Cosa c’è dietro l’angolo

Capitolo 1 - Cosa c’è dietro l’angolo 1

geniodirazza
a month ago

L’ambiente era quello anonimo di un motel poco fuori città arredato con pessimo gusto e a poco prezzo; l’unica cosa valida, ovviamente, era l’ampio letto sul cui bordo laterale Magda era seduta alle prese con un cazzo di media dimensione; per il resto, un tavolino che aveva visto tempi migliori, con un cestino e una sedia mezza sgangherata, uno specchio alla parete sopra un lavandino; in un angolo, un bidet con un rotolo di carta multiuso per asciugarsi.

Non era lì per un soggiorno elegante, ma per scopare col giovane professionista che aveva agganciato e col quale intendeva fare un bel palco di corna a quell’imbecille del marito, col quale non scopava da ormai quattro anni; anzi, si vivevano come estranei in casa; non capiva perché lui non avesse ancora chiesto la separazione; fino a un paio d’anni prima, l’aveva stoppato con la minaccia di chiedere l’affidamento unico della figlia non ancora maggiorenne; lui aveva ceduto perché troppo legato a Lucia.

Ma adesso, con la figlia ormai ventenne, era masochistico, da parte di Marco, continuare a tenerla con sé pur sapendo che non gliel’avrebbe mai data, a meno che lui non abbassasse la cresta e si rassegnasse a dipendere della sua volontà; ma Lucia era figlia di un grande amore, quando lei era appena ventenne e lui, a venticinque anni, aveva già cominciato a dare la scalata al successo con la sua piccola impresa che, nel giro di qualche anno, era diventata un impero assai potente.

Aveva scelto il giovane avvocato, per fare le corna al marito, perché apparteneva a quella schiera di personaggi in vista che nei circoli cittadini facevano il bello e il cattivo tempo; nei primi anni del matrimonio, lei aveva brillato in quei cenacoli come la splendida professoressa del locale liceo adorata e venerata da tutti; suo marito era solo il suo accompagnatore quasi appena sopportato dai maggiorenti della città che davanti a lei si prostravano.

Poi, chissà come, lui era cresciuto nella stima generale, anche perché il suo ufficio economico teneva la contabilità di moltissimi personaggi, autorevoli e viscidi, e diventava quindi un loro alleato prezioso; progressivamente, il suo ruolo era finito in ombra mentre era lui, adesso, a prendersi le smancerie dei personaggi, e più ancora delle loro signore; anche se lui la trattava comunque da regina, il rancore sordo si era fatto sempre più convinto e aveva deciso di colpirlo usando la figa per la punizione.

Il giovane avvocato era decisamente solido e ben messo, da uomo che sapeva di piacere e si teneva in forma attentamente in palestra, in piscina, sui campi da tennis, dovunque la sua tonicità potesse essere rafforzata; il viso da pirata brillava sul corpo tonico e muscoloso coi pettorali ben evidenti; i fianchi ben disegnati reggevano il culetto solido e piacevole; sopra le cosce monumentali si ergeva un cazzo sui sedici/diciotto centimetri abbastanza interessante.

Abituata per anni alle scopate intelligenti e lunghe con suo marito, Magda aveva un vero amore per il pompino; quando il maschio le si accostò, le venne quasi naturale afferrare la mazza a due mani, accostarla al viso e cominciare a leccare dalle palle grosse e gonfie; era veramente eccitato, lui, all’idea di scoparsi una donna che tutti desideravano; a quarant’anni, era bella come lo era stata a venti quando si era sposata col suo amico imprenditore.

Per questo, era al massimo della forma mentre si apprestava a sfondarla dappertutto, come meritava lei e forse anche lui, che lasciava una simile bellezza affidarsi ad altre mani per cercare quel piacere che forse lui non sapeva darle; le prese la testa e la guidò garbatamente a leccare e a succhiargli il cazzo; non era nuovo ad esperienze del genere, di mogli insoddisfatte che gli si offrivano per grandi scopate; con questa, intendeva superare se stesso e accostò la punta alle labbra.

