Vendetta non richiesta

Capitolo 1 - Vendetta non richiesta 1

geniodirazza
4 days ago

Vendetta non richiesta 1

Ho il cuore in subbuglio, mentre mi avvicino all’appartamento dei miei, quello dove fino a pochi anni addietro ho vissuto tutta la mia esistenza, prima che aprissi il mio studio in centro per diventare l’avvocato di grido, famoso per essere il difensore di tutti i mafiosi della regione e per questo ricco e temuto.

Una parte di me spera di scoprire che è tutta una montatura, un errore dell’agenzia che, senza neppure esserne richiesta da me, forse su commissione di qualche ‘amico’ rimasto sconosciuto, mi ha consegnato, con mio enorme dolore, un ampio e documentato dossier sui comportamenti di mia madre.

L’altra parte, però, guarda con terrore all’ipotesi che non ci siano stati errori, peraltro assai improbabili, e che rischio di trovarmi davanti a una realtà per me assolutamente inaccettabile.

Il primo approccio con la casa, quando apro con la chiave che non ho mai lasciato, non fa per niente sperare bene; non ho sentore della presenza di mio padre che, per quello che mi hanno informato, dovrebbe essere in casa per un’indisposizione che gli ha impedito di andare al lavoro; né vedo tracce della presenza di mia madre che, da brava massaia, a quell’ora dovrebbe essere affaccendata nei lavori domestici di cui è appassionata cultrice.

Regna nelle stanze e nei corridoi, un silenzio di tomba; rumori vaghi si avvertono dalla camera dove, penso, mio padre è presumibilmente a letto assistito amorosamente da mia madre; quando mi avvicino alla porta socchiusa, i rumori diventano netti e sono tutt’altro che di persone dedite all’assistenza a un malato.

Dallo spiraglio tra le due ante della porta vedo immediatamente mio padre legato mani e piedi alla poltrona accanto al letto che, come so, domina la parete di fronte all’entrata; rimango di sasso, senza fiato, temendo un’aggressione; ma lo specchio a quattro ante dell’armadio laterale mi presenta un quadro ben più allucinante.

Sdraiato sul letto, con la testa verso la porta, è steso un maschio all’apparenza piuttosto selvaggio che se ne sta sdraiato con un fallo enorme, sicuramente superiore alla media, ritto in mezzo alle gambe, tra le quali è stesa mia madre, completamente nuda, con il viso rivolto a mio padre al quale dedica smorfie oscene.

Lei piega continuamente la testa verso quella bestia e lecca golosamente i testicoli grossi come albicocche e, da lì, risale lungo l’asta; lo fa più volte, fino alla cappella aperta come un fungo quasi a coprire lo spessore della mazza, che alla fine ingoia per intero, con mia enorme sorpresa, fino a toccare con le labbra i peli del pube; odo nettamente le volgarità che lo stallone le rivolge e vedo chiaramente, con una sensazione di schifo violento, mia madre piegare la mano nel segno delle corna rivolte verso mio padre, mentre gli grida estasiata.

“Vedi, cornuto, come mi fa godere uno stallone vero; questo sì che è un signor fallo, altro che il tuo pisellino inutile e floscio!”

Ho preso il telefonino e riesco a registrare gesti e suoni con vivezza immediata; per un attimo penso di entrare di sorpresa e scatenarmi; poi decido che devo documentare bene l’azione, per quando agirò contro mia madre; mi placo, mi sistemo col telefonino e registro tutto l’amplesso.

Sempre con la colonna sonora delle parolacce di lui e il dileggio di lei al marito, si lanciano nella copula; mia madre gli monta addosso, si fa penetrare violentemente in vagina da quella bestia e lo cavalca a lungo, lussuriosamente, gemendo e godendo; lui la sbatte letteralmente sul letto, le spalanca le cosce e prende a succhiarle il clitoride, strappandole autentici urli di goduria; quando lei si distende languida, le ritorna addosso e la monta alla missionaria.

