Telefonate pericolose
Capitolo 1 - Telefonate pericolose 1 Luovico e Ginevra

Telefonate pericolose 1
“Dai spingi dentro, sfondami, non avere esitazioni; lo sai che mi piace essere presa analmente; non essere precipitoso … così … affonda i colpi … adesso il povero cornuto chiamerà, perché gli ho chiesto di chiamare a quest’ora e vedrai che rispetterà l’appuntamento, così gli facciamo sentire come copulo bene con te … ecco … è proprio un cretino cornuto … è in linea … Pronto … sfondami … entra tutto dentro … ciao come mai hai chiamato? … Ah, sì te l’ho chiesto io … dai spingi ancora … niente volevo solo sapere come stai e dirti che sto meravigliosamente!”
“Stai copulando col tuo amante? … Ti sta prendendo analmente … il mio telefonino registra suoni e voci di una grande copula anale .. sono felice per te … Attenzione … io non ti faccio sentire gli amplessi con la donna che amo … lo saprai quando ti lascerò, assai più presto di quanto tu pensi … buon divertimento … “
Non è staccata la comunicazione e Ginevra, che ha deciso di umiliare fino in fondo suo marito, continua a fare sesso con Ernesto, collega e amico di lui, senza preoccuparsi che dal telefono lui senta tutti i suoni che emettono mentre copulano alla grande; sono ormai un paio di anni che lei e il suo compagno di adulterio hanno scelto il mercoledì mattina per incontrarsi nel suo talamo, nel letto che Ludovico crede suo e che lei usa per il personale piacere.
Quella mattina, come spesso le accade, si è fatta venire la voglia di comunicare al cornuto che sta copulando; gli ha chiesto di chiamarla alle dieci ed ha fatto in modo che in quel momento Ernesto la penetrasse analmente con tutta la violenza di cui è capace; prima si sono sollazzati ampiamente, dalle nove, a succhiarsi e leccarsi; poi gli ha consentito un passaggio in vagina, urlando il suo piacere fino alla piazza sottostante, quando l’ha penetrata con foga a pecorina.
Ludovico sa tutto; da sempre ha cercato di metterla sull’avviso che la sorpresa sarà tutta per lei, se non si decide a fare chiarezza; lei sa vagamente che vuole umiliare il marito che le è di gran lunga superiore in ogni campo e che non esita, in privato, a metterla in ridicolo, quando esce in una delle sue stupidaggini; non lo ha fatto e non lo farebbe in presenza di altre persone, anche amiche; ma basta uno sguardo per fare capire a lei che ha commesso una gaffe a cui rimedia con la prontezza di spirito.
Ormai, in lei si è radicata l’assurda convinzione che deve umiliarlo; ogni copula è l’occasione per definirlo cornuto in ogni momento, anche a sproposito, e di sollecitare Ernesto a usare lo stesso epiteto per definirlo; suo marito ha scoperto la magagna sin dal primo scherzo telefonico, perché ha fatto esaminare la telefonata, opportunamente registrata, e sono emersi suoni e voci; per di più, lei è così spudorata e arrogante che, come stamattina, lascia aperto il telefono anche quando ha smesso di parlare con lui e viene registrata ogni fase della copula successiva.
Quella mattina è particolarmente in vena; quando Ernesto le scarica nell’intestino una enorme eiaculazione riprende l’apparecchio e fa finta di meravigliarsi.
“Oh, dio, l’apparecchio era ancora aperto. Ma tu non hai sentito niente, è vero? D’altronde, che cosa c’era da sentire?”
“No, io non sentivo niente; al massimo, è stato tutto registrato perché attivo sempre la registrazione, quando parlo con te; forse un giorno troverai le trascrizioni da qualche parte e ricostruirai quello che è successo.”
“Ma che dici, stupidone; io ti amo e tu mi ami; questo era ed è il presupposto; l’adulterio è solo una tua invenzione e non proverai niente; vedrai che faremo pace, stasera, e tutto passerà in cavalleria.”
“Io non penso; stai cavalcando troppo per passare in cavalleria. Peccato che tu non voglia capire.”
