I diari di Liliana

Capitolo 4 - I diari di Liliana 4

geniodirazza
4 days ago

Ormai sono diventati stressanti certi viaggi, nonostante la comodità del volo e la precisione degli scali, forse perché l’età ormai incalza o forse perché, più realisticamente, le motivazioni a cercare la calma della casa e dello studio sono molto più autentiche ed importanti di quelle che mi hanno spinto, per qualche anno, a rincorrere la fama e la ricchezza; di soldi, non ne ho mai avuto bisogno; per la notorietà, mi sarebbe bastata anche quella locale, nonostante le mie ambizioni.

L’idea di un bibita da bere nella poltrona preferita, accanto a mio marito finalmente meno aggressivo ed esuberante, ed a mio figlio che adesso sgambetta felice con l’argento vivo ereditato sicuramente da suo padre, alimenta il sogno che mi accompagna per tutta la trasvolata; inesorabilmente, la fantasia mi riporta a quando, allo sbarco, trovavo ad aspettarmi Ermes col suo amore incontaminato; adesso vorrei trovare ad attendermi Giancarlo costretto a cambiare atteggiamento dalla lettura dei diari.

Il sogno si avvera come per miracolo e, all’uscita dagli arrivi, lo trovo là ansioso che scruta i passeggeri che escono; mi trattengo a malapena dal saltargli addosso felice; mi allunga le mani e lo abbraccio, con amore; mi bacia appassionatamene e so che buona parte dell’utopia sta diventando possibile; la sensazione si fa più viva e netta quando, presa l’auto al parcheggio, lo vedo avviarsi in direzione opposta a quella per la città; lo guardo meravigliata e, letta la sorpresa sul mio viso, mi chiede.

“Preferisci andare a casa? Io pensavo che la prima cosa che volessi fare fosse vedere nostro figlio!”

“Sei diretto a Lugano?”

“Non è lì che abita?”

“Sì, abita lì, MIO figlio.”

“Lo so che è figlio tuo; ma tu sei mia moglie e forse dovresti concedermi di essere anche padre di tuo figlio; quindi è nostro figlio.”

“Ma se neppure lo conosci!”

“Per questo, ci andiamo insieme; me lo presenti, vediamo se gli vado a genio e poi decidi se come e quando farlo riconoscere come mio figlio …. “

“Intendi dire che accetteresti di essere il padre legittimo anche se non fosse tuo?”

“E’ tuo; ti amo; forse mi ami anche tu; sei mia moglie; è così irregolare chiederti che sia anche mio figlio?”

“Non fa una grinza; è vero che ti amo; sono e intendo restare per sempre tua moglie; appena a casa, faremo le pratiche per il riconoscimento ufficiale, a condizione che non mi chieda mai il nome del padre naturale.”

“Sai, non ho avuto il tempo materiale per andarmi a rileggere il tuo diario; ma sono certo di aver letto che non è di Ermes e che per un poco hai sospettato che potrebbe essere mio; mi lasci almeno questo margine?”

“Un figlio è tale per l’amore, per la cura, per la dedizione, non per uno spermatozoo più forte di altri; se vorrai sentirlo ed avere come figlio, sai bene che dovrai seguire altri percorsi … “

“So bene che chi è ritenuto bugiardo non viene creduto anche se dice la verità; ma ti ho già detto che solo l’idea del figlio mi ha cambiato dentro; non sto accompagnando mia moglie da suo figlio, sto andando io ad incontrarlo per farmi perdonare di averli trascurati; e questa non è esuberanza maschilista, è desiderio di paternità.”

“Bene, mettiamoci alla prova. Più avanti c’è una trattoria modesta e intima; mi ci fermavo ogni volta che andavo a Lugano con il falso marito e finto padre; te la senti di fermarti a mangiare ed essere innamorati come ho fatto spesso, per transfert?”

“Cioè, amavi me attraverso di lui?”

“Per una buona metà e forse più; amavo in lui quello che non riuscivo ad ottenere da te.”

E’ scosso, mio marito; si ferma, comunque e, ironia della sorte, va a parcheggiare all’ombra, come spesso faceva Ermes; addirittura, prima che apra lo sportello, mi abbraccia e mi bacia con l’amore che non gli ricordavo più da tempo; è esattamente il gesto che faceva il mio principe azzurro; sono forse più sconvolta di lui e gli prendo la mano, da ragazzini; mangiamo una bistecca veloce e non beviamo vino, perché lui deve guidare.