Deve avere un’ottima resistenza, lo stallone, perché dopo qualche minuto la fa girare, la obbliga a stare carponi e le infila, a freddo, senza lubrificazione, l’enorme fallo nell’ano; lei urla, una prima volta dal dolore e subito dopo per goduria; vanno avanti per qualche minuto, poi lui eiacula nel retto esclamando.

“Devo andare, mi aspettano al negozio!”

Si riveste in fretta, mentre mia madre sembra godersi l’orgasmo tenendosi la vulva; apre la porta e si trova davanti a me che, pistola spianata, lo aspetto deciso anche a sparargli se tenta di aggredirmi; è molto grosso, il macellaio, l’ho riconosciuto, ma io ho l’autorizzazione a girare armato per difesa e lui è uno sconosciuto, secondo la mia tesi, penetrato in casa, che ha legato mio padre alla sedia per fare violenza a mia madre.

“E tu chi diavolo sei?”

Domanda spaventato.

“Nando che ci fai qui? Attento … è mio figlio!”

Interviene mia madre.

“Oddio, l’avvocato?”

E’ in evidente imbarazzo, il maiale; sfila a fianco a me e fugge spaventato; slego mio padre mentre mia madre cerca di coprirsi, non si era mai fatta vedere da me nuda come in quel momento, e mi chiede balbettando di lasciarla andare a lavarsi.

“Forse puoi anche ripulirti dello sperma che hai accolto nel ventre con tanto piacere, ma di lavarti la coscienza dalla colpa, non t’illudere proprio!”

Accompagno mio padre in cucina; si offre di prepararmi un caffè; gli dico che non è il caso e accenno ad andarmene; sopraggiunge mia madre, in accappatoio, e mi apostrofa con rabbia.

“Come ti sei permesso di entrare in casa senza avvisare?”

“Signora, mi perdoni ma io ero di casa qui ed ho regolarmente la chiave; forse lei ignora che ero il padrone di casa, solo qualche anno fa …. “

“Lara, che diavolo dici; lui è padrone di entrare a casa sua come e quando vuole; dal momento poi che ci entrano certi personaggi a fare il proprio comodo, sei almeno ridicola … “

Mio padre è lapidario, lei ha il buonsenso di tacere.

“Perché mi chiami signora? Hai dimenticato che sono tua madre?”

“Una troia che copula come una vacca sotto un toro selvaggio e che fa il segno delle corna a mio padre non ha niente a che vedere con mia madre, donna morigerata e corretta con tutti.”

“E tu come saresti nato se non avessi copulato?”

“Mia madre, dopo la favola del cavolfiore, mi spiegò che ero nato da un gesto d’amore tra lei e mio padre; una troia che tratta suo marito da cornuto e che si fa montare come una vacca brada non ha neppure il diritto di chiamarsi madre; la prego, anzi, da questo momento, di non farsi scappare mai più quel sostantivo nei discorsi che eventualmente intervenissero tra di noi; io non intendo mai più dialogare con lei, se non in termini ufficiali e legali; forse chiederò se è possibile disconoscere la maternità di una prostituta qualsiasi che si spaccia per mia madre; non voglio mai più avere notizie di lei e delle sue colpe.”

“Avvocato, qui non siamo in tribunale; quello che ho fatto non è certamente da vantarsi; ma non è neppure da tribunale; ormai è da anni che l’adulterio non è reato penale.”

“Signora, vedo che è bene informata; però il suo comportamento non è definibile, se non si vuole incorrere in un reato; sappia anche che lei sarà moralmente colpevole di tutto quanto deriverà da questo che lei sembra considerare un errore e che invece io etichetto come colpa imperdonabile; gli errori si pagano e lei pagherà quest’errore per tutta la vita, mi creda.”

Non sa cosa rispondere, guardo mio padre e gli chiedo.

“Da quanto tempo va avanti questa storia? Perché non hai reagito?”

“Due anni fa Lara assaggiò un fallo che era più grosso del mio, commettendo il primo adulterio; poi ha continuato su questa strada e mi ha costretto a subire le angherie sue e dei suoi amanti, trasformando una leggerezza in colpa imperdonabile; non ce la faccio a ribellarmi perché la amo ancora, nonostante tutto, e non voglio perderla.”