“Già, perché io sono la solita cretina e tu invece il cornuto vero, non è così?; prova a dimostrarlo, se vuoi divorziare … “
“Ginevra, te lo ripeto; avrai qualche bellissima sorpresa .. “
“Lo sai che amo tanto le sorprese. Ci vediamo stasera tardi, perché ho l’incontro con le amiche al bar, per cena; tu arrangiati.”
Ludovico decide che è il caso di staccare la comunicazione e passa la mattinata immerso nel lavoro; dopo la sosta per il pranzo, arriva Ernesto che il mercoledì ha un turno pomeridiano; gli sorride sornione.
“Stasera sei a cena al bar con le ragazze?”
“No, ho un impegno molto più gravoso e determinante.”
L’altro ritiene prudente non insistere dopo la ferocia della moglie.
Alla chiusura dell’ufficio, escono; Ernesto va al bar dove incontra Ginevra e le amiche; si comportano come tutti gli amici, per velare almeno il rapporto che c’è tra loro; vanno a cena e si trattengono fino a tardi; qualcuno chiede a lui di Gaia, la sua bellissima moglie; risponde che la stupida si è impelagata in un lavoro che la impegna anche a sera tardi; ridono e si danno di gomito, perché conoscono la storia fra i due e commiserano i coniugi traditi.
Nessuno sa che, in quello stesso momento, Ludovico e Gaia stanno consumando una pizza seduti sul letto in un piccolo pied-à-terre che lui ha acquistato là vicino, dove si incontrano da due anni, ormai, all’incirca da quando i rispettivi coniugi si divertono a dichiararli cornuti, e vivono una storia al limite della melassa pura, fatta di un grande amore vero, lontano da quello coniugale, e di amplessi favolosi.
Non appena ha intuito le scelte di sua moglie Ludovico si è consultato con Gaia e lei, anziché inalberarsi e chiedere la condanna esplicita dei fedifraghi, gli ha confessato il suo amore tenuto segreto; decidere di viversi la loro storia d’amore, incuranti dei coniugi, è stato come bere un bicchiere d’acqua sotto il solleone; da allora si incontrano tre, quattro sere a settimana, quelli che i coniugi trascorrono al bar, per dare sfogo non solo alla passione infinita ma anche al loro amore vero.
Quella sera, lui è particolarmente nervoso per il comportamento ingenuo e pericoloso di sua moglie; lei è stufa del marito; ne nascono due ore di amore intenso, vivo, condito da copule meravigliose che la donna vuole in tutti i buchi, dalla vagina che urla umori e orgasmi, all’ano che palpita dal desiderio alla bocca che non si stanca di succhiare; per la millesima volta si chiedono perché non se ne vanno lontano dai due folli e si rispondono che mancano le condizioni per farlo senza danni.
Ludovico trova stupido tirare in lungo una situazione ormai stracciata completamente; ma Gaia non si sente ancora certa di voler distruggere una storia per cominciarne un’altra incerta; ha un suo lavoro, pagato male ma sicuro; e non ritiene possibile affrontare i rischi di ricominciare da zero altrove, con la sola retribuzione di lui; soprattutto, vuole un figlio e, finché è sposata ad Ernesto, la sua coscienza religiosa le impone di provare a ricucire il rapporto col marito.
Alla fine della personale kermesse, Gaia torna a casa; Ludovico si reca al bar, accolto dall’ironia degli amici di sua moglie; lei lo aggredisce subito.
“Dove diavolo sei stato finora?”
“A fare l’amore con la donna che amo!”
Lei si mette a ridere; le amiche rivelano un certo stupore; Enrichetta si intromette.
“Saresti capace di fare l’amore con me, tu?”
“No; copulerei con te e ti sventrerei; mia moglie può confermarti che ho la dotazione per farlo; io ho fatto l’amore; non lo faccio da due anni nemmeno con mia moglie alla quale concedo solo poche copule in un anno; tu puoi anche non capire, non me ne meraviglio; ma io ho fatto l’amore con tanta intensità che appena mi reggo in piedi.”