Ma lei era decisamente determinata a fare a modo suo; frenò il cazzo sulle labbra chiuse e continuò la sua leccata che titillò lentamente, lussuriosamente e libidinosamente, lo scroto, facendo entrare in bocca le palle, una per volta, e succhiandole deliziosamente e rumorosamente; passò poi la lingua sulla mazza che teneva appoggiata al ventre, ritta come un obelisco; quando la leccata raggiunse il glande e la punta, aprì leggermente le labbra e ingoiò parte dell’asta.

Lui ebbe la sensazione di penetrare una figa vergine, tanto abile fu la donna a socchiudere progressivamente la bocca mentre il cazzo scivolava sulla lingua e contro il palato; spinse il bacino contro il viso per scoparla in bocca, fino alla gola; ma ebbe la prova che era meglio lasciare fare perché una mano fermò la mazza fuori dalla bocca mentre la lingua spediva la cappella contro le gote; si fermò e aspettò che fosse lei a succhiare con gusto la mazza, mentre contemporaneamente leccava.

Le sensazioni gli bruciavano il cervello; capì che con una femmina così non era il caso di atteggiarsi a maschio; forse, pensò, il motivo di contrasto tra lei e il marito era proprio in questa volontà di lei di imporre il proprio dominio che lui non accettava di subire; si abbandonò al piacere che lei indubbiamente gli sapeva trasmettere su tutto il ventre, fino al cervello; lei si gustava il membro facendolo entrare ed uscire dalle labbra in una scopata paradisiaca.

In effetti, il rancore di Magda era nato proprio dalla tenacia con cui il marito respingeva tutti i suoi tentativi di imporre un sistema di vita che lei pretendeva perché congeniale ai suoi capricci; per lui, dominante era il lavoro, in cui si era lanciato con accanimento da quando il suocero aveva imposto il regime di separazione dei beni perché lo riteneva un avventuriero e voleva garantire la figlia da eventuali crac.

L’altro punto di contrasto era l’amore viscerale per la figlia; Marco stravedeva per Lucia da quando era nata fino a quel momento che era maggiorenne, libera e forse libertina; da quando era andata alle elementari e fino alla laurea, era stato quasi ossessivamente attento a tutte le esigenze della figlia, dai pannolini all’alloggio nella città universitaria; Magda aveva sempre più con convinzione ritenuto che lui dedicasse alla figlia e al lavoro il tempo che pretendeva dedicato ai suoi capricci.

E c’è da dire che non erano pochi, considerato che il meglio del suo tempo lo trascorreva tra feste e shopping, tra terme e amicizie al bar; anche lo stipendio da insegnante serviva alla sua bellezza più che alle spese di casa; Marco aveva lasciato fare e non le chiedeva conto delle sue scelte; lei leggeva la disponibilità come mancanza di attenzione e diventò gelosa persino di sua figlia alla quale, secondo lei, suo marito si dedicava troppo morbosamente.

Questo tarlo la divorava anche in quel momento, con una bellissima mazza tra le mani e tra le labbra; si dedicò al pompino con quanta capacità le offrivano l’esperienza, il desiderio e la rabbia di offendere quel cornuto di suo marito; il giovane amante occasionale dovette frenare più volte l’orgasmo che lei gli faceva montare coi suoi giochetti di bocca; la scopò in gola, quando lei fece scivolare la cappella fin oltre l’ugola, ma si fermò in tempo prima di sborrare precocemente.

Per evitare un assalto irresistibile, la spinse indietro e la rovesciò supina sul letto; divaricò le cosce e si chinò sulla figa bollente; leccò le grandi labbra e le mordicchiò lussuriosamente; scese fino al ginocchio e risalì lasciando una bava di saliva; ricominciò dall’altro lato e arrivò di nuovo alla figa; tormentò a lungo le grandi labbra, una per volta; poi passò a leccare le piccole che si aprirono come un fiore a lasciare scoperto il clitoride rosso e ritto al centro.

Lo prese tra le labbra e succhiò amorosamente; lo strinse appassionatamente tra i denti e riprese a succhiare; la sentì gemere dolcemente e avvertì un primo leggero orgasmo; capì che la pratica incontrava il massimo piacere e ci insistette per qualche minuto; poi infilò la lingua nella vagina e la sentì urlare di piacere; la scopò così, con la lingua appuntita, fino al canale vaginale e registrò la stretta dei muscoli che gli diedero gioia e godimento.