“Due anni? Da quando ho aperto lo studio e mi sono trasferito! Brava, signora; tempismo e smodatezza; adesso lei ragiona con l’utero, non più con la testa; ma ride bene chi ride ultimo; e lei pagherà tutto, le umiliazioni e le mortificazioni a mio padre; la profanazione, con le sue sporche copule con stalloni sconosciuti, di un posto per me sacro, la camera dove sono nato; e l’offesa a me; anch’io, lo ricordi, sono cornuto come lui; ma io sono fatto della sua stessa pasta, signora; lei ha partorito la mostruosità che è in lei e l’ha trasmessa a me; si guardi dal mostro che sto per diventare; non avrò pietà e sarà difficile per lei sfuggire alla mia vendetta.”

“Ma vai al diavolo, cornuto tu e tuo padre; io faccio quello che voglio …!”

Stringo i denti e i pugni, respiro a fondo.

“Anch’io, signora, farò quello che voglio, quello che è giusto, ma soprattutto quello che lei merita.”

Me ne vado schifato da mia madre e giuro a me stesso che l’avrebbe pagata.

Passano sei mesi circa e per tutto il tempo non mi faccio vivo con i miei; né loro mi cercano; ma la macchina della vendetta è in moto, anche se io non lo so; e chi mi ha passato le notizie dell’agenzia, continua a fare il suo sporco lavoro.

Ho da tempo una bella storia con Stefania, una giovane avvocata, brunetta tutta pepe, assai ben carrozzata, intelligente e aperta, che ha intrecciato con me una relazione in cui sesso, amore e intelligenza se la giocano a rendere felici i nostri incontri; con lei parlo spesso e volentieri non solo del lavoro più pressante ma anche di tutto quello che ci può interessare; frequentiamo il teatro e il cinema, ceniamo spesso fuori, da soli o con amici, e copuliamo come conigli ogni volta che se ne presenta l’occasione.

Quella sera ma la sono portata a casa, dopo un’allegra cena con un’altra coppia, e siamo ai lunghi preliminari che segnano i nostri incontri; ci siamo baciati con enorme passione ed io ho cominciato a passare le mani, voluttuosamente, sul suo sedere a mandolino, bellissimo da guardare, meraviglioso da toccare, palpare, godere infinitamente; il sesso mi si è gonfiato nello slip fino a dolermi per la pressione; lei si offre a me con amore, spingendo il pube contro il mio e schiacciandomi sul petto i seni che quasi pungono, con i capezzoli ritti e duri.

Comincio a spogliarla e lei lo fa con me, baciandoci lussuriosamente su tutte le parti che a mano a mano scopriamo; io sono appassionato dei suoi seni, non grandi ma compatti, sodi e amorevolissimi; e mi soffermo libidinosamente a succhiare i capezzoli, registrando con gioia la sua eccitazione che cresce; le sollevo la gonna, sposto il tanga e le infilo un dito in vagina; geme e ulula fino a godere.

In quel momento squilla il mio telefonino; quando leggo sul display il nome di mia madre, ho un violento moto di stizza, interrompo la chiamata e spengo il telefonino; mi fiondo ancora più teso, non solo per l’eccitazione, sul corpo di Stefania e cerco di impossessarmene con tutte le mie facoltà; mi frena con dolcezza, mi chiede chi era; rispondo che non è importante e riprendiamo la nostra ‘battaglia’ d’amore.

Nei nostri preliminari, mi sono accorto che Stefania tende immediatamente a impossessarsi del mio sesso per dedicarsi a una fellazione che pratica con molta cura e sapienza, strappandomi orgasmi spesso incontrollabili al punto che alcune volte non sono riuscito a possederla in vagina come avrei voluto; non che mi deluda, perché il piacere che sa darmi è enorme; ma preferisco sempre titillarla io per primo, farla godere e semmai, dopo, penetrarla.

