Cantautore

Capitolo 1 - Cantautore 1

geniodirazza
a month ago

Cantautore 1

Quando, poco più che maggiorenne, Chiara ‘sbarcò’ nel capoluogo per seguire il corso di laurea in Lettere, si rese conto immediatamente che si era addentrata in un mondo vagheggiato ma mai neppure intravisto; la totale indipendenza dal rigore educativo dei suoi genitori scatenò un desiderio di libertà che si distese fino al libertinaggio; scoprì che per nessuna delle ragazze la verginità era un valore e che tutte l’avevano data via.

Cominciò la fase ‘avventurosa’ della sua esistenza, quella in cui imparò a gestire il suo tempo e il corpo; l’alloggio nella Casa dello studente le consentiva di muoversi con una certa libertà e, adottando particolari cautele, di ricevere in camera, anche per la notte, gli amici con cui si dilettava amenamente a fare sesso; per un periodo abbastanza lungo, si limitò alle pratiche  già sperimentate al liceo, mani, bocca, seno e didietro; per un poco, preservò la vagina.

Al primo incontro con Antonio, laureando in Legge due anni avanti a lei, si rese conto che non ce l’avrebbe fatta a resistere e che per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa; era decisamente uno dei più bei ragazzi che avesse mai conosciuto e certamente il più corteggiato nell’ambiente da lei frequentato; quando la agganciò per dirigersi ai bagni, capì che era arrivato il suo momento e non si tirò indietro.

Non le piaceva l’idea che a sverginarla fosse un ragazzo meraviglioso ma in uno squallido bagno, in una copula veloce; gli propose di andare da lei; lui accettò senza esitare; in pochi minuti arrivarono alla casa dello studente; con gli espedienti in cui era diventata maestra, lo fece entrare clandestinamente e si rifugiarono nella sua camera; lei aveva già deciso che quel maschio sarebbe stato suo e lui scoppiava dalla felicità all’idea di una nuova conquista particolarmente interessante.

Chiusa la porta dietro le spalle, lei lo travolse in un bacio appassionato che lui ricambiò con molto trasporto; le sfilò il maglioncino e sganciò il reggiseno; la quarta taglia di lei esplose davanti al suo sguardo ammirato; si gettò come affamato sui capezzoli e prese a succhiarli come un neonato goloso all’ora della poppata; lei si sentì l’anima scorrere dai seni e dalla vagina; sapeva che quel giorno sarebbe stato il più importante della sua vita.

Se ne stette ferma, in piedi, a lasciarsi succhiare il seno; mentre la mano di lui entrava sotto la gonna e arrivava a prendere a palma larga la vulva, due dita partirono quasi autonomamente a titillare il clitoride; temendo di essere sverginata con le dita, gli suggerì sussurrando di non insistere perché rischiava di deflorarla con le mani; lui si bloccò sorpreso, che per lei fosse la primissima volta che faceva sesso in maniera completa.

Sistemò meglio le dita nella masturbazione e la titillò con passione e con foga; Chiara si sentì scuotere, violentare e spaccare tutta, quando esplose nell’orgasmo più bello che ricordasse; senza dubbio era il fascino della prima volta che contribuiva a rendere unico quell’amplesso; ma il perché la interessava poco; l’importante era provare finalmente l’emozione di darsi completamente a un uomo.

Antonio sganciò la gonna e la fece scivolare lungo le gambe fino alle caviglie; lei la scalciò lontano; lui la spinse supina sul letto e le sfilò delicatamente il collant e lo slip; Chiara fu davanti a lui nella sua splendida nudità; il maschio la rimirava incantato e quasi non riusciva a credere che gli fosse toccata la fortuna di ‘battezzare’ alla sessualità una donna bella come lei; la accarezzò a lungo su tutto il corpo, forse anche un tantino innamorato.

Si spogliò rapidamente, salì sul letto e si perse a baciare quel corpo statuario, soffermandosi con gusto sui capezzoli che succhiò a lungo e lussuriosamente; scese poi sulla vulva e leccò a lungo le grandi e le piccole labbra che si aprirono ad esibire il clitoride duro e ritto come un piccolo fallo; lo prese tra le labbra, prima, e tra i denti, poi, scatenandole piaceri infiniti segnalati da gemiti appassionati; quando la sentì languida e cedevole, le montò addosso e si preparò a violarla.

