Formazione … deviata

Capitolo 1 - Alla missionaria

geniodirazza
10 days ago

Formazione … deviata 1 “Alla missionaria”

Ci eravamo sposati abbastanza giovani, io, Peppe, 28 anni una laurea in ingegneria ed un posto da piccolo dirigente in un’importante fabbrica nel capoluogo; e Carmen, 25 anni, una laurea in Lettere e, per le particolari contingenze del momento, in breve titolare di Italiano e Latino al liceo dove avevamo studiato; la prevenzione di suo padre, avvocato di grido, contro la mia fama di donnaiolo, lo indusse ad imporre il regime separato dei beni.

La sua scelta nacque dal timore che, se per le mie intemperanze fosse fallito il matrimonio, potessi avanzare pretese sul patrimonio avito di lei, di cui tutti vociferavano ma che concretamente non s’era mai visto; gli dissi che mi stava bene perché in breve il mio patrimonio sarebbe stato superiore alla presunta eredità e che il mio primo obiettivo erano l’amore di mia moglie e l’affetto della figlia che lei aspettava già prima del ‘matrimonio riparatore’.

Ci trasferimmo nel capoluogo e per una quindicina di anni vivemmo serenamente il nostro rapporto, decisamente all’ombra dell’insegnamento degli avi, con una preponderanza maschilista mia ed un totale disimpegno di lei; il suo stipendio era per la cura del corpo e della sua eleganza; il mio serviva alla casa, alla famiglia e, soprattutto, alla crescita di Laura, la nostra bambina, dai primi vagiti all’università.

Carmen aveva scelto di essere la classica moglie devota al marito padrone; anche la nostra vita sessuale era limitata a quello che gli insegnamenti familiari, la totale inesperienza e certe scorie di bigottismo le imponevano; si copulava abbastanza poco e quasi solo alla missionaria, il linguaggio triviale era vietato, impensabili le penetrazioni anali e scarse le fellazioni; insomma, a letto comparivano perfino mutande di cotone decisamente controindicate per l’eccitazione.

Mia moglie, decisa a rispettare religiosamente e devotamente gli impegni di una donna casta e morigerata, neppure teneva conto delle chiacchiere che persino nella sala insegnanti giravano; non avevamo una vita sociale e lei si ritraeva non appena i discorsi diventavano, per lei, ‘peccaminosi’; il suo mondo rimase stravolto dagli atteggiamenti che Laura prese non appena gli ormoni glielo imposero.

Scoprire che la figlia, quasi diciottenne, parlava dei suoi disinvolti rapporti sessuali con estrema nonchalance, con le amiche ma anche in nostra presenza, le impose una riflessione assai seria sulle sue scelte; approfondì il tema con colleghe ed amiche e scoprì che quasi tutte erano passate, in diverse occasioni, per il mio letto; per natura portata ad essere riflessiva, decise che con me poteva affrontare il problema in termini chiari e brutali; avviò l’analisi una sera dopo un soddisfacente amplesso.

“La mia collega Mirella ha detto che ha fatto sesso qualche volta con te e che è stata un’esperienza entusiasmante; potresti avere la sincerità e la lealtà di dirmi che cosa avete fatto? Bada che non voglio aprire una stupida vertenza sulla fedeltà; ma, dopo più di quindici anni di matrimonio, con una figlia ormai matura, credo che mi dovresti delle spiegazioni!”

Mi resi conto che forse una parte di colpa era mia, se era rimasta all’oscuro di tante cose e se avevo cercato altrove quello che forse avrei potuto chiedere anche a lei; poiché però il discorso era spinoso, l’avvertii che dovevamo fare chiarezza su alcuni punti preliminari; poi potevo soddisfare la sua curiosità; mi si strinse addosso facendo le fusa come un gattino domestico e mi invitò ad essere esplicito su tutto.

Dovetti dilungarmi molto, per spiegarle che l’amore che univa noi era un afflato spirituale che talvolta si esprimeva col corpo; il sesso, invece, era in qualche modo la realizzazione fisica di un bisogno di piacere che esplodeva nell’amplesso e nelle eiaculazioni che ne conseguivano; questo esercizio non intaccava i sentimenti, non investiva cuore e cervello, ma era una sorta di ginnastica  di cui però ciascuno sentiva il bisogno.