Quella sera decido che non le avrei dato tempo per applicarsi alla fellazione; la faccio sedere sul bordo del letto, la spingo supina sulle lenzuola e le sfilo insieme gonna e tanga; mi tuffo sulla vulva e aggancio immediatamente il clitoride; so che è molto sensibile alla manipolazione dell’organo; prendo a titillarla, succhiarla, mordicchiarla, strappandole urla continue di piacere intenso; sentendosi messa da parte, si solleva a sedere e mi trascina sul letto, sfilandomi insieme pantaloni, boxer e calzini.

Mentre sono immobile al centro del letto, quasi in croce, mi balza addosso con mossa felina e s’impossessa della verga che spinge in gola, al primo colpo, per dare il via alla sua fellazione preferita; la prendo per le anche e la giro per avere la vulva sul viso; non ama molto il sessantanove, perché dice, e ha ragione, che ci si perde tra i due piaceri, quello attivo del dare e quello passivo del ricevere.

Ci coordiniamo come sappiamo fare bene e, sostando quando l’altro succhia e insistendo quando tocca a noi, riusciamo ad avere un rapporto intenso, lunghissimo, punteggiato, per lei, da piccoli orgasmi continui; per me, da un’eccitazione crescente.

“Prendimi, voglio sentirti dentro!”

Mi sussurra quando si sente vicina a un grande orgasmo; non me lo faccio ripetere; m’inginocchio sul letto, dietro di lei carponi, la prendo da dietro, spingendo l’asta profondamente nell’utero, finché tocco la cervice e mi fermo perché il sesso è troppo invasivo per lei, spinge indietro il sedere e si penetra fino al dolore, incurante delle leggi della fisica.

La monto per un periodo che mi pare lunghissimo e mi fermo più volte, per rallentare la corsa dell’orgasmo, per farle assaporare il piacere fino in fondo, per dare a lei il tempo di coccolarsi l’orgasmo; le chiedo in un sussurro se gradisce, per esplodere nell’orgasmo, cambiare posizione; ne ricevo conferma e mi sfilo; la faccio girare e le monto sullo stomaco, con la verga piantata tra i seni, piccoli ma sodi; a cenni mi comunica che vuole lo sperma nell’utero.

La rassicuro e, dopo avere giocato un poco con le mammelle che uso per accarezzarmi l’asta, la penetro fino in fondo con forza; godiamo simultaneamente, cosa che spesso ci riesce ed è motivo di grande soddisfazione, oltre che d’immenso piacere; quando ho eiaculato, mi scanso per evitare di pesarle inutilmente addosso e mi stendo al suo fianco; subito dopo corre in bagno a lavarsi; quando torna sul letto, sono io ad andare in bagno per fare le mie cose; al ritorno, la trovo che manipola il mio telefonino, che ha riacceso; lo facciamo spesso, dopo l‘amore, per aggiornare le chiamate.

“Ti hanno chiamato due volte tua madre e una tuo padre.”

Mi annuncia perplessa.

“Stefy, non preoccuparti; appena avremo un momento opportuno, ti spiegherò tutto … “

Non può ribattere, perché la suoneria squilla e, dal display, vedo che è mio padre; temendo che mia madre, in quel modo, aggiri l’ostacolo del mio rifiuto a parlarle, rimango cauto e rispondo solo con un sì.

“Ciao, Nando, sono papà … “

Stefania si precipita a mettere il vivavoce; quando cerco di obiettare, m’impone il silenzio col dito; mio padre con voce esitante mi chiede se lo disturbavo.

“Per la verità, avevamo appena finito di fare l’amore; ma tu non mi disturbi mai; dimmi.”

“Io e tua madre vorremmo parlarti … ”

“Papà, ti prego, non parlo per parlare; quando ti riferisci a lei, dimmi ‘mia moglie’ oppure ‘la signora’ ma non usare più quel termine di cui tua moglie si è dimostrata assolutamente indegna; non è più tuo, il problema, è una questione tra me e lei; ha profanato la camera dove sono nato, ha calpestato la mia dignità; non può essere mia madre; lei non avrebbe nemmeno pensato quello che questa donnaccia ha fatto.”