Subdolamente e inspiegabilmente, alla memoria di lei tornarono i lunghi preliminari che piacevano tanto a Marco; era capace di passare ore a leccarle la figa; quando lo faceva da sotto, a 69, la stordiva perché leccava tutto, figa e culo, e la deliziava con lunghi passaggi a spatola su tutto il perineo, che intervallava con profonde penetrazioni della lingua in figa e nel culo; il cunnilinguo di suo marito era di tutta un’altra classe.

Ma, in quel momento, le faceva solo rabbia il ricordo obsoleto e spesso rimosso di quei momenti di cui l’ultimo risaliva a cinque anni prima, una vera eternità di corna e di trasgressione; l’odiava ancora di più per avere interrotto quel piacere e costretta a prendersi questo, forse succedaneo ma non della stessa qualità; insegnare ad un maschio a soddisfare le voglie di una femmina era quasi impossibile; e proprio sui capricci ignorati si fondava la sua rabbia.

Il maschietto di turno non resse a lungo alla leccata; preferiva di gran lungo la bocca sul cazzo; ebbe il buonsenso, però, di farla rotolare e di sistemarsi a 69; recuperò il gioco del cazzo che pompava nella gola di lei che, sistematasi sopra, manovrava abbassando e sollevando la testa per imporre la sua volontà di affondo; fermando la fellazione ed agitando la figa sulla bocca, gli segnalò che toccava a lui; per qualche minuto si alternarono a succhiare e leccare i sessi.

Quando si fermarono stanchi, lei si dispose carponi sul letto e gli indicò di continuare da dietro; lui prontamente eseguì e la fece godere passando la lingua su tutto il sesso; sull’onda del piacere e stimolato dalla posizione, si sollevò sulle ginocchia e le infilò il cazzo profondamente nella figa; per un attimo, rimase sorpresa dall’iniziativa; poi attivò i muscoli vaginali, quando sentì la mazza riempire il canale e picchiare con la punta contro l’utero.

Lui la scopò con voglia e lussuria; ma l’attività dei muscoli vaginali, che lei aveva lungamente esercitato col marito e con gli amanti prima di lui, le consentirono di ‘mungere’ il cazzo fino a strappargli un orgasmo stratosferico che lei fece abilmente coincidere con il suo; il solito pensiero diabolico la portò a riflettere su quanto asseriva Marco su amore e sesso; effettivamente, con questo amante, come con altri, si trattava di un autentico esercizio muscolare con sborrata finale.

La riflessione le fece male; lei amava ancora suo marito, nonostante lo avesse sepolto sotto il fango per oltre quattro anni e capiva esattamente il senso dell’affermazione che il sesso senza sentimento era un esercizio fisico al quale solo un atto di fede avrebbe potuto attribuire valore di emozione e di comunicazione, quella che Marco le trasmetteva sempre; ridotto a semplice funzione corporea, non era che ginnastica non utile né a rafforzare muscoli né a dimagrire.

Intanto, si erano distesi supini, senza neppure sfiorarsi, forse inseguendo ciascuno i suoi pensieri; ma il giovane amante di quel giorno aveva abbastanza energie e riserve per riprendersi rapidamente; lo aiutò lei, che non era ancora soddisfatta e desiderava comunque una scopata bella e degna di essere ricordata, almeno per un po’ di tempo; si piegò con la testa sul ventre, prese in bocca il cazzo barzotto e con pochi colpi di lingua lo riportò all’erezione massima.

Montatagli addosso, riprese il 69 che l’aveva lasciata a metà; alternandosi tra succhiare ed essere succhiati, per un lungo tempo si sollazzarono col cazzo in bocca, lei, e con lunghissime leccate tra figa e culo, lui; poi Magda volle provare; si sganciò dal 69 e gli montò addosso; salì sul ventre, prese il cazzo con una mano e lo diresse alla figa; lo montò alla cavallerizza a lungo, usando tutta la sua esperienza per affondare il cazzo nell’utero, tirarlo fuori fin quasi ad estrarlo.

Scendeva lentamente assaporando lo spessore con tutto il canale vaginale e ritornava su, fino a tirarlo fuori, per piombare giù di colpo, squassandosi il ventre con il piacere provato; su e giù, così, per un lungo periodo; poi si ruotò su di lui, con movimenti acrobatici, e se lo rimise dentro, dandogli le spalle; titillava il clitoride e carezzava insieme le palle e la radice del cazzo, mentre si impalava fino in fondo, quasi fino al dolore.