“Sei un cafone; chiamarmi cretina così … “
“Ho solo detto che l’amore di cui parlo io non puoi capirlo; parla con la donna che un tempo amavo e fatti spiegare cosa intendo per amore a letto … “
“Ginevra, che sarebbe questo amore?”
“Enrichetta, quel maledetto è arrogante ma è forte della verità; se lui fosse stato davvero con una donna, ma io non voglio crederci … ho detto che non voglio crederci, Vico, non ho detto che non sia vero; se è stato con una donna stai certa che per due ore le ha fatto visitare le pieghe di tutti i piaceri del mondo con la lingua e con le mani; poi le ha infilato, forse dappertutto, una mazza che non troverai mai uguale, capace di sfondarti il ventre mentre ti da la sensazione di carezzarti con una piuma.”
Ginevra sa perfettamente che suo marito ha una mazza che può essere devastante se non usata con la cura e la delicatezza di cui lui è maestro; sa che adora farla sentire una dea, la sua partner, quando la prepara alla copula; la sua lingua riesce a strappare orgasmi meravigliosi da tutti i punti dell’epidermide, dalle dita dei piedi fino ai capelli; da qualche tempo non la cerca più e non sa, la poverina, che quelle attenzioni estenuanti e dolcissime sono dedicate all’amica e moglie del suo amante.
“Vuoi dire che ha per fallo una mazza di baseball e la usa come una piuma per possederti?”
“Non scherzare su questo; la sua mazza arriva a ventitré centimetri, misurati da me, quando sente il massimo coinvolgimento; te la infila dappertutto, anche nel forellino più stretto, come quello che avevo io dietro, prima che mi sfondasse; ma quando entra ti ha tanto riempito di voglia che ti sembra di essere solleticata da una piuma.”
Nicoletta gli si è accostata e gli sussurra in un orecchio
“Ludovico, adesso mi fai provare il tuo amore.”
“Dovrei innamorarmi; ma non mi è facile; non amo più Ginevra, figurati una sua amica qualsiasi!”
“Però io so chi è la dea che gode del tuo amore; se non mi prendi almeno senza amore faccio scoppiare lo scandalo. Ti aspetto nel bagno.”
Il gelo è caduto sulla combriccola; lui si allontana verso il bagno; appena entra, lei lo prende per la vita e se lo tira addosso.
“Non è bello ricattare così!”
“Se è l’unico mezzo per assaggiare la tua mazza, non esito; io e Gaia siamo molto amiche; mi ha detto tutto; se glielo chiedessi, ti autorizzerebbe a farmi contenta.”
“Se fai il nome di Gaia, ti strozzo!”
“Sta zitto e baciami!”
Decide di saltare il fosso e, sperando che davvero Gaia non se ne debba rammaricare, abbraccia voglioso la donna decisamente ben messa, con fianchi larghi e accoglienti, seno superbo e sodo, bocca giusta per fellazione; le mulina la lingua in bocca e lei si perde nel piacere che lui le provoca non solo in bocca ma sulla vulva dove ha sentito piantarsi un mostro non indifferente, Ginevra aveva detto la verità, e sulle natiche che le mani di lui stanno abilmente esplorando.
“Vico, non abbiamo molto tempo; si vede che sei una forza della natura; ma deve essere una sveltina e ti voglio almeno dentro.”
“Sei protetta?”
“Vai liberamente, fammelo sentire!”
Le sta sollevando la gonna lungo le cosce, infila una mano sul perizoma e un dito si insinua in vagina; il tocco è così dolce e delicato che Nicoletta sente le ginocchia piegarsi per il languore; lui la sostiene afferrandole le tette e il piacere si trasferisce dal ventre ai capezzoli; la mano di lei corre alla patta che apre e tira fuori ‘il mostro’; lo stringe tra le dita, lo masturba delicatamente, lo accosta alla vagina, senza sfilarsi il perizoma; la penetrazione è lenta, per millimetri.