“Io non ce la faccio a essere spietato come te; in quello hai preso da tua madre, non questa donna, tua madre che non era tenera quando si sentiva offesa; io non riesco a provare rancore a lungo; lei, da quando sei stato a casa, è tornata a essere la donna che amavo; tu cerchi vendetta, io preferisco il perdono; tu esigi l’intransigenza, io voglio dimenticare; dobbiamo parlarne; vuoi parlarne con me e con mia moglie, visto che così chiedi che la indico? Con me, soprattutto, prima che con lei?”

Stefania mi guarda spaventata e tace, perché i suoi commenti si sarebbero sentiti.

“Quando, dove, come?”

“Verresti a casa? Hai detto che sei con Stefania; io vorrei conoscere questa donna che sicuramente è degna di te; perché non me la porti a conoscere?”

“Perché nella casa profanata della mia fanciullezza non ci entrerò mai più, dopo che una troia l’ha insozzata in quel modo … “

“Mia moglie propone casa tua … “

“Pranzo e ceno fuori, sono in casa solo dopo cena; non puoi venire a parlarmi a mezzanotte … “

Attimi di silenzio, in cui si consulta con mia madre.

“Domani hai molti impegni?”

“Papà, per parlare con te, ma solo con te, mi libero anche tutto il giorno.”

“Ma ci sarà, ci deve essere anche mia moglie, sia chiaro; possiamo venire intorno alle undici al tuo studio?”

Stefania mi minaccia col pugno chiuso e mi accenna di si con la testa; confermo anche a lui; con un gesto assolutamente imprevedibile, Stefania spiazza entrambi e, approfittando del vivavoce, si rivolge direttamente a mio padre.

“Buonasera Nicola, sono Stefania; come sta?”

La voce di lui è chiaramente emozionata, quasi piange.

“Oddio, ragazza mia, conoscerti così, solo per telefono … è vero che vi volete bene? Pensate di vivere insieme, di sposarvi? Come vorrei conoscerti personalmente!”

“Papà, non correre, vivere insieme, sposarci; per ora stiamo benissimo insieme, se penso a quello che la signora Lara ti ha combinato dopo venticinque anni di matrimonio, mi passa la voglia anche della convivenza; è un ottimo insegnamento che la tua signora mi ha dato; mettilo nel carico, anche questo. In privato ti direi che amo questa donna perché è la persona giusta per me; dopo la vostra esperienza, ho paura anche dell’acqua fredda come quelli che si scottano con l’acqua calda.”

“Tua madre … non m’interrompere, me ne frego della tua rabbia, io so che è tua madre come so che sono tuo padre; lei ha commesso molti errori e molto gravi, anche; ma io ho conosciuto una donna meravigliosa, che mi ha dato un figlio di cui sono più che orgoglioso; dopo la terribile lezione che s’è presa da te, ha cambiato di nuovo rotta; all’improvviso è tornata a essere la donna che amavo, che amo e che voglio amare.

Tua madre sarà con me; so già, senza che tu me lo dica, che sarà un discorso difficile e doloroso, ma non puoi più nasconderti e dovete parlare, dobbiamo parlare, tutti e tre; per favore, convinciti che è giusto parlare di quello che è successo e di quello che sta succedendo; convincitene per me, per favore, non per mia moglie; ho bisogno anch’io di chiarezza.”

“Ma di che parli papà?”

“Davvero non sai niente?”

“Papà, non approfittare della mia pazienza. Che cosa dovrei sapere?”

“Li stanno massacrando, uno a uno?”

“Papà, soggetto, predicato e complemento. Chi sta massacrando chi?”

“Gli uomini che … uffa … quelli che mi hanno umiliato … gli amanti di tua madre … ed anche le loro famiglie innocenti … “

“Chi lo sta facendo?”

“Non si sa; tua ma … mia moglie dice che il mandante sei tu … “

“Di’ a questa st … upida che se afferma questa cosa in pubblico, la denuncio per diffamazione; forse ho ereditato la sua mostruosità, ma non in tutto e sicuramente una buona dose della tua dignità la conservo. Stia attenta a quello che dice … “

“Nando, possiamo parlarne con calma domani?”