Stanca della ginnastica, lo fece ruotare e, da supina, si fece montare addosso e appoggiò il cazzo tra le tette; accostò le mammelle all’asta chiusa nel vallo tra i seni e gli praticò una bellissima spagnola; ogni tanto, allungava la testa a ricevere il cazzo fra le labbra; lui colse l’intenzione e spinse fino a farsi praticare un pompino a conclusione della spagnola; giocarono così per un po’, poi lei lo sbalzò da se e si sistemò carponi; anche se non lo disse, per lei era l’ora di provare il cazzo nel culo.

Lui non si fece pregare e le andò dietro, si inginocchiò e riprese a leccare, come aveva già fatto, tutto il sesso, dal monte di venere al coccige, fermandosi più volte ad infilare la lingua in culo e nella figa; lei sobbalzava ad ogni leccata profonda e godeva molto; ebbe almeno un paio di orgasmi leggeri; fermando un poco la manovra, gli chiese di prendere dalla sua borsa la boccetta di lubrificante che aveva portato proprio con l’intenzione di prenderlo nel culo senza dolore.

Tornato sul letto, si sistemò in ginocchio dietro di lei e riprese a leccare culo e figa con grande entusiasmo; si unse di lubrificante le dita e, mentre con la lingua titillava la vagina, infilò nel culo prima uno, poi due e infine tre dita a cuneo per dilatare lo sfintere; non ce ne sarebbe stato neppure bisogno perché per vent’anni lei non aveva interrotto l‘abitudine di farsi inculare ogni volta che scopava.

Dopo quello di Marco, che era stato il primo e l’aveva fatta da padrone per i primi sedici anni, aveva dato il buchetto a tutti gli amanti che si era portati a letto; onestamente, non era in grado di dire quanti, perché, a scadenza almeno mensile, una mazza se l’era presa, in tutti i buchi; ma non aveva mai nemmeno ipotizzato di farlo più volte con lo stesso maschio, proprio perché voleva che fosse solo sesso, senza coinvolgimento emotivo.

Stupidamente, forse, pensava che scopare per sfizio, solo fisicamente, potesse essere meno colpevole; d’altronde, era stato suo marito Marco a sottolineare che il sesso fine a se stesso non intaccava il sentimento; essendo la sborrata un ‘incidente’ facile da lavare, farlo una sola volta con tanti, nella sua logica perversa, non le impediva di sperare che lui alla fine si arrendesse, tornasse da lei umile e disponibile, implorasse e accettasse il perdono e tornassero insieme in nome dell’amore.

Non era una stupida, Magda; anzi, negli ambienti culturali che frequentava, a cominciare dal liceo dove insegnava e che anche sua figlia aveva frequentato, era ritenuta una donna culturalmente interessante e protagonista di lodevoli iniziative; nello specifico della vicenda delle corna, la sua capacità intellettuale era come se evaporasse all’improvviso; i suoi capricci, che tali erano in definitiva, si trasformavano in modo di vita e le imponevano scelte assurde e stupide.

Non riusciva, in pratica, a rendersi conto che anche un amante al mese, in quattro anni e più, facevano almeno cinquanta maschi passati per il suo letto, cinquanta cazzi, di ogni forma e dimensione, che avevano attraversato la sua bocca, le mani, la figa e il culo; pensare che questa massa di salsicciotti fossero cancellati via con un colpo di spugna era per lo meno illusorio; ma la sua fanciullaggine le impediva persino di accettare che, per tutti, Marco era un ‘cornuto contento’.

Ancora più stupido era non chiedersi neppure come suo marito, di cui conosceva la focosità a letto, potesse ovviare alla mancanza di figa, visto che lei si era ostinata a negargliela e lui alla fine aveva rinunciato; in quel momento, mentre si preparava a prendere nel culo l’ennesimo cazzo, il problema non la sfiorava ed era tutta concentrata sul piacere che da quella mazza poteva ricavare; questa non era eccessiva, nei limiti delle misure di Marco; aveva sperimentato di meglio e di peggio.