Sente gli umori precipitare a cascata, mettendo a rischio i pantaloni di lui; si aggrappa al maschio gemendo di goduria; lo bacia con foga per soffocare l’urlo di piacere; lui sembra controllare la penetrazione e farla sviluppare per millimetri; lei sente l’asta dilatare il canale vaginale e aspetta l’urto sull’utero che sembra tardare; quando arriva, deve divorare la bocca del maschio per impedire di far arrivare in piazza l‘avviso che sta godendo.
“Se potessimo giacere almeno per qualche ora insieme, so che mi faresti morire di passione.”
“Perché? Ti senti forse morta?”
“No, hai ragione; mi sento vivissima; scusami se ho dovuto ricattarti; valeva la pena, credimi; non vuoi eiaculare?”
“E’ così importante?”
“Per me no; ho goduto come mai prima!”
“Torniamo con gli altri. E’ stato bello anche se arrabattato.”
Il gruppo degli amici ancora sta dibattendo la questione se lui sia al corrente dell’adulterio di sua moglie con l’amico presente e che abbia già avvertito che se ne andrà; o se, come Ginevra è convinta, lei potrà continuare ad umiliarlo.
“Ginevra, ti rendi conto che tuo marito non parla a vanvera? Il tuo matrimonio è a rischio .. “
“Mi ha sposato che avevo vent’anni; non può lasciarmi; ha fatto l’individuo alfa per troppo tempo, ora tocca a me.”
“Amica cara, sei certa di esserne in grado?”
“Vuoi trattarmi anche tu da cretina?”
“No, ti consiglio solo un poco di prudenza; tutti qui sappiamo e tutti ci conosciamo; per me sei ad alto rischio; poi fai tu. Ragazzi, io vado via; l’aria è pesante .. “
“Lo vedi? Riesci a rovinare tutto quello che amo … “
“Ragazze, scusatemi se vi ho rovinato la festa; mi pare che qualcuno abbia provocato … “
“No, Ludovico, non è tua la colpa; abbiamo voluto ironizzare su poche cose che sapevamo e non ci aspettavamo un mondo diverso dietro; spero che ti passi l’ira e che ti riconcili con tua moglie … “
“Non credo; amo l’altra, adesso; e prima o poi dovrò decidere, se vanno in porto certe cose … “
“Cosa deve andare in porto? Perché non me ne parli?”
“Ginevra, quando mai ti sei interessata al mio lavoro? Non dici sempre che sono un noioso stacanovista?”
“Già, non me ne frega niente; tu non mi lascerai perché io non te lo permetterò.”
“Va bene, hai ragione. Io vado a casa, vieni con me o chiami un tassì?”
“No, vengo via; mi hai rovinato la serata. Diavolo, ma questo non è il tuo profumo!”
“Già, ma non so se è quello del mio amore o quello della mia copula recente; te l’ho detto; sei tu che ti ostini a non credere; sto per lasciarti, cara moglie adultera.”
Quando sono in camera, lei cerca di accostarsi per concupirlo; lui in bagno trae dalla cesta uno slip grondante di sperma e glielo mostra.
“Non ci provare; questa non è roba tua? E la farcitura di chi è?”
Se ne va verso il letto a coda ritta e si distende di spalle al suo posto; lui va nella camera degli ospiti, chiude a chiave, apre il divano letto e piomba di pacca a dormire; si sveglia alle sette, come è solito, e prepara il caffè; la moglie lo raggiunge in cucina, nervosa, scarmigliata, senza trucco; la tensione la rende persino brutta.
“Ginevra, cerca di ragionare con saggezza; io sto per lasciarti; se me ne vado e tu resti così, non avrai un lavoro, non avrai un reddito e non saprai come sopravvivere; c’è un’assunzione di segretarie, in fabbrica; se partecipi, puoi assicurarti la sopravvivenza quando me ne sarò andato; se fai ancora capricci, dovrai trovare un amante che ti mantenga; quello con cui copuli adesso non ti prenderebbe, perché ama solo possederti ma non vuole responsabilità.
Se vuoi essere libera devi essere economicamente in grado di sostenerti; ti suggerisco di pensarci, e bene anche, prima di trovarti a chiedere aiuto alla Caritas e agli enti assistenziali.”
