Conflitti

Capitolo 2 - Conflitti 2

geniodirazza
4 days ago

Conflitti 2

Attesi con particolare fibrillazione che arrivasse giovedì; anche se ero fortemente determinata a condurre il gioco fino alle conseguenze che prevedevo; anche se avevo preparato tutto con estrema meticolosità, pure non riuscivo ad impedirmi una certa ansia, soprattutto di fronte all’incognita della reazione di mio marito quando gli sarebbe stato totalmente chiaro il fine del mio progetto; un eventuale scatto di orgoglio non era poi così assurdo da ipotizzare.

Passai una mattinata di grande tensione; mi tenni libera il pomeriggio per dedicarmi alla cura di me stessa; feci una rapida visita al centro estetico, dove mi ero fatta ripulire tutta solo qualche giorno prima e passai la ceretta su tutto il corpo, mi feci ravvivare la pettinatura; a casa, mi lavai l‘intestino con un lungo ed elaborato clistere perché volevo che il culo fosse il centro della scopata serale, forse la più importante della storia delle corna ad Oscar.

Lui rientrò puntuale alle 18,30 e cenammo rapidamente; lo condussi in camera con moine e vezzi che lo disorientarono; quando lo stesi sul letto, non fece obiezioni e si trovò con i polsi ammanettati; avevo nascosto sotto al cuscino le manette, le corde ed il bavaglio; con una corda ancorai i polsi uniti alla testiera superiore del letto; ammanettai le caviglie e le ancorai alla testiera inferiore; gli posai il bavaglio sul viso e gli impedii di protestare.

Quando fu immobile sul letto, incapace di fare qualunque movimento, gli aprii i pantaloni e glieli abbassai alle caviglie, con i boxer; presi da sotto il cuscino la gabbietta di castità che avevo comprato appositamente e gli applicai il pezzo fisso, prima, e quello mobile, poi, costringendo il cazzo a stare nei limiti stretti della gabbia di plastica; infilai il lucchetto e chiusi con la chiave che deposi sul comodino a fianco.

Non si rese immediatamente conto di quello che facevo; guardavo i suoi occhi smarriti mentre telefonavo al mulatto per dirgli di venire a godersi con me una serata di grande sesso; continuava a rimirarmi sbalordito e incredulo mentre mi spogliavo nuda per coprirmi solo con una vestaglia nera trasparente; non fece neppure il più piccolo cenno di meraviglia; non capivo se era contento della situazione che si creava o taceva per incredulità.

“Caro il mio cornutone, adesso viene qui un ragazzo molto ben dotato ed io ci scopo alla grande, così impari ad apprezzare una donna calda che non sai più considerare nel suo grande valore; se sei un cuckold, come io credo, te ne starai buono, ti farai trattare da quel bravo schiavetto che sei e alla fine saremo tutti felici e contenti; se per caso mi fossi sbagliata e non sei lo slave di cui ho bisogno, stasera abbasserai la cresta, una volta tanto; poi vedremo come va a finire.”

Quando il ragazzo bussò, andai ad accoglierlo discinta com’ero e cominciai a carezzarlo, a spogliarlo e a baciarlo non appena varcò l’uscio; lo accompagnai in camera tenendo in mano il cazzo che era già diventato mostruosamente grosso; mi sedetti sul letto, dalla parte di Oscar e gli offrii da vicino lo spettacolo della mia bocca che affrontava energicamente un cazzo molto grosso e lo infilava direttamente fino all’ugola.

Volsi gli occhi a guardare la reazione di mio marito e gli vidi l’aria assente che tante volte gli avevo notato; mi aveva spiegato che, quando una cosa lo annoiava o lo turbava, si concentrava su qualcosa di intimo, che non avrebbe rivelato nemmeno in confessione, e perdeva il senso della realtà; quello che gli capitava intorno si proponeva come uno spettacolo estraneo, una sorta di film che non gli piaceva e che non seguiva affatto, perduto dietro i suoi sogni.

La coscienza che mi stava pigliando per culo e si estraniava anche da qualcosa che nelle mie intenzioni doveva ferirlo profondamente mi rese ancora più feroce; gli mollai un paio di ceffoni per costringerlo a prestarmi attenzione; mi rispose con uno sguardo d’odio che sentii profondamente nel cervello e nell’anima; mi resi conto per un attimo che stavo distruggendo un matrimonio, una storia, una vita.

Ripresi con più feroce perfidia e mi portai ancora più vicino ai suoi occhi perché ammirasse il modo in cui leccavo amorosamente i coglioni tenendo ben ritto il cazzo contro il ventre; infoiata dalla mia stessa provocazione, leccai a lungo con gusto la mazza tutta, appoggiai la lingua al meato e raccolsi il precum, socchiusi le labbra e mi feci penetrare con violenza il cazzo fino alla gola; cominciai una fellazione artistica spingendo la testa indietro fino a toccare il corpo di lui dietro di me.