“Giancarlo, come faccio a dirti che ti amo tanto da odiarti? Dovevi esserci quando andavo al controllo per il parto; ma sono felicissima che sei qui e che sei così come ti sogno spesso.”

“Io non provo né odio né rancore; forse un senso di colpa; ma sto aspettando che l’incontro con Francesco cancelli i miei dubbi; ho paura di trovarmi ad amarlo più di mia moglie.”

“Tutto l’amore che saprai dare a lui l’avrai dato anche a me, stupido; siamo una sola cosa … “

“E voglio essere anch’io una sola cosa con voi.”

L’incontro tra padre e figlio si risolve assai meglio di quanto mi aspettassi; più volte mi accorgo che l’identità caratteriale è forte, forse per un fatto cromosomico; Giancarlo ne è sorpreso ma sa nasconderlo; poiché il bimbo è la prima volta che fa un lungo viaggio in auto, siamo costretti a sostare sulla prima area che incontriamo e comprare il seggiolino prescritto alla legge; il padre non ancora riconosciuto comincia a viziare il figlio fino a quel momento sconosciuto comprando tutto quel che chiede.

Non tengono in nessun conto le mie rimostranze; capisco che si preparano momenti impegnativi, per me, con due padroni alleati a fare a modo loro; a stento riesco a frenare mio marito dal saccheggio di un negozio di mobili per la ‘stanza del figlio’; ci pensa lui, coi colori che gli ha comprato, a decorarne le pareti col divieto assoluto di usarli nelle altre camere; sfruttando ignobilmente la donna di servizio e gli album da colorare riesce, finalmente a portarmi in camera come desidera da ore.

Sin dal primo, caldo bacio, con cui mi inchioda appena varcato l’uscio, trovo in lui l’amore che avevo vissuto soprattutto alle origini quando, ambedue vergini alle prime esperienze, cercavamo tutti i percorsi possibili per far esplodere la voglia che sentivamo scoppiarci dentro di conoscere il sesso, praticarlo e sfogare l’entusiasmo giovanile; agitiamo il corpo sul corpo alla ricerca della libidine nostra e dell’altro, ci divoriamo coi baci, ci abbranchiamo tutto il corpo, ci tormentiamo i sessi.

L’ho vinta, perché è più facile abbrancare la sua mazza, anche da sopra i vestiti, e sentirmela diventare in mano dura come l’acciaio; lo sposto per aprire il pantalone e in un attimo sento il fallo nelle mani, caldo, pulsante, vigoroso, possente; godo anche solo a toccarlo; quando mi spinge a sedere sul letto, non mollo la presa e lo porto istintivamente alla bocca; non intendo farlo godere, ma solo sentire il sapore.

Mi afferra per le guance e sento nella stretta tutto quello che vuole comunicarmi; lo amo dal profondo del cuore e sento quel momento come cruciale all’esistenza, con un uomo che forse sarà migliore e un figlio che già cementa la nostra famiglia, più di quanto pensa Giancarlo, che di quel bambino è anche padre naturale, ma non lo sa; non appena mi sarò resa conto che il nuovo corso è concreta realtà, saremo ancora più felici perché glielo dimostrerò.

Intanto è il sesso che ci tiene avvinti; la sua istintiva tendenza a vivere i preliminari come corpo centrale dell’amplesso è di grande aiuto; per lungo tempo lascia che sia io a manipolare la sua virilità godendone l’essenza; non cerco di esaltarlo o di portarlo all’orgasmo; neppure mi interessa sollecitare la mia libidine; è piuttosto un piacere mentale, tutto interiore, quello che provo mentre mi godo l’asta in ogni punto, con ogni mezzo.

Giancarlo sembra abbandonarsi alle mie voglie; ricordo poche occasioni in cui l’ha fatto; stavolta sembra godere di essere guidato all’amore mentre io uso il suo fallo come un dolce affascinante di cui assaporo tutte le possibilità più segrete di eccitarsi e di eccitarmi; me lo passo su tutto il volto, lo faccio scivolare sul seno che ho tirato fuori abbassando in vita il corpetto, gioco a titillarmi i capezzoli; a lui lascio le sferzate improvvise di libidine, il gusto sottile del piacere che si diffonde.

