell’evenienza; mi eccitai di più e cominciai a salivare inondando al giovane la bocca e riprendendomi tutto, anche gli umori suoi, mentre la vagina sembrava scoppiarmi per la voglia e per la tensione; desideravo che mi penetrasse; sentirlo nel mio ventre e, se ce la facevo, volevo che anche mio marito mi penetrasse analmente, in una doppia che mi sventrasse.

Eravamo arrivati al parcheggio; sistemò l’auto nello stesso punto della volta precedente; mi staccai un momento da Orlando, gli aprii la patta e tirai fuori una bestia extra large, tra i venti e i ventidue centimetri; lo masturbai per un poco ammirando la bellezza della cappella aperta a fungo sull’asta; mi accostai quasi devotamente con il viso e la sua mano si appoggiò sulla mia nuca per guidarmi alla penetrazione; assaggiai con la lingua la pelle morbida della cappella e lo affondai in gola, fino all’ugola.

Il bull allungò una mano sulla mia schiena, riuscì ad afferrare il bordo della minigonna e la tirò su fino alle anche, spostò il perizoma e penetrò in vagina con un dito, allungai una mano alle mie spalle, presi il dito e lo spostai all’ano; con quella dimensione, preferivo che mi sollecitasse il canale rettale; la mazza la volevo in vagina e stavo chiedendomi come fare per riuscire a impalarmi su quel ‘mostro’ per ricavarne tutto il piacere possibile; l’inesperienza pesava, a quel punto.

Antonio colse il mio problema; spostò in avanti i sedili anteriori, mi prese per i fianchi e m’indicò di accosciarmi davanti al mio maschio, continuando a succhiarlo imperterrita; quando lo feci, mi accorsi che il mio didietro era ampiamente esposto a mio marito che cominciò a passarmi una mano nello spacco tra le natiche e sollecitava con un dito prima l’ano e poi la vulva; la carezza sulle grandi labbra, poi sulle piccole e infine sul clitoride mi fece emettere fluidi d’amore che gli inondarono la mano, e produrre una salivazione che rendeva agile prendermi in bocca la mazza fino a toccare con le labbra i peli del pube.

Adesso però avevo solo una voglia irresistibile di farmi impalare; mio marito colse il disagio, mi prese per i fianchi, mi fece staccare dalla fellazione, appoggiò un mio ginocchio sul sedile, al lato delle ginocchia di Orlando, mi sfilò il perizoma che si mise in tasca e sollevò l’altro ginocchio; mi trovai a cavalcare il maschio in posizione di amazzone, viso a viso con lui e la schiena esposta a mio marito; non avevo bisogno di altro; mi sollevai in alto col sedere, usai la mano per appoggiare la punta del sesso all’ingresso della vagina e schiantai letteralmente su di lui.

La sensazione fu di essere squarciata in due; ma non provavo dolore, solo una fitta di piacere che mi andava a bruciare il cervello; mi accorsi di farmi male solo quando la cappella cozzò violentemente contro la cervice dell’utero; mi fermai per un attimo e cominciai a cavalcarlo; sentire quell’asta così grossa scavare il canale vaginale mi provocava orgasmi in continuazione e insistetti tenacemente fino a quando un urlo disumano liberò la mia ansia e l’orgasmo che aspettavo, liberatorio.

Mentre mi muovevo su e giù su quell’arnese immenso, mio marito, alle mie spalle, mi titillava l’ano, seguendo il mio movimento, e infilò un dito nel canale rettale, provocandomi un piacere infinito; usò l’altra mano per catturarmi un seno e afferrò il capezzolo strizzandolo; tra sesso in vagina, dita nell’ano, che erano diventate due, e seno masturbato, i vortici di piacere si avvolsero a spirale dentro di me, investirono la vagina, la testa, il cuore, tutto il mio essere.

Gli orgasmi diventarono una goduria continua che esplose alla fine e squirtai a inondare il bull, la mano di mio marito e il mio ventre; mi fermai esausta e mi accovacciai addosso al bull, mentre mio marito mi accarezzava la nuca con amore profondo; riuscii a ruotare il busto, restando saldamente ancorata al manganello, che non aveva perso niente della sua possente durezza, e baciai Antonio esprimendogli così la mia gratitudine per il piacere che mi aveva concesso la sua sorpresa.

Avevo capito il meccanismo e feci in modo da girarmi per sedermi in braccio al mio amante occasionale; guardai negli occhi mio marito, quasi a chiedergli perdono per quello che stavo per fare, adattai la cappella all’ano e cominciai ad abbassarmi lentamente, mentre la mazza entrava nel canale rettale; la posizione assunta mi consentì di baciare appassionatamente Antonio, mentre tutte le fibre del mio corpo erano tese a quella penetrazione anale che si rivelò meno dolorosa di quanto avevo temuto.

Per dimostrarmi, quasi, che aveva capito e accettava la mia scelta, mio marito prese a carezzarmi i seni, soffermandosi sui capezzoli, che strizzava mentre mi baciava con delicatezza, quasi per attenuare il fastidio che la penetrazione mi provocava; in un soffio, gli sussurrai sulle labbra ‘ti amo’ e mi pastrugnò le tette per indicarmi che era con me; ‘a casa festeggio con te’ aggiunsi; guardai in basso e vidi il suo sesso teso da fargli male; aumentai la passione nel bacio e mi schiantai sul ventre del bull facendomi penetrare nel retto fino a urlare di piacere e di dolore.

Cavalcai determinata, puntando i piedi sul pianale dell’auto e non mi fermai finché non sentii, con goduria immensa, che mi ‘sparava’ nel retto una marea di sperma, tutto quello che era capace di produrre dopo una copula così intensa; intervallando con brevi soste, continuammo a cercare posizioni e sensazioni nuove fino a quando, dopo le due ore fissate, il bull fece cenno che la giostra si chiudeva; con un’ultima, travagliata per lui, eiaculazione sul mio seno, che accolsi con gioia, chiudemmo.

Lo accompagnammo alla prima fermata d’autobus, andammo a casa e facemmo l’amore con un entusiasmo che non ricordavo uguale; ci furono altri incontri entusiasmanti in cui Antonio mi dimostrò la sua incredibile complicità, la sua disponibilità e l’amore che metteva in queste mie ‘avventure’ di sesso.