Mentre il ragazzo si spogliava completamente, mi stesi di schiena di traverso sul cazzo ingabbiato di mio marito e presi la testa del ragazzo per farmi leccare profondamente la figa; intanto, accarezzavo la mia vittima e la solleticavo; si distraeva dalla sua atarassia solo per lanciarmi sguardi d’odio; non poteva parlare, per fortuna; non so quali urla avrebbe lanciato e cosa avrebbe scatenato; qualcosa dentro di me mi suggeriva che stavo superando tutti i limiti, ma la tigna era più forte.

Insoddisfatta della scarsa reazione di Oscar, mi sdraiai di schiena sul suo viso, con le gambe fuori dal letto, ed invitai il mulatto a fottermi sulla sua faccia; con mille acrobazie, mi infilò in figa il suo enorme cazzo ed io carezzavo la fronte e la testa a lui che sul suo volto assisteva alla violenta penetrazione della mazza nell’utero; per accentuare il disagio, urlavo i miei gemiti e davo la sensazione di una scopata davvero straordinaria.

Il ragazzo non resse molto alla mia manfrina e, stufo di essere usato come una mazza inerte, mi obbligò a stendermi sul letto e mi montò addosso infilando la mazza fino alle palle; per accentuare il possesso, mi tirò su le gambe fino a circondare la vita; per favorire la sua scelta, intrecciai i piedi dietro la schiena e andai a carezzare il cazzo ingabbiato; non sentii nessuna reazione e andai ancora più in bestia; davvero non capivo se fosse omosessuale o freddo come il ghiaccio.

Continuando la persecuzione imbecille a cui lo stavo sottoponendo, costrinsi il mio giovane amante a sfilarsi dalla figa e mi disposi carponi sul letto, con la figa rivolta al viso di mio marito; il ragazzo si inginocchiò dietro di me, con la gamba che premeva il corpo immobile di mio marito, e spinse il cazzo profondamente dentro.

“Vedi, cornuto, di che mazza ha bisogno la mia figa? Non posso accontentarmi del tuo fuscello!”

Sapere che stavo mentendo, perché il cazzo di Oscar mi aveva deliziato per anni, da un lato mi dava il gusto del tradimento anche a parole; dall’altro, mi ispirava un certo disgusto di me stessa e delle cattiverie inutili che stavo infliggendo per una mia fisima; quasi a rafforzare la cattiveria, sfilai il cazzo dalla figa, spostai la cappella e l’appoggiai al culo; senza lubrificazione, non avevo mai consentito a mio marito di incularmi; stavolta strinsi i denti e mi lasciai sfondare.

“Vedi, cornuto, come godo a farmi spaccare il culo da una bella mazza; tu non avrai mai questo piacere perché a te non darò più niente, se non ti rassegni a dichiararti mio schiavo almeno nel sesso!”

Speravo di sentire da lui almeno un gemito, vedere uno sguardo triste o, addirittura, una lacrima, di fronte alla scempio che permettevo di fare del culo che era stato per anni suo esclusivo dominio; ma dovetti arrendermi alla realtà che la sua tigna arrivava ben oltre la mia, visto che, ammanettato, ingabbiato, umiliato, continuava a tenere un atteggiamento distaccato quasi che stesse valutando una proposta di lavoro già deciso a rifiutarla; questo mi imbestialiva più di ogni altra cosa.

Eravamo entrati in camera che erano da poco passate le nove; sapevo che dovevo chiudere la partita presto, per riposare abbastanza da affrontare, il giorno seguente, il viaggio con Aurelio; decisi che in tre ore o poco più avrei dovuto farmi fottere come non ero stata mai fottuta, avrei dovuto scopare come fino a quel momento non avevo fatto, avrei dovuto infierire su Oscar fino a distruggerne la dignità, l’orgoglio, la volontà di imporsi a me.

Mi feci montare in figa e nel culo mentre me ne stavo piegata su di lui e gli titillavo con la lingua il cazzo dolorosamente costretto nella gabbietta; lo costrinsi a guardarmi mentre mi facevo entrare fino all’esofago un cazzo straordinario, spompai il ragazzo con una spagnola indimenticabile, che gli feci concludere in bocca dove lo costrinsi a sborrare mentre mostravo a mio marito la sborra che raccoglievo e poi ingoiavo.

Andammo avanti, come avevo preventivato, per circa tre ore; a mezzanotte decisi che la ‘giostra’ poteva chiudere; avvertii il mio giovane amante che si rivestì e andò via; io andai in bagno, mi feci una doccia veloce e andai a letto; mi stesi accanto ad Oscar, ancora ammanettato e legato al letto, e prima di addormentarmi lo avvertii che il giorno seguente sarei partita con Aurelio per una ricognizione nelle varie fabbriche sul territorio nazionale; non sapevo quando sarei tornata.