Chiara aveva già praticato la copula in vari modi, esclusa la penetrazione in vagina; non ebbe difficoltà, quindi, a prendere in mano l’asta e a guidarla lei stessa; quando lui, con una spinta secca, le violò l’imene, lei avvertì solo una leggera fitta, quasi una puntura un poco più forte, poi le si scatenò il terremoto nella testa, con luci straordinarie che si accendevano e si spegnevano in un nero assoluto, suoni dolcissimi che le cantavano l’imeneo più dolce.

Non fu delicato, Antonio, e la cavalcò al massimo della potenza; Chiara godette molto e nacque in quel momento il suo gusto prevalente per la copula selvaggia e dura, il piacere della mazza che le sbatteva contro l’utero; con una rapidità finanche eccessiva, lui esaurì il suo amplesso e le versò in vagina un fiume di sperma; lei, quando se ne rese conto, gli urlò diverse maledizioni perché non voleva rischiare una precoce maternità.

Ma lui la rasserenò; la prima volta è assai poco probabile che ci sia un’inseminazione per le tensioni forti che accompagnano la copula; comunque, il giorno dopo avrebbe preso la pillola adatta; avrebbe fatto meglio, se voleva continuare a copulare normalmente, a farsi prescrivere la pillola al consultorio; superato lo scoglio della ‘distrazione’, tutto procedette per il meglio e si dilettarono nelle copule più varie, di cui lei aveva già buona esperienza.

Passarono allegramente i primi due anni di corso; i risultati scolastici erano zoppicanti, ma nessuno recriminava o ci faceva caso; invece, i rapporti a letto diventarono sempre più intensi e soddisfacenti; la ‘mazzata’ arrivò quando lui, dopo la laurea, evaporò letteralmente; da vaghe informazioni di corridoio, seppe che era stato accettato da un famoso studio legale del capoluogo, aveva superato l’esame di Stato ed era stato associato nello stesso studio, avviando una brillante carriera.

Si era specializzato nelle cause di separazione e di divorzio, specialmente tra personaggi in vista della città; ma soprattutto aveva formalizzato il rapporto che da tempo aveva con una collega, anche lei laureata in Legge e associata ad un altro importante studio legale, anche lei con specializzazione nelle cause di separazione e di divorzio; quel che le fece più male fu la presa di coscienza dell’inganno prolungato di lui, da tempo promesso sposo alla ragazza di buona famiglia.

Chiara si rimboccò le maniche, impose uno stop al libertinaggio e si dedicò totalmente allo studio; recuperò gli esami arretrati e nei quattro anni si laureò brillantemente; tornata alla cittadina di origine, strinse amicizia con Mario, giovane professore di letteratura al liceo dove aveva studiato, e con lui valutò le prospettive di lavoro; escluse quasi immediatamente la via crucis delle supplenze temporanee nell’insegnamento e accettò un lavoro nella libreria più antica e prestigiosa della città.

A quel tempo, era condotta da due anziani coniugi appassionati di libri, di letteratura e di poesia che in breve le trasmisero l’amore per la carta stampata; non avrebbe avuto molte prospettive, il locale, per la nascita repentina di grandi centri commerciali che soffocavano le piccole botteghe e per l’avanzare degli e-book che soppiantavano il libro cartaceo; ma intervenne la storia d’amore che contemporaneamente aveva avviato con Mario.

Passando dal ruolo di amico fidato e consigliere a quello più intrigante di innamorato fedele, il giovane professore rivelò un talento innato nel progettare e realizzare manifestazioni culturali in grado di catturare l’interesse di un pubblico soprattutto giovane; le conversazioni con gli autori, le presentazioni di volumi di nuova edizione, gli incontri di poesia con autori di buone speranze animarono la vita della libreria e ne fecero un centro di cultura assai valido.

Contribuiva anche il naturale talento di Chiara nell’organizzazione materiale degli eventi; si resero conto in breve di essere una coppia formidabile; lui presentava idee e progetti, lei li faceva diventare iniziative, performance, kermesse; la frequenza di visitatori nelle sale divenne notevole; gli anziani proprietari ben presto non ressero al nuovo ritmo e misero in vendita la libreria.