“Davvero te ne vuoi andare?”
“Amica cara, questo lo sei ancora, io sono in procinto di cambiare la mia vita; non puoi sapere come, perché non conosci niente della realtà fuori dello spreco economico che solo il mio lavoro ti consente; sto per svoltare in maniera decisiva e nel mio futuro tu non ci sei; sei stata parassita tutta la vita; se ti convinci di questo, puoi fare in modo da restare da sola e mantenerti da te; se continui a illuderti di tenermi con te con la forza, sappi che con la forza si ottiene solo la ribellione; non dici forse che ti ribelli alla mia prepotenza? Ti prego, cercati un lavoro e preparati all’addio.”
“Se accetto l’idea che mi stai per lasciare, crolla tutto il mio mondo.”
“Anche quello delle copule come ieri mattina?”
“Vai al diavolo; quelle corna pungono solo te.”
“Senti, in tribunale le tue corna e le offese che mi fai non sono motivo di divorzio; ma se io affermo categoricamente che non ti voglio più, nessuno mi può obbligare a vivere con te. Io non ti amo più, non ti desidero più, non ti voglio più; me ne andrò e tu pagherai le conseguenze della tua arroganza, non della mia, come vai dicendo tu. Fai quella domanda.”
“Se decido di farlo, a chi devo rivolgermi? Se cedo su questo, cercherai di parlare con me, prima di andartene?”
“Secondo te, adesso con chi sto parlando?”
“No; io dico parlare per esaminare le motivazioni, le cause, le ragioni, per discutere insomma.”
“Di che? Delle frasi che ieri ho registrato al telefono?”
“Di errori che non sono colpe; di cattiverie che non sono offese, di umiliazioni che nascono dai capricci di una bambina … “
“Quante definizioni opportunistiche hai ancora? Chi sono io? Giobbe? L’angelo custode? Tua madre? Chi ignorerebbe quello che hai fatto e parlerebbe con te secondo le tue intenzioni, vale a dire umiliarmi, obbligarmi ad accettarti e passare uno straccio sulle tue indegnità?”
“Hai proprio deciso che non ne hai più per me? Nemmeno se cambio registro?”
“Che ne dici se ti metto dietro la lavagna per una mezz’ora e poi torni a fare come vuoi?”
“Sei spietato, come sempre; ho sbagliato qualcosa; puoi essere più duttile, più flessibile?”
“Lo capisci che devo andare a lavorare, altrimenti mi licenziano e siamo in due a finire nella cacca?”
“Hai ragione; scusami; ma sono così confusa … “
“Io vado.”
“Ci vediamo stasera?”
“Come? … Non vai al bar come tutti i giovedì?”
“Si, ci vediamo dopo, sul tardi … “
“Ah, intendi stanotte, allora.”
“Va bene, diciamo stanotte.”
“Meglio se ci vediamo domani mattina direttamente; a quanto ho capito, la mia presenza è una turbativa per la vostra leggerezza; divertiti.”
“Aspetta, ho detto una sciocchezza. Va bene, ci vediamo domani mattina.”
Si è sparsa la voce della scenata tra i due; Loredana, la segretaria personale cui Ludovico ha diritto come dirigente, cerca di stuzzicarlo, tra un pratica e l’altra, per approfondire.
“Capo, è vero che sei ai ferri corti con tua moglie?”
“Tra i segreti che una segretaria deve custodire le corna del capo non sono previste.”
“E se si trattasse delle difficoltà di Ludovico, l’uomo da cui sono affascinata da anni?”
“Cosa, intendi dire, segretaria senza segreti?”
“Da quanti anni viviamo gomito a gomito gran parte della giornata’”
“Sette, anzi otto, credo … “
“E in questo tempo, che rapporto si è stabilito tra noi?”
“Di fiducia, di stima, di ammirazione, forse; probabilmente anche di un piccolo affetto … “
“E della cretinaggine di tua sorella no? Se usassi il termine amore, ti farebbe tanto inorridire?”
“Lory, ti rendi conto del valore delle parole?”