Non mi poteva rispondere perché era ancora imbavagliato e non avevo nessuna intenzione di sentirmi aggredire e maltrattare verbalmente, cosa in cui era abilissimo; quindi diedi per scontato che lo avevo messo sull’avviso e questo mi esimeva da qualunque altro dovere coniugale; ingollai un paio di ansiolitici e caddi nel sonno più profondo e, per certi aspetti, soddisfacente; mi svegliai abbastanza presto, passai sotto la doccia per togliermi di dosso le scorie del sonno e della serata ‘brava’.

“Senti, cornuto, io adesso esco per andare al lavoro; ti lascio le chiavi delle manette e della gabbietta qui sul cassettone; vuol dire che, dopo che sarò uscita, striscerai come il verme che sei fino al cassettone, recupererai le chiavi e andrai a lavorare, l’unica cosa che ti compete e che sei in grado di fare; come ti ho detto, non so quando tornerò, ma, al ritorno, fatti trovare umile e sottomesso; altrimenti quello che hai vissuto ieri sera ti sembrerà una passeggiata riposante rispetto a quello che ti farò imporre da qualcuno dei miei amanti, possibilmente uno dei più violenti e determinati; devi accettare che sono la tua padrona e che sei il mio slave; solo a queste condizioni ti sarà consentito di vivere a fianco a me; in caso contrario, ti farò riempire di mazzate e ti farò condannare a mantenermi senza neppure vivere insieme!”

Difatti quello stesso pomeriggio ci mettemmo in macchina e in poche ore di viaggio eravamo in piena montagna ancora parzialmente innevata, e mi rilassavo in un albergo a quattro stelle; quella notte fu la prima di una lunga serie passate a scopare come scimmie, anche se emergeva netta la pochezza del cazzo di Aurelio, specialmente dopo che mi ero presa una mazza superba in una condizione particolare come quella della sera prima; comunque, mi andava bene anche così.

Per più di due settimane ci trattenemmo in ambiente alpino; la quindicina successiva era prevista di soggiorno al mare; ma per me tutto andava benissimo; l’importante era imporre la mia libertà, le mie scelte, la mia voglia di scopare, specialmente con un individuo inferiore al quale imporre anche ritmi e tecniche; tutto filava perfettamente e la casa, il marito, i figli erano quasi un lontano ricordo; solo un incidente si verificò che per un attimo turbò la pienezza del mio benestare.

In un negozio dove avevo acquistato un abitino che mi aveva affascinato, la mia carta di credito non fu accettata; Aurelio provvide a pagare con la sua, ma restai ansiosa perché con me non avevo altro che quella carta e dovevo cercare di porre rimedio; mandai al diavolo il mio accompagnatore che lesse in quel disguido una possibile iniziativa di mio marito; telefonai a mio figlio Mario, che lavorava nella banca da cui la carta era stata emessa.

“Ciao, troia, dove ti stai facendo sbattere?”

“Scostumato, che linguaggio è questo? Come ti permetti di rivolgerti a tua madre con questi termini?”

“Guarda che sei carta scoperta, ormai; si sa tutto di te e sei tu che non sai che cosa ti aspetta. Che cazzo vuoi?”

“Quando ci vedremo, mi renderai conto di questo linguaggio; non mi è stata accettata la carta di credito. Puoi fare qualcosa?”

“Sì, mandarti in galera perché usi una carta che non è tua e spendi soldi che non sono tuoi; questo nel diritto italiano si chiama furto continuato!”

“Che stai dicendo? Questa è la carta di mio marito!”

“E lui te l’ha data per pagare i tuoi amanti e fare le corna a lui? Mio padre giurerà in tribunale che l’hai rubata e usata per pagare le tue scopate!”

“Ma che stai dicendo? Oscar avrebbe detto questo?”

“Non hai la minima idea di quello che ha detto Oscar, di quello che dicono i filmati delle tue scopate, di quello che dice di te la città, di quello che diranno i giudici del tribunale; forse lo capirai quando graziosamente rientrerai nella tua realtà; posso solo anticiparti sorprese spaventose, novità terribili e una brutta fine per te!”

“Ho capito, di colpo sei diventato un follower del tuo carissimo papà e fai del terrorismo psicologico; vuol dire che mi divertirò quanto posso; quando ne avrò voglia, tornerò a cercare te e il cornuto e vi farò correre come dico io … “

“Comincia a correre e, se vuoi un consiglio, non farti mai più vedere da queste parti; ti ripeto, hai rubato soldi per anni; rischi la galera e non saremo noi a risparmiartela!”

“Vaffanculo!”

Staccai la comunicazione; Aurelio mi chiese di mostrargli la carta di credito e fece qualche telefonata.