Chiara sprofondò nella disperazione più nera; con la vendita, perdeva un lavoro che era diventato la sua ragione di vita ed anche una sorta di legame assai profondo con Mario; lui non si perse d’animo; le propose di rilevare l’attività e farla diventare la piattaforma di una convivenza armoniosa e felice; la necessità che si sposassero, prima di procedere alla concreta realizzazione, nacque dalle famiglie, dalle esigenze della banca, dalla loro voglia.

Fissarono per l’autunno il matrimonio e intanto, utilizzando i risparmi dei consuoceri, quelli di lui e il mutuo che la banca concesse, rilevarono la libreria e cominciarono ad organizzare serate con concerti da camera, letture poetiche, esibizioni di giovani cantautori dai testi assai impegnati, partecipazione ad eventi nazionali di grande rilevanza; in pochi mesi riuscirono a mietere tanti successi da potersi assicurare una serena vita dell’attività.

In una serata d’onore di particolare risonanza, con la crema della società della provincia, Chiara si trovò improvvisamente di fronte ad Antonio, il suo primo grande amore; il cuore le balzò in gola; l’entusiasmo per il successo della serata, qualche brindisi in più, l’emozione di ritrovarsi la spinsero tra le braccia di lui e la ripiombarono nell’atmosfera di sensualità aggressiva e violenta a cui era stata abituata; chiudendo le porte a fine festeggiamento, se lo trovò a fianco e salì in macchina con lui.

Avvisò il promesso sposo che passava la notte da una imprecisata amica e indirizzò lui ad un motel poco fuori città, dove sapeva che facevano pochi problemi all’assegnazione di una camera; ritrovarsi di nuovo di fronte al corpo nudo dell’uomo che l’aveva svezzata al sesso le provocò un’emozione che nemmeno lei si sarebbe aspettata; in fondo, lui le era rimasto ‘impigliato’ fra le cosce, non certamente nel cuore.

Ma la memoria delle copule stratosferiche di cui lui era capace le tornò appena chiusa la porta; si trovò catturata in un bacio celestiale mentre le mani di lui vagavano su tutto il corpo; istintivamente recuperò il senso dei loro amplessi e ricambiò, intrecciando il gioco di lingue per avere il massimo dell’eccitazione; sculettò per avere il fallo, che era diventato durissimo, direttamente contro la vulva che versò decilitri di umori di orgasmo.

Si rese conto che quella violenza era il parametro del suo piacere e si abbandonò a lui con lussuria; Antonio non perse tempo; anche lui aveva ritrovato con lei il piacere delle copule che lo avevano deliziato quando frequentavano l’università; la spinse verso il letto, ve la fece cadere supina e le piombò addosso; non cercò neppure di toglierle il leggero vestito che a malapena la copriva dalle spalle al pube, spostò di lato il perizoma, martellò il clitoride con le dita, sfilò il sesso dal pantalone e lo spinse in vagina.

Mario non aveva un sesso più piccolo; ma il garbo con cui la preparava a lungo, con fellazioni, cunnilinguo, baci, leccate e succhiate su tutti i punti erogeni, prima di penetrarla, le davano la sensazione che ogni copula fosse una carezza di piumino, anche se di diciotto centimetri e decisamente duro; non aveva mai avuto, nei mesi in cui avevano fatto l’amore, un gesto meno che delicato, carezze meno che lievi.

Invece quest’uomo la mandava ai pazzi forse proprio perché si preoccupava poco per lei e le offriva momenti di piacere enorme perché mirava unicamente a godere; le derivazioni dalla poesia e i dolci messaggi mentre copulavano non appartenevano al suo patrimonio; Chiara era entusiasta di ambedue i modi di rapportarsi del maschio e si perse nel piacere tutto fisico dell’amplesso violento fine a se stesso; rifletté che forse preferiva la violenza fisica a quella mentale del fidanzato.

Lo avvertì che non era protetta e che era sicuramente nel periodo fertile; quando capì che stava per eiaculare, lo spinse via e si fiondò sull’asta raccogliendo nella bocca lo sperma che lui spruzzò a lungo e con violenza; anche il sapore della mascolinità di Antonio era più intenso, più corposo, più carico, di quello di Mario e godette molto anche di questo particolare che la riportava indietro, agli anni più belli della sua esperienza.