“Cavolo, mi hai chiamato col mio nomignolo, finalmente; Vico, hai per caso rotto i sigilli in cui tenevi segregata la donna che c’è dentro la tua segretaria; posso sperare che prima di abbandonarmi come si dice che farai con tua moglie, a me almeno un abbraccio di addio lo darai?”
“Meravigliosa creatura, perché rovini tutto? Per anni siamo riusciti a rimanere al di qua dei limiti dell’ufficio; tu sapevi perfettamente che ti sarei saltato addosso un milione di volte, specialmente quando arrivavo in ufficio depresso e c’eri tu splendidamente in forma ad aspettarmi; e sai anche quante volte ti avrei stretto con forza per rincuorarti di un disagio. Amica mia, perché rovini tutto in un momento, tirando fuori una passione così bene soffocata?”
“Perché stai per andartene ed io sento già il vuoto, non solo nel lavoro, ma nel cuore; ti chiedo ancora almeno solo un abbraccio.”
“Sei certa che non attivi un fuoco, pensando di spegnerlo?”
“Tu non sai niente della mia vita; sto per sposarmi; ma non mi va di essere abbandonata da te; mi consolerò con mio marito, che amo; ma da te un segnale di intimità lo desidero, anzi, lo voglio, no lo esigo come un diritto per anni di fedeltà e di amore, anche se solo sul lavoro.”
“Ti puoi assentare con me per un paio d’ore?”
“La tua segretaria è in grado di inventare una verifica ad impianti per tutto il pomeriggio; se lo passi a farmi fare l’amore, bada fare l’amore non sesso, io sconvolgo l’azienda per noi.”
“Sai del mio amore segreto?”
“Sì; e so anche chi è la fortunata che prenderà il posto di tua moglie, quando ti trasferirai … “
“Lo immaginavo; sei troppo efficiente … Sappi che per noi due ho un piccolo nido d’amore; per dimostrarti il mio affetto profondo, la stima, il piacere di averti vissuto al mio fianco, ce ne andiamo lì; faccio violenza alla mia fedeltà ad un luogo sacro per me; oggi sarai la vice del mio amore. Ti offende?”
“Vuoi scherzare? Essere per te Gaia, anche solo per poche ore, è il massimo che desideravo!”
“Ti prego di non fare quel nome … “
“Cosa? Non posso dire che sarò lieta di essere felice? Non conosci la tua segretaria; io sono felice, lieta, gaia di essere la tua favorita. Ti va bene così?”
“Si, ti sei risparmiata il verbo pericoloso … “
“Il mio amore te lo farò cercare sul mio corpo; e guai a te se non lavori accuratamente.”
“Torniamo al lavoro, adesso?”
Anche i minuti sono lunghi per Loredana; poi finalmente, nel parcheggio della fabbrica, alla chiusura degli uffici, monta nella macchina di lui e gli accarezza la coscia; sente una reazione e il pantalone si gonfia; insiste nella carezza e non crede ai suoi occhi; tasta, prende le misure e si accorge che eccedono la fantasia.
“Vico, dio mio, ma allora è proprio vero?”
“Cosa?”
“Che hai un drago tra le gambe … “
“Ti fa paura?”
“Sei il mio cavaliere e mi salverai tu; tieni solo presente che non ho molta dimestichezza con la materia; ne conosco solo come quello di Franco, il mio fidanzato che non è così fuori norma.”
“Se non te la senti, facciamo presto a rinunciare … “
“Disse … e si trovò nel coro di voci bianche … Tu mi difendi e mi fai amare il tuo amore. Adesso quel verbo lo uso anche a sproposito, non siamo in ufficio e posso amare te e il tuo sesso, che non mi fa paura, mi attira.”
“Quindi ti aspetti amore, da questo incontro … “
“Solo amore, Vico; se per te il sesso inquina il sentimento, mi basta che mi ami; preferisco sentirti tutto e dappertutto; ma fra amore e sesso voglio amore.”
“E’ qui; siamo arrivati.”
“Un monolocale? Meraviglioso! Il mio integerrimo capo ha una pied a terre per i suoi amori. Adesso è mio, per queste ore!”
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