“Ester, guarda che davvero questa carta non è tua e non è nemmeno di tuo marito; è di proprietà di una società; se non sei a capo di questa società o non hai un ruolo importante, tu hai rubato soldi a degli sconosciuti … “

“Come è possibile? Oscar la usava spessissimo, prima che me la prendessi io … “

“Ma lui lo sa, che la usi tu?”

“No! Perché dovrebbe saperlo?”

“Ester, bada che tuo marito è un uomo molto abile nel suo lavoro; da lui dipendono personaggi che nemmeno ti immagini; lui è un artista ad aggirare il fisco; quasi certamente dietro la società c’è lui che, così, risulta nullatenente e si gode il fottio di soldi che ha e che tu spendi senza controllo; se è così, un avvocato incaricato dalla società ti può chiedere conto di ogni centesimo che hai speso con questa carta; ci hai pagato alberghi, ristoranti per portarti degli amanti?”

“Non vedo che te ne fotte, a te, a mio marito e a chicchessia … “

“Senti, tu hai usato soldi che non sono tuoi e non figurano nemmeno di tuo marito; se ti denunciano, vai in galera … “

“Mio marito mi dovrebbe mandare in galera?”

“Sì; e, appena condannata, sei anche costretta a subire la separazione legale e il divorzio per colpa tua. Bada che sono in una condizione simile; la proprietà dell’azienda è di mia moglie; io sono solo direttore amministrativo; se mia moglie mi taglia i fondi, finisco sotto i ponti; non ti fare penose illusioni; se sei in tempo, cerca di ricucire eventuali fratture!”

“Io dovrei piegarmi a quell’essere inutile che è mio marito? Può darsi che abbia il potere che dici tu, ma davanti alla mia figa si può solo inginocchiare!”

“Beata te che ci credi; io so solo che devo avere paura perché, tra i suoi ‘amici’ ci sono malviventi pericolosi; se Oscar chiede che ci ammazzino, non abbiamo scampo … “

“Lo vuoi capire che è totalmente impotente? Non mi fa né caldo né freddo; ora lo chiamo e te lo dimostro!”

Ma i tentativi di chiamare furono inutili; non capivo che lui aveva bloccato la comunicazione e che ormai non lo avrei raggiunto mai più; solo qualche altra persona, di sua estrema fiducia, poteva contattarlo e farmici parlare; ma non era certamente nell’albergo dove soggiornavo e mi dedicavo all’unica attività che mi unisse a Aurelio, scopare alla faccia del cornuto; messa alle strette, pensai di rivolgermi all’unica altra persona in grado di collegarmi a mio marito, nostra figlia Ada.

“Ciao, sono mamma; tuo fratello è stato molto sgarbato; sei in grado di spiegarmi quale vipera l’ha morso?”

“Mamma, sono emerse cose da accapponare la pelle; per anni ci hai fatto odiare nostro padre ed ora scopriamo che sei lercia tu; ci sono filmati, documenti e prove; hai esasperato nostro padre che forse ti ha lasciato per sempre; hai speso senza criterio, anche per amanti addirittura più giovani di me e rischi di finire in galera perché non erano soldi tuoi; Marika lavora nello studio che rappresenta la società che hai derubato; è controparte diretta; capisci che Mario ha tutti i motivi per essere feroce contro di te? Quando torni? Che hai in mente di fare? Insomma, c’è una dignità in quello che fai o procedi sempre senza criterio?”

“Sono in viaggio di lavoro col mio principale … “

“Mamma, credi ancora di raccontare la favola ai bambini per nascondere le corna che fai a tuo marito? Ci sono investigatori che controllano anche i peli del cazzo dei tuoi amanti; ci sono foto e filmati che raccontano tutto; se provi ancora a dire che Aurelio è solo il tuo principale, stacco il telefono e ti pongo il divieto di chiamarmi!”

“Va bene, sono in viaggio di piacere e, al punto in cui sono arrivata, non ci rinuncio più; se devo finire male, a casa, tanto vale che torno il più tardi possibile; poi cercherò un avvocato che mi faccia ottenere almeno un vitalizio per venticinque anni di convivenza con quel bastardo di vostro padre!”

“Mamma, questi termini li hai usati finché eravamo ragazzini; ora sappiamo che tu sei la puttana e che lui è cornuto perché tu lo hai tradito da almeno cinque anni in qua; non so se un giudice lo obbligherà mai a pagarti un assegno, visto che hai un lavoro fittizio dal tuo amante; ma stai certa che, se lo esasperi ancora, papà prima ti fa ammazzare, poi fa finta di piangere sul tuo cadavere e non ti paga neppure un giorno di galera perché i personaggi con cui tratta sono i peggiori del mondo e fanno le cose con la massima efficienza; se vuoi un consiglio, non stuzzicare ancora il cane che dorme se non vuoi essere aggredita alla gola!”