“Con quello che mi dici, calma non potrà essere presente, avrà da fare con qualche troia che la mette all’angolo … “

“No, parleremo serenamente e chiariremo … Io lo so che non c’entri, ma forse riuscirai tu a capire che sta succedendo.“

“Questo forse sì, ho già una qualche idea. Però di’ a tua moglie che la colpa di questi eventi è sua come tutto il resto; ed io l’avevo avvertita; e sarà ancora colpa sua se le cose peggioreranno, anche per me.”

“Per te? Perché?”

“Papà, ti prego; ne parliamo domani, per telefono non è il caso. Buonanotte.”

“Buonanotte a te e anche a Stefania; vi saluta la tua mamma, anche se ti da fastidio; e dice che ti vuole bene come sempre.”

Ho appena riattaccato che devo fare i conti con la mia ragazza.

“Senti, amore, prima che tu mi sommerga di domande, siediti e ascolta; molti mesi fa, sei forse, l’agenzia ‘La lince’ mi consegnò un dossier che dimostrava il libertinaggio estremo a cui si era dedicata mia madre con numerosi amanti con i quali copulava a casa sua, nel suo letto, obbligando mio padre ad assistere; non ci fu verso di farmi dire chi avesse commissionato l’indagine.”

“Pensi sia stato don Pasquale, il mammasantissima che hai tirato per i capelli fuori dai guai?”

“Sì, ha certamente creduto di farmi un favore denunciando la perversione di mia madre; andai a casa e la trovai in pieno congresso carnale col suo macellaio; mio padre era legato a una poltrona e obbligato a guardarli; se ti piacciono le scene forti, ho fatto un video da usare se chiederò il disconoscimento di maternità; ma non ho nessuna certezza di farlo.”

“Stai vaneggiando; ‘mater semper certa’ è un principio assoluto; lo spermatozoo devi riconoscerlo dal DNA, l’ovulo è quello e basta; è sempre madre anche se non ti piace, perché batte su un marciapiede. Continua; che hai fatto?”

“Niente, ho detto forse qualche parola forte, nessuna parolaccia, ho proibito a mia madre di chiamarmi figlio ed ho sepolto tutto sotto un tappeto; dopo sei mesi, come hai sentito, tutto ritorna a galla ed ho una paura fottuta.”

“Che paura?”

“Hai sentito che è in atto una vendetta, di cui mia madre, che è più spietata di me, ma anche più perfida, sospetta che io sia il mandante. In ogni caso, è una faccenda assai brutta.”

“Credi che ci sia lo zampino di don Pasquale?”

“Ne sono quasi certo; solo lui può mandare una squadra punitiva a fare del male a intere famiglie; se il male ‘alle innocenti’ come ha detto mio padre è quello che penso io, allora avrò la certezza che è opera sua.”

“In questo caso, che succede?”

“Semplice; il dato assodato è che mi trovo, mio malgrado, debitore di un favore che il mammasantissima crede di avermi fatto, perché ha vendicato l’offesa delle corna che, nel loro criterio di valutazione, è il peggiore oltraggio che si possa arrecare a un uomo d’onore.

Se attribuisco la cosa a lui e per caso non è vero, lo offendo; se dovesse essere come io credo, mi trovo a essere il ‘giustiziere’ senza averlo voluto e avrei sulla coscienza famiglie distrutte, specialmente se don Pasquale ha deciso di far pagare a tutti anche il pizzo, in una zona che finora era esente; qualche danno accessorio vedrai che salterà fuori.

Quello che è peggio, è che domani mia madre verrà ad accusarmi del massacro dei suoi amanti e non riesce a vedere che è stato il suo comportamento a scatenare l’ira di dio … “

“Beh questo però devi farglielo capire; se non lo intende, è proprio una st … upida.”

“No, è l’espressione che hai pensato, non quella che hai detto?”

“Adesso che pensi di fare?”

“Io andrei a dormire. Vieni?”

“Prima però … non hai bisogno di scaricarti? Io sì … “

“Lo davo per scontato; sono troppo teso … “

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