Assai spesso, periodicamente, avvertivo l’esigenza di scaricare queste mie tensioni senza obbligare lei a sconvolgere l’amore che ci legava; ovvio quindi, che mi rivolgessi a donne disponibili, per avere quegli incontri di passione che poi si dileguavano insieme allo sperma che finiva sotto la doccia; non avevo mai avuto storie lunghe, proprio perché il mio era solo un bisogno fisico e non permettevo che intaccasse minimamente l’afflato con mia moglie.

Mi chiese, naturalmente, cosa fosse allora quella tensione che avvertiva, in lei e in me, quando facevamo l’amore, a volte con una passione, un trasporto ed un entusiasmo che andavano al di là di qualsiasi altra emozione; non mi ci volle molto a spiegare che il sesso, quando veniva praticato da due che si amavano, si caricava del sentimento e diventava ancora più intenso, ricco, nobile in qualche modo; per questo con le altre facevo sesso e con lei l’amore.

Quasi a sorpresa, mi chiese perché non applicassi con lei la passione che andavo a dare fuori e non la rendessi partecipe di quell’entusiasmo, solo fisico, che nel nostro caso poteva sostenere anche l’amore; in fondo, se le avessi indicato i meccanismi del sesso, avremmo potuto essere complici sia nell’amore che nella sessualità; in altri termini, perché non avessi mai cercato di avvezzarla ai due diversi modi di rapportarci per rendere più completi i rapporti.

Spiazzato, dovetti ammettere che, pregiudizialmente forse, avevo temuto di scatenare la sua reazione proponendole un sesso ‘peccaminoso’ secondo i canoni della sua educazione; per questo, avevo applicato il doppio regime del sesso con le altre e dell’amore con lei.

“Peppe, ascoltami; io non voglio essere mia nonna rediviva; se esiste un mondo di rapporti di cui dovrei essere informata, credo proprio che debba essere tu a fare luce; mi fai il favore di fare con me l’amore come lo fai con le altre, perché io possa capire e decidere insieme il nostro modo di vita?”

“Pensi di riuscire, una volta appreso il piacere del sesso fine a se stesso, a continuare a tenerlo staccato dall’amore per non incorrere nell’errore diffuso di ‘fare le corna’ tradendo il principio di sincerità e di lealtà al quale anche questa nostra aperta discussione è ispirato? Bada, che il piacere fisico può essere una droga e, una volta provato, ispira desiderio più che dare sazietà, incita a cercare il piacere sempre più avanti; spesso non si riesce a stare nei limiti … “

“Amore mio, sono ormai troppi anni che viviamo questa condizione di sospensione; finora non ho avuto motivo per ritenermi insoddisfatta; ma non mi va che ci sia una sfera della tua sessualità, quindi della tua vita, che sia rivolta all’esterno; da quel che capisco, se si pratica sesso per rinfocolare l’amore, se si diventa complici, tutto quello che si fa, anche meccanicamente ma in consonanza e in armonia, può solo rafforzare il sentimento che ci unisce.

Io non vedo possibili devianze o corna; se continuiamo ad essere sinceri e leali come in questo momento, nessun limite ci è imposto, niente ci è precluso; se non ho capito male, è come la voglia di un gelato o di una cena raffinata; se ci facciamo passare lo ‘sfizio’ da soli o con un’altra persona diversa dal partner, si innescano il tradimento e le corna; se invece lo decidiamo assieme e concordi, il fatto che tu vada a cena o a letto con Mirella non fa differenza e rafforza il nostro legame.”

“Se sei disposta ad assumere l’impegno di ispirare tutto quello che faremo al principio della sincerità e della lealtà, posso solo decidere di rompere il muro del pregiudizio e portarti con me nelle foreste, lungo i fiumi o nelle praterie che il sesso apre oltre il confine dell’amore, a cominciare dai rudimenti, per esempio dalla bocca e dai baci.”