Quando si fu ripreso dall’emozione di quel primo orgasmo, il suo amante si alzò da lei, scese dal letto e si spogliò; mentre anche lei si liberava dei vestiti, Chiara ammirava quasi con orgoglio il corpo di lui assai tonico e muscoloso, da uomo vero che concedeva assai poco alle debolezze del romanticismo; come antidoto alla sua quotidianità di letteratura, poesia e musica, con un promesso sposo tutto versi e delicatezze, le stava benissimo; o almeno attenuava il senso di colpa.

Come negli antichi incontri di sesso, lo fece stare in piedi davanti a lei seduta sul bordo del letto; afferrò il sesso a due mani, una per manipolare l’asta ritta lungo il ventre e l’altra per raccogliere i testicoli che ricordava grossi come pesche e morbidi altrettanto; con poche manate lo riportò alla massima durezza; mentre guardava di sottecchi le smorfie di piacere dell’altro e godeva intimamente per esserne l’autrice, accostò la bocca al meato e raccolse la goccia di preorgasmo che spuntava.

Il sapore acidulo del liquido le confermò il piacere che provava un tempo e che le esplose vivo ed immediato, ricordandole le lunghe eiaculazioni in bocca bevute con gioia; massaggiando con delicatezza i testicoli, aprì di pochissimo le labbra, vi appoggiò la punta e si fece penetrare lentamente e cautamente il sesso in bocca; con la lingua, carezzava la cappella e la spingeva contro il palato per agevolare la copula contro le gote e contro l’ugola.

Antonio le prese le tempie tra le mani e spinse con forza il ventre; cominciò per lei quella fase temuta e amata della fellazione in cui l’amante spingeva il fallo fin otre il velopendulo, nell’esofago; usò una mano per trattenere ferma l’asta fuori dalle labbra e fermare la penetrazione al limite del soffocamento; usò l’altra per infilarsi due dita in vagina ed accompagnare la copula in bocca con una saporita masturbazione; il clitoride reagiva con spasmi, fitte e brividi.

Il maschio non aveva nessuna intenzione di concludere in bocca; aveva eiaculato da poco e voleva sollazzarsi a lungo con lei, prima di esplodere nell’orgasmo più intenso che avesse mai avuto; usò la presa sul viso per dare ritmo e ampiezza alla fellazione, spingendo il fallo fino al soffocamento e ai conati, in un gioco di vai e vieni contro il palato e l’ugola per stimolare la punta sensibile.

La possedette a lungo in bocca e sul volto, tirando spesso fuori il fallo per passarglielo su tutto il viso, picchiare con violenza sulla bocca e sugli occhi per farle sentire la consistenza della mazza, spingendo in fondo alla gola con brutale violenza, alla ricerca di emozioni nuove e diverse in una copula orale di cui si era già ampiamente saziato negli anni precedenti; lei godeva anche di quella violenza e trattava l’asta con tutto il garbo di cui era capace per sentirla dura ed eccitata.

Quando ritenne di averne abbastanza, lui fermò il ‘gioco’ per non rischiare un orgasmo involontario; la fece salire carponi sul letto, tirò a se i fianchi e leccò a lungo ano, vulva e perineo; Chiara si perse nel piacere che le dava la lingua che scivolava a spatola su tutto il sesso; le grandi labbra si spalancavano a lasciarsi lambire dalla lingua umida e insalivata; le piccole labbra si schiudevano a scoprire il clitoride gonfio di voglia e rorido di umori; gli orgasmi si susseguivano senza sosta.

Quando la sentì rilassata al massimo, si alzò dietro di lei, aggiustò il corpo all’altezza del fallo e spinse con forza la mazza nella vagina; la botta contro l’utero colse lei quasi di sorpresa, ma godette molto e il gemito fu di piacere; subito dopo avvertì che lui tirava fuori la mazza e spostava la cappella verso l’ano; avrebbe voluto dirgli di lubrificare, ma sapeva che il gusto massimo di lui era sfondarle il retto; gli orgasmi e la lingua avevano ben lubrificato tutto; la mazza entrò violenta, ma fu solo piacere.

La copula anale fu lunga e goduta meravigliosamente da tutti e due; Chiara si aspettava un orgasmo violento nell’ano, come sapeva che amava fare il suo amante; ma lui si trattenne con molta energia e copulò assai a lungo; dopo averla posseduta da dietro, la fece girare sulla schiena e rimise il fallo nel retto standole di fronte; lei godette intensamente, anche perché da quella posizione poteva ammirare il maschio che la dominava ed anche, in parte, il movimento del fallo che entrava ed usciva dall’ano.