Quando avvertì che la cappella si accostava all’ano, ebbe una forte scossa di piacere che l’attraversò dalla testa ai piedi; si augurò che fosse un buon amante e che riuscisse a darle tutto il piacere che desiderava; poche volte aveva trovato chi la riempisse; inutile dirlo, il primo in tutto era stato suo marito; quando la cappella forzò lo sfintere sentì che sarebbe stata una giornata intensa, almeno per la scopata nel culo.

L’avvocato, infatti, la penetrò con molto garbo e aggiunse lubrificante, quando fu necessario; il percorso di tutto il canale rettale fu per lei gioiosa goduria di un piacere che si trasmetteva dai terminali dell’ano fino al cervello; il suono secco, sciaff, del ventre che picchiava contro le natiche le disse che il cazzo era tutto dentro; le palle che picchiavano sulla figa le diedero la conferma; cominciò a sbrodolare e il primo orgasmo anale si avvicinò con esaltante lussuria.

Il rumore dello scontro tra ventre e natiche accarezzò l’orecchio a lungo, mentre lui entrava e usciva sempre più agevolmente dal culo arrivando a possederla senza problemi come in una figa succedanea; evidentemente, il suo giovane stupratore era particolarmente interessato e versato in quella tecnica amatoria, perché vi si dedicò per lungo tempo e modificando più volte le posizioni nella scopata.

La montò a pecorina nella maniera classica, poi la fece sdraiare su un fianco, rimanendo attaccato a lei e intano pompava il cazzo avanti e indietro con goduria reciproca; mentre si lasciava sfondare sdraiata su un fianco con la gamba libera sostenuta in alto da lui, si masturbò vigorosamente ed ebbe numerosi orgasmi; dopo averla inculata così di fianco su un lato, le fece girare sull’altro, riprese il pompaggio e la scopò altrettanto a lungo.

Con un rapido movimento, si sfilò dal culo, la fece sdraiare supina e si porto le gambe sulla testa; la sollevò tanto che alla fine solo le spalle poggiavano sul letto; lui la sbatteva dall’alto verso il basso e lei era in grado di osservare la mazza affondare nella sua carne; alla fine, lui la portò sul bordo laterale del letto, la stese supina col culo che sporgeva fuori, le sollevò i piedi sulle sue spalle e la infilò vis a vis; vedere il cazzo andare a venire dal culo le provocò un orgasmo che si sentì in piazza.

Anche il giovane avvocato esplose in una sborrata colossale che le inondò l‘intestino provocandole ulteriori spasmi di godimento; l’amante mise in atto tutte le cautele e si sfilò delicatamente per evitare i fastidi che normalmente provocava uscire da un’inculata; schiantarono, letteralmente, ambedue sul letto e per un poco si raccolsero in sé stessi per sfogare la tensione che avevano accumulato e il piacere intenso per ambedue.

Mentre si prendeva con gioia il cazzo nel culo e, dopo, mentre si sciacquava sul bidet e si vestiva, Magda si sorprese a vivere uno di quei momenti di senso di colpa che ormai conosceva benissimo perché la tormentavano da quando, dopo il primo ‘sfizio’ di farsi scopare da uno sconosciuto per rabbia, rendendosi conto che l’iterazione avrebbe significato possibile rottura definitiva, aveva cominciato a domandarsi se non stesse sbagliando.

Si rispose, per giustificarsi, che era stato suo marito a indurla a sbagliare perché non aveva saputo stare ‘al posto suo’, quello del subalterno a lei dominatrice; la logica, i fatti e i giudizi di tutti erano contro quella sua interpretazione unilaterale, ma lei ormai l’aveva usata per giustificare, a se stessa più che ad altri, la scelta di tradire; aveva aggiunto bugie a bugie, sempre ammantate dalla stessa equivoca interpretazione, ed ora era chiaro che era a fine viaggio.

L’unica motivazione che poteva intuire, per spiegare la tigna di suo marito a vivere un matrimonio che non esisteva era il fatto che lei era la madre di sua figlia; andarsene significava rischiare di perdere quell’affetto che per lui era vitale; lei, in pratica, doveva la permanenza nel benessere che Marco le garantiva solo alla presenza di Lucia, dea adorata da suo padre che era stata per larga parte il motivo vero della sua tigna, dal momento che ne era diventata gelosa.

Quasi automaticamente, scaturiva la domanda su quando come e, soprattutto, perché si era messa su quel piano inclinato coperto di sapone sul quale scivolava sempre più in basso.

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