La stesi sopra di me, abbracciai il corpo statuario e le stampai il bacio più lussurioso di cui ero capace; le infilai in gola la lingua e perlustrai la cavità orale tutta, punto per punto; il fallo mi si era indurito e le premeva sulla vulva al di sopra dei mutandoni che ancora indossava; sentii che si contorceva per il piacere e che cercava il contatto tra i sessi più intimo che potesse; le sfilai mutande e reggiseno, senza smettere di baciare.

Mi abbracciò per le spalle e sentivo che quasi si fondeva con me in un desiderio che non avevamo mai avvertito; mi spogliò freneticamente e si stese nuda su di me.

“Ti amo, Peppe; ma ti voglio anche; aspetto che mi fai sentire tutta la potenza di questa passione che mi sconvolge; ti odio anche, perché per anni hai dato tutto questo ad altre, senza spiegarmi cosa fosse … “

La tacitai baciandola con più intensità; la feci staccare dalla mia bocca e portai in alto il busto, lasciando attaccati fallo e vulva vogliosi; poggiò le mani sul letto, ai miei fianchi, e mi espose la quarta taglia del suo seno; i capezzoli grossi e maturi mi avevano sempre attratto ma poche volte avevo trovato la voglia per giocarci con passione; cominciai a succhiarne uno con la frenesia del poppante affamato e sentivo che flussi di umori le si scatenavano dalla vagina e bagnavano il lenzuolo.

“L’altro, adesso! Succhiami tutti e due i seni; ora capisco perché, quando Laura succhiava, mi sentivo sconvolgere il ventre; se mai ti avessi tradito, è stato quando allattavo al seno nostra figlia; dopo che mi aveva svuotato, mi rendevo conto di essere bagnata fra le cosce; non ti ho mai detto niente, perché la consideravo una cosa sporca, inconfessabile, peccaminosa; ed invece proprio allora forse potevo riprendermi quella sessualità che lasciavo dedicare ad altre; adesso consumami di piacere!”

Accostai il viso al mio e la leccai tutta, dalla fronte al mento; sentii che si eccitava terribilmente quando baciavo gli occhi o  dentro le orecchie; si sciolse languida e gemette; quando scesi sul petto e la leccai minuziosamente su tutto il seno, fino all’ombelico, istintivamente si scavallò da me e si stese supina al mio fianco; percorsi con la lingua tutto il corpo fino ai piedi; le succhiai le dita e la sentii fremere; saltai a bella posta il pube.

Ci tornai di colpo, divaricai le gambe e tirai su le ginocchia; mi fiondai sulla vulva spalancata, carnosa, rorida di umori, e leccai tutto, dalle grandi labbra alle piccole; afferrai tra i denti il clitoride ritto, duro e palpitante; urlò come un agnello al macello; Laura, che in quel momento rientrava da una delle sue scorribande serali, chiese da dietro la porta se tutto andava bene; le risposi che era solo l’amore che ci faceva urlare; le consigliai i tappi per le orecchie; Carmen arrossì, ma poi rise e mi baciò.

“Si può baciare anche in questo modo, allora!?!? Non è antigienico?”

“Quel che non ammazza, ingrassa; mai saputo che un cunnilinguo facesse morire di piacere; ti senti moribonda?”

“No amore; mi sento in paradiso; posso fare a te la stessa cosa?”

“Certo! Diciamo, anzi, che devi farlo e provare il piacere di sentire il fallo in bocca, con tanto amore!”

Mi rovesciò sul letto e mi venne sopra; cominciò anche lei a baciarmi e a leccarmi dalla fronte per tutto il viso fino a concludere con un bacio molto sensuale in bocca; poi si trasferì sul petto e grufolò tra i morbidi peli fino a raggiungere i capezzoli; la lingua che percorreva i pettorali, i dentini aguzzi che mordicchiavano i capezzoli, le mani avide che cercavano i muscoli del ventre fino a prendere la mazza, mi diedero un piacere infinito, paradisiaco.

Scese anche lei sul ventre e giocò a leccare l’interno del grosso ombelico; sfiorò il fallo che teneva in mano ritto come un palo di cemento e percorse le cosce e le gambe fino alle caviglie; tornò indietro e andò a leccare i testicoli sempre tenendo ben stretto il fallo; se lo passò sul viso e lo leccò intorno; lo confrontò scherzosamente con la lunghezza del volto e con lo spessore del braccio fine e delicato; mi guardò ad occhi sbarrati per la consistenza della mazza.