Dopo una spossante copula da quella posizione, la sdraiò sul letto, su un un lato, e continuò la penetrazione anale, tenendo sollevata la gamba libera; prima su un lato, poi sull’altro, la possedette per un tempo lunghissimo; si fermarono ansanti e stanchi della lunga performance; mentre stavano distesi supini, fianco a fianco, lui si spostò con la testa verso la vulva e le passò il corpo addosso, col sesso all’altezza della bocca.

Chiara si illanguidì in un dolcissimo sessantanove in cui teneva lei il ritmo alternando le fellazioni con i cunnilinguo per non accavallare i due momenti e ridurne il piacere; si leccarono, si succhiarono, si mordicchiarono libidinosamente i sessi per un tempo infinito; poi lui la fece stendere supina, le salì seduto sullo stomaco, appoggiò la mazza tra le mammelle e portò le mani di lei a stringere i globi mentre lui praticava il coito tra i seni; poiché l’asta arrivava al mento, lei ci aggiunse un fellazione finale.

Lei aveva avvertito il fidanzato che si tratteneva fuori per la notte; non si preoccuparono quindi di limitare le copule e andarono avanti fino al giorno possedendosi in tutti i modi possibili e immaginabili; a notte fonda, lui esplose una seconda volta con una cavalcata epica nell’intestino ed una eiaculazione nel retto; Chiara godeva molto più del piacere che lui manifestava che dei suoi orgasmi, di cui perse il conto.

Alle prime luci dell’alba, decisero di porre fine alla kermesse; poiché lei doveva aprire la libreria ed aveva dormicchiato solo poche ore; decise di lavarsi alla meno peggio e di tornare a casa per mettersi in ordine; prima che andasse in bagno, per desiderio evidente di ambedue, lui la volle possedere un’ultima volta, a missionaria; lei si stese supina, sollevò e divaricò le ginocchia; lui si adagiò su di lei, accostò il fallo e spinse; Chiara gli girò le gambe intorno alla vita e spinse coi piedi sulle natiche.

Non durò molto a lungo, la monta, anche perché lui era al limite ultimo di resistenza; dopo una ventina di colpi possenti contro l’inguine, le sparò nell’utero un’eiaculazione possente e ricca; lei si perse nell’orgasmo più bello che avesse mai realizzato, uno di quelli che i francesi definiscono ‘piccola morte’; quando si risvegliò dal languore dell’orgasmo, però, le apparve nuda la verità che lui aveva goduto nell’utero, nonostante l’avesse avvertito che era pericoloso.

Lo aggredì con improperi, parolacce e volgarità; era letteralmente disperata perché dai suoi calcoli era al massimo della fertilità; lui si difese affermando che non copulava né con l’amore né col buonsenso, ma col fallo; questi aveva ricevuto delle stimolazioni ed aveva eiaculato senza problemi; comunque, visto che parlava di matrimonio, non le restava che fare l’amore col fidanzato e fare in modo che fosse lui a concludere in vagina; bastava usare un preservativo bucato.

Non le riusciva nemmeno di incavolarsi; aveva sfidato lei il buonsenso, andando a letto con un caprone che conosceva bene; anche se le ripugnava ricorrere a un espediente tanto squallido, non poteva mettere a rischio il matrimonio e il lavoro che stavano svolgendo in due per un errore di valutazione; tanto valeva cogliere il suggerimento; la paternità del nascituro, Mario se la sarebbe conquistata con la cura e l’affetto di cui era certamente capace.

Per tamponare la possibile conseguenza, avrebbe voluto fare immediatamente sesso col fidanzato, ma lui era già in frenesia perché doveva partire per una gita con la scuola e sarebbe stato via una settimana; rimediò come aveva suggerito Antonio e il ritardo del ciclo le impose di affrettare i tempi del matrimonio, perché nascesse coi crismi della legittimità il frutto di una follia d’amore; Mario attribuì alle scadenze amministrative la pressione ed accettò di sposarla nel giro di qualche settimana.

I sospetti che si addensavano nella testa del marito non turbavano l’incosciente serenità di Chiara che gli si concedeva con la disinvoltura che avevano da tempo sperimentato; riuscì a rappresentare benissimo il ruolo della moglie innamorata e fedele; ogni tanto, saltuariamente, incontrava il suo amante e passava con lui ore meravigliose di sesso violento; la molla che la spingeva sotto lo stallone che la montava era un rancore sordo che stava maturando contro suo marito, da cui dipendeva per progettare.