Quando lo spingo tra le labbra, deve soffocare un gemito per non allarmare Francesco impegnato a colorare; spinge a copulare in gola e me lo godo per tutta la lunghezza, fin quasi a soffocarmi; il viso che definisco da cane bastonato mi dice che vuole essere lui, adesso, ad assaporarmi; continuo a girarmelo in bocca giocando con lingua e palato per sentirlo in ogni anfratto e minaccio più volte di farlo eiaculare, salvo stringere i testicoli per frenare l’orgasmo, come ho imparato bene a fare.

Si ritira di scatto e mi spinge sul letto; tira giù con violenza l’abito e lo lancia sulla poltrona; afferra il perizoma e minaccia di strapparlo; me lo sfilo rapidamente e metto i piedi sul bordo del letto, scosciandomi oscenamente davanti alla sua bocca che piomba sulla vulva e prende a leccarla, succhiarla, mordicchiarla provocandomi continui brividi di piacere; si porta i piedi dietro al collo e affonda col busto tra le cosce; le sue leccate mi fanno impazzire e godo almeno due volte.

“Amore, stasera, quando il bambino sarà addormentato, ti prenderai tutto quello che desideri e mi darai tutto quello che voglio; ora limitiamoci a ritrovarci e torniamo da lui, su; ho voglia di sentirti in tutto il corpo, ma ora il tempo è tiranno e non riusciremo nemmeno a raggiungere un orgasmo decente in vagina; dammi il tuo amore riempi la vagina e fermiamoci qui per il momento; stasera saremo due innamorati; ora siamo anche genitori responsabili.”

“Sarà sempre così, da oggi in poi?”

“Temo di si; ho paura anzi che Francesco imporrà altri e più seri limiti della nostra libertà; vuoi rinunciare e lasciare che sia io ad occuparmi di lui?”

“Rinunciare a una cippa; è nostro, lo cresciamo insieme e lo soffriamo insieme; che non è neanche soffrire, ma solo organizzare razionalmente il tempo.”

“Allora, abbi buonsenso; montami, godi e subito dopo io torno a colorare l’album con nostro figlio.”

“Se è nostro, saremo in tre a colorare .. “

Intanto mi sposta al centro del letto, scivola su di me, che mi sento completata dal suo corpo sul mio; ne assorbo tutto il calore, gli odori, la voglia e sento che picchia forte ma è solo piacere quello che provo mentre va avanti e indietro fino all’utero; quando mi scoppia dentro la lava dello sperma, raggiungo un orgasmo eccezionale; ci soffochiamo in un bacio infinito, anche per nascondere l’urlo contemporaneo che ci sgorga dal cuore e dal ventre, prima che dal sesso che esplode.

Mi copro alla meno peggio e corro cautamente in bagno per lavarmi; lui chiude solo il pantalone e corre per primo a giocare coi pastelli del figlio sull’album da colorare; solo dopo che ha cenato riusciamo ad obbligarlo ad andare a dormire nel lettino che abbiamo scelto; Giancarlo promette a se stesso che la cameretta per lui cambierà volto e sarà congeniale a nostro figlio; per la millesima volta, gli rimprovero il lassismo delle concessioni.

Ma, mentre lo faccio, devo rimandare indietro il groppo di lacrime di fronte al grande amatore che si scioglie e tira fuori il fanciullino, che non è morto in lui, per stare con il figlio che sente suo, ad onta di ogni evidenza, e che diventa presto la sua ragione di vita; in questo climax di sentimenti, passa intero un anno che spendo a lavorare, a prendermi cura di mio figlio ed a controllare che Giancarlo tenga fede alle promesse.

Il giorno del quinto compleanno di Francesco è uno dei più belli nella sua vita e lo celebra con noi due in grande felicità; suo padre promette che dall’anno prossimo, quando andrà a scuola, organizzerà una festa con dolci ed animazione per tutti gli amichetti.

Nei mesi successivi, connotati ancora dall’entusiasmo di Giancarlo per nostro figlio, mi pongo più volte l’interrogativo se rivelargli che è suo anche biologicamente; ma preferisco aspettare che siano confermati i cambiamenti che comunque vedo io stessa ogni giorno; ho rinunciato a viaggiare per lavoro e frequento lo studio molto poco, in relazione agli impegni da rispettare; non assumo quasi più incarichi; Giancarlo si fa sostituire dal vice negli impegni da cui può assentarsi.

Non possiamo rifiutarci di partecipare al cenone di fine d’anno del 2016; lo abbiamo fatto troppe volte nel corso degli anni; assumiamo una baby sitter che tenga il bambino e, tirati a lucido al massimo della forma, andiamo all’hotel dove la cerimonia è fissata; mi accorgo, davanti allo specchio, di essere ancora una gran bella donna, nonostante i miei quarant’anni e la nascita di un figlio che hanno appesantito un poco la mia linea; mio marito è uno splendore, come sempre. E lo amo anche per questo.

Le prime persone che incontriamo sono Nicola ed Elvira, che mi parla con entusiasmo del loro bambino che va per i quattro anni; sono felicissimi perché è tutto loro e non vivono che per lui; Giancarlo le risponde che conosciamo bene il tema perché anche per noi è lo stesso; in un caldo abbraccio di Elvira avverto un desiderio struggente, ma la spingo indietro; a mio marito che ha notato spiego che Elvira ha tentato un approccio saffico che vorrebbe ripetere; si limita a borbottare quasi tra se.

“Anche questa dovevo sentire; tradirmi con un’altra donna … “

“Stupido; ho detto che ci ha provato; dove sarebbe il tradimento?”

“Quanto meno, nel fatto che piaci troppo e tutti ci vorrebbero provare … “

“E tu, sapendo perfettamente che solo una mezza volta l’ho fatto, e per transfert per giunta, osi ritenerti tradito?”

“No, amore; è che mi rendo conto di quanto spazio ho lasciato alle tentazioni; non mi fa piacere specie ora che siamo tornati a capirci, forse … “

“Togli il forse e pensa al cenone; scegli un tavolo per sederci … “

“Non occorre; hanno già deciso a tavolino le sistemazioni; se necessario, si può accordarsi con altre coppie per scambiarsi di tavolo … “

“Se ti riesce, preferirei non stare al tavolo con altri boriosi come un marito tropo pieno di se; prova a cambiare coi compagni di tavola di Nicola ed Elvira; con loro mi sentirei più a mio agio.”

“Quindi sarei io il marito borioso … “

“Non lo sei?”

“Bada che il tavolo d’onore era per l’archistar internazionale … “

Chiedo, alla signora del tavolo che ho scelto, di scambiarsi di posto, ne è felice; più ancora sprizza gioia Elvira che mi vuole accanto e mi accarezza; la minaccio di creare un scandalo se va oltre il lecito; mi sorride sorniona e mi bacia su una guancia; mi da di gomito quando vede sedersi, lì accanto, Ermes con una bella donna giovane, sicuramente sua moglie; non le ho mai detto niente ma qualcosa deve essere trapelato dai pettegolezzi; anche Giancarlo ha notato.

“C’è qui la tua favola breve; sei emozionata?”

“Mi emoziono sempre, quando guardo le vecchie foto dei ricordi, lo sai; quelli belli, poi … “

“Non è una favola ancora viva?”

“La cosa immutabile è il mio amore per il ragazzino che mi sverginò; quel ricordo è inciso a carattere di fuoco ed è rinnovato da tutto quello che gli assomiglia, specie se è una breve favola d’amore …. “

“Non è che sia rimasto qualcosa di importante di quella favola breve?”

“L’hai letto nel diario; te l’ho detto; te lo ripeto; Ermes non è il padre di Francesco.”

“Perché non vuoi dirmi il nome del padre biologico?”

“Non voglio dirlo ancora, a te; quando sarò certa che sei l’amore che da sempre ho sognato, allora a quell’uomo nuovo confesserò tutto; non è passato abbastanza tempo per essere sicura di te.”

“La prendo come un impegno; non saluti il tuo principe azzurro?”

“Nella favola è il principe che va a baciare la bella addormentata; era il tuo vice, l’hai allevato tu, saprà bene come comportarsi con una signora; sono in imbarazzo perché non mi aspettavo di incontrarlo proprio stasera … Ma adesso è un imprenditore?”

“No, sua moglie è la figlia di un concorrente di Nicola; ora lavora per lui … perbacco, non ci avevo fatto caso, è il quinto anniversario dell’inizio della vostra favola! … “

“La smetti di fare lo stupido? Vuoi che andiamo via?”

“Lily, guarda che sto giocando; spero che non ti offenda.”

“Festeggerai con me, a fine cena?”

“Nel diario era scritto che i festeggiamenti privati, cinque anni fa, durarono un giorno e due notti … Pretenderò lo stesso trattamento … “

“ … Francesco permettendo … “

“Vero, col permesso di nostro figlio.”

Ermes ci ha riconosciuti alla fine; certo, si aspettava di vederci ad un tavolo diverso, quello dei potenti; si alza e mi viene incontro; slealmente, lo abbraccio e lo bacio sonoramente sulle guance; mi stringe a se con amore; niente è cambiato tra noi.

“Buonasera, capo!”

“Non sono tuo suocero!”

“Ma sei il mio Mentore; mi hai insegnato tutto!”

“Qualcosa l’hai fatta di tua iniziativa … “

“Per esplicita delega del mio capo. Lily, come sta Francesco?”

“Sta da dio, nostro figlio, è a casa con la baby sitter, perché io e la mia donna ci siamo presi un capodanno per noi.”

“Hai fatto benissimo, capo; Liliana è una persona straordinaria e merita tutte le attenzioni del mondo.”

“Infatti, questo capodanno è il primo degli infiniti giorni che trascorreremo come fossimo siamesi … “

“Lily, ti vedo in gran forma e sento che la tua vita è migliorata; non so dirti come ne sono felice; Giancarlo, posso confessarti che rimpiango gli anni vissuti a lavorare con te? Non sono molti ad avere le tue capacità professionali.”

“Non buttarti giù; certi anni vanno bene, altri meno bene; io so che per me stanotte comincia l’anno della felicità; tu il tuo capodanno meraviglioso l’hai avuto; aspetta che passi la buriana; col tempo le cose si aggiustano, non lo vedi?”

“Mentore ha ancora ragione; torno da mia moglie; vi faccio gli auguri adesso, nel caso non ci incontrassimo per il brindisi .. “

“Io voglio vedere i fuochi d’artificio, con la parte migliore del mio amore, vero Giancarlo?”

“Certe pagine sono stampate nella memoria; saliremo sull’altana e sarà lo spettacolo più bello del mondo, prima di andare a casa … “

“ … dove troveremo Francesco spaventato dai fuochi. Auguri, Ermes; se vuoi o se ne hai necessità, sai come e dove trovarci; sei sempre l’amico più caro che avrò per tutta la vita!”

Scambia con tutti gli auguri e, prima che si allontani, lo blocco ancora in un abbraccio da amanti, più che da amici; vedo che mio marito sorride ironico e mi minaccia affettuosamente con un dito; anche in questo leggo una sintonia che è segno di un nuovo corso del nostro rapporto; e ne godo intimamente; prima dello scoccare della mezzanotte, Giancarlo mi porta sull’altana dell’albergo e da lì, appoggiata mollemente al suo corpo, mi godo i fuochi d’artificio punteggiati dai baci che mi da.

Tornati a casa, troviamo Francesco che dorme abbracciato alla ragazza che lo ha accudito; spaventato dagli scoppi, le si è gettato addosso e lei lo ha visto addormentarsi, per poi cadere anche lei vittima del sonno; li copriamo accuratamente e ci ritiriamo nella nostra camera dove Giancarlo sembra vendicarsi dell’amore profuso tra me ed Ermes portandomi più volte in paradiso con orgasmi che non potrò più dimenticare.

Siamo tornati che erano all’incirca le due del mattino; fino alle sette, quando sentiamo la ragazza trafficare in cucina per preparare le colazioni, Giancarlo non fa che leccarmi su tutto il corpo scatenandomi orgasmi a ripetizione; indosso la vestaglia ed esco in cucina; devo sembrare uno zombie, assonnata, acciaccata e dolorante per i numerosi assalti che ho preso e restituito al mio amante / marito fino a quel momento; Francesco mi guarda sgomento, la ragazza sorride compiaciuta.

Mi dice che, se ho bisogno di riposare ancora, lei resta senza problemi fino all’ora di pranzo; mi trattengo a stento dall’abbracciarla; Giancarlo mi chiede dalla camera quanti saremo a pranzo; guardo interrogativa la ragazza per invitarla, mi accenna di sì; comunico che saremo in tre; bacio mio figlio e torno in camera, dove lui sta chiudendo il telefono col quale ha ordinato il pranzo per tre da consegnare a domicilio; torno a letto.

La mia intenzione è di recuperare un poco del sonno perduto; ma faccio l’amore ancora una volta, prima di piombare in quello dei giusti; è quasi l‘una quando lo scampanellio dell’ingresso ci riporta alla realtà; ci fiondiamo in bagno, con mille miei divieti e raccomandazioni a mio marito