Leccò a lungo e prese in bocca, uno per volta, i testicoli; spostò la lingua sull’asta e la percorse tutta, in lungo e in largo; si eccitò e mi eccitò da farmi rischiare l’orgasmo; la fermai e catturai la bocca in un bacio odoroso di sesso; si sciolse dall’abbraccio e si piegò di nuovo sul ventre; baciò delicatamente il meato dove era apparsa una goccia di precum; le presi la nuca e spinsi la bocca verso il basso, finché il fallo entrò in parte; ‘lecca e succhia’ suggerii; apprese immediatamente.

Per un attimo sospettai che avesse già sperimentato la fellazione; ma sapevo per certo che non ne aveva avuto occasione, mi congratulai per la rapidità con cui accoglieva le mute indicazioni della pressione sul viso e sulla testa, per praticare una fellazione da specialista; si limitò a bofonchiare che ero stato io poco prima a suggerire di seguire l’istinto; il cuore, il sesso e la mente le stavano indicando come amare il fallo e provarne piacere.

La presi per i fianchi e la obbligai ad adagiarsi su di me con la vulva all’altezza della mia bocca; presi a leccare devotamente tutta l’area del sesso, dal monte di venere, attraverso vulva, ano e perineo, fino all’osso sacro; intanto mi godevo lo spettacolo del suo meraviglioso sedere, morbido, rotondo, disegnato perfettamente, e giocavo con i glutei e con le natiche stimolandole anche il piacere anale; mi fermai, con la lingua immersa in vulva e spinsi la sua testa sul fallo.

“Finalmente mi è chiaro quello che intendono i ragazzi, quando mi prendono in giro parlando ermeticamente di un 69 ma non in matematica! Il testa coda è di una dolcezza infinita; mi fa molto godere succhiare il tuo fallo e farmi leccare la vulva; mi stai facendo scoprire un mondo straordinario ed inesplorato; non so se odiarti per avere tardato tanto o amarti alla follia perché me l’hai rivelato.”

Per un tempo che non sapevo determinare, ci succhiammo e ci leccammo reciprocamente e alternativamente con enorme gioia; Carmen, dopo qualche esitazione, si abbandonò al piacere di sentire la lingua che spazzolava il sesso dal monte di venere all’osso sacro; ma soprattutto godette molto di sentire le labbra che catturavano il clitoride e lo succhiavano fino a farla illanguidire nella più grossa eiaculazione che avesse mai fatto.

Ma più ancora la stimolava la lingua che entrava nel canale vaginale e la titillava come un piccolo fallo; quando invece il foro penetrato era l’ano, si aprivano per lei mondi insperati e coglieva, involontariamente, il piacere intenso della penetrazione, che in qualche modo si preannunciava con la forzatura dello sfintere quando la lingua spingeva e le grinze si allentavano per lasciare entrare nel canale rettale il nuovo ingombro; forse presagiva che dovesse prepararsi a ricevere il fallo; ma non parlai.

Finalmente decisi di possederla, alla missionaria, secondo uno schema ormai finanche obsoleto; la feci distendere supina e le divaricai la gambe; tirai su le ginocchia fino ad avere spalancata davanti allo sguardo la vulva brillante dei suoi umori e della saliva, che le avevo sparso leccandola a lungo; mi inginocchiai fra le sue cosce; mi piegai lentamente accostandomi alla vagina; lei fremeva nell’attesa e sembrava implorare la penetrazione.

Appoggiata la cappella, spinsi lentamente e progressivamente; sentivo i muscoli vaginali reagire con forza ed abbracciare la mazza che penetrava; spinsi con un certa irruenza e urtai la cervice dell’utero; un piccolo urlo ed un gemito lungo segnalarono che ero tutto dentro; mi piegai a baciarla, mi ricambiò con passione; scivolai sul seno e le succhiai i capezzoli; fremette e vibrò a lungo, mentre gli umori della vagina lubrificavano il fallo.

Sussurrava dei ‘sì’ convinti ed appassionati mentre spingevo con forza; le presi un piede e lo girai dietro la mia schiena; feci lo stesso con l’altro e la invitai ad incrociarli; sentivo il ventre aprirsi ed accogliere il mio; capì le intenzioni e si strinse a me con tutto il corpo; in breve, eravamo uniti quasi inscindibilmente; mi fermai immerso nel suo utero e attesi che attivasse i muscoli vaginali; lo fece quasi per istinto e gemeva mentre godeva.

“Amore, perché non mi cavalchi? Non te ne stare lì; mi hai preso, mi possiedi ma non mi monti.”

“Carmen, guarda che sei tu che hai assorbito in te il fallo; non sono io a possederti, sei tu piuttosto che hai catturato la mia mascolinità e la tieni stretta; da quella posizione puoi senz’altro mungere dal fallo l’eiaculazione più bella e intensa; non devo montarti io; spingi in alto il bacino e possiedimi, se vuoi; usa anche i piedi per stringermi a te.”

“Oh, dio, non ci avrei mai pensato; è vero; posso possederti io, imponendo il ritmo; sono io che ti ho catturato dentro; se non mi rilasso e non abbandono la presa, non te ne vai più dalla mia vagina. Ti amo, maledetto; perché mi hai taciuto tutto questo?”

“Tesoro, non ti ho taciuto niente volontariamente; ho solo rispettato le tue prevenzioni e la tua cultura; c’è ancora tanto, tantissimo, da imparare e da mettere in pratica; hai chiesto di essere aiutata a capire; lo faremo, con la calma e col tempo; per ora è sufficiente che tu sappia che, anche copulando nella maniera più classica, si può fare sesso e dare amore con molte possibilità di trovare piacere e soddisfazione …

Adesso, dimmi solo se preferisci che concludiamo rapidamente o se vuoi che passiamo anche l’intera notte a copulare in tutte le maniere possibili e impossibili … “

“Laura è appena tornata dall’Università; domani avrò una giornata intensa, per preparare tutte le sue cose, occuparmi della casa e della cucina; meglio se riposiamo un poco; poi voglio procedere step by step; avrei dovuto apprendere queste cose in tempi lunghi, per assorbirle e farle mie; preferisco non correre; inondami la vagina, godi dentro di me e fammi godere come non ho mai fatto; poi troveremo altre occasioni per ripetere queste esperienze e aggiungerne sempre nuove; vorrei, in tempi adeguati, diventare l’amante migliore che tu abbia mai conosciuto; ti amo … tantissimo.”

Il discorso non faceva una grinza; effettivamente, per una donna rimasta per decenni nel limbo dell’amore ‘peccaminoso’, scoprire d’un tratto quante cose aveva lasciato indietro poteva risultare persino traumatico; mi lanciai nella cavalcata più intensa che avessi mai realizzato; la sentii gemere e talvolta urlare per tutto il tempo della monta; mi stringeva a se e mi possedeva effettivamente con la vagina e l’utero impazziti; esplosi nella più ricca eiaculazione che ricordassi.

Sentii che lei addirittura soffriva ed urlava mentre mi scaricava sul fallo un orgasmo assai più intenso del mio; i fiotti di umori mi colpirono in continuazione l’asta sbordando dalle grandi labbra e inondando il suo ventre e il mio; sentivo dal semplice respiro affannato quanto amore mettesse nella copula e nella conclusione; si abbandonò languida alla fine e dovetti liberare i piedi per sganciarli dalla ferrea presa in cui mi teneva; guardai con amore il viso rilassato mentre si riprendeva.

Ero decisamente intenerito di fronte al corpo che appariva fanciullesco, di quella donna che amavo moltissimo, al di là delle mie stupide intemperanze; mi stesi al suo lato, tirai il lenzuolo sui nostri corpi nudi, per uno sciocco senso di pudore ingiustificato, e mi stesi accanto a lei; si girò su un fianco mi appoggiò la schiena al petto e il sedere al ventre; dopo pochi istanti, il fallo mi si rizzò e fui quasi tentato di ricominciare da capo.

Ma il discorso fattomi indicava chiaramente che era presa molto dai doveri domestici e rinunciai; la strinsi fra le braccia e ci addormentammo quasi fusi insieme.

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