Agli altri, appariva grande protagonista degli eventi; e lo era, perché titolare della libreria; ma sapeva perfettamente che era lui a tessere le trame, a tenere le fila, a suggerire e ad intervenire per correggere gli errori che lei inevitabilmente commetteva; non aveva dubbi sul suo amore sconfinato per l’uomo che aveva indirizzato la sua vita; ma non riusciva ad accettare fino in fondo le debolezze che rivelava solo a lui; si sentiva ancella del suo potere soprattutto culturale e lo colpiva dove poteva.

Sapeva che tutti i giovani che frequentavano i locali e le manifestazioni della libreria erano in qualche modo legati al ‘prof’ e al carisma di cui era vittima lei stessa; lo adorava perché ne ammirava la grandezza nell’ideare, nel proporre, nell’affabulare, nel trascinare; ma avrebbe voluto essere sola a decidere; ogni volta che commetteva un errore, sapeva che lui non la giudicava ma si sentiva incapace, si odiava e scaricava su di lui l’odio, trasformandolo in adulterio offensivo.

Gli anni scivolarono pigri, tra una serata di gala e un pomeriggio di corna, tra un amore conclamato e il rancore sotterraneo; era nata Laura, in largo anticipo sulle previsioni, quasi un mese; Mario per un attimo era stato attraversato dal sospetto di non essere stato lui a fecondare sua moglie perché proprio non ricordava di avere fatto sesso non protetto prima della cerimonia di nozze; ma la sicumera di lei lo inchiodava e, soprattutto, amava quella figlia come nient’altro al mondo.

Si occupò della bambina sin dal primo vagito; la presenza in libreria teneva sua moglie lontana da casa per l’intera giornata; lui, con l’orario scolastico, aveva i pomeriggi da dedicare allo studio, alle correzioni, ai colloqui con gli studenti; ma preferiva cambiare pannolini e preparare pappe, sorvegliare il sonno e giocare con la sua bambina; era felice che Chiara potesse dedicarsi al lavoro, in cui sapeva che c’ era anche tanto di suo; non si curava dei pomeriggi che sua moglie trascorreva fuori casa, senza motivo.

La ragazza aveva compiuto sedici anni e studiava nel liceo dove suo padre insegnava; anche lei era stata rapita dal fascino del ‘prof’ che faceva amare immensamente la poesia; partecipava agli incontri che suo padre ed un’altra professoressa tenevano con i ragazzi; ammirava quelli che, usciti dal liceo, avevano mantenuto vivi i rapporti ed erano dei cantautori che, come insegnava Mario, applicavano al meglio il concetto di ‘carme’ come musica, come facevano i latini fino a Dante e oltre.

La notizia scoppiò come un’atomica nel centro della cittadina; un sito di gossip pubblicò le ‘avventure in rosa’ di una scuola, segnalando tutti i casi di rapporti tra professori, studenti e personale nel liceo dove Mario insegnava, con nomi, date e documenti; tra le altre, era segnalata un’occasione in cui tra lui e Sabrina, la collega che con lui lavorava con gli studenti, era scattata una scintilla, dopo una splendida performance poetica; avevano fatto l’amore in macchina, sulla via di casa.

Non si poteva negare quello che era vero e documentato; Sabrina affrontò la questione con suo marito, apertamente, lealmente e con chiarezza; lui, dopo un primo attimo di sbandamento, si rese conto di mettere in gioco, su un episodio in fondo marginale, una vita di armonia familiare con due figli bellissimi e coinvolti nello stesso entusiasmo per la poesia che aveva condizionato la madre; decisero che l’episodio si poteva dimenticare, con la promessa di una lealtà convinta, in futuro.

Chiara non fu dello stesso avviso; il giorno che la notizia esplose, al marito che era passato con Laura dal negozio per pranzare insieme, impose categoricamente e autorevolmente di non mettere mai più piede nella sua casa; si sentiva umiliata e non voleva più saperne di un individuo falso e spergiuro; la figlia cercò di intervenire a placare le ire materne; con il peggiore malgarbo e qualche frase volgare la mise a tacere e la pregò, se proprio voleva, di frequentare il padre solo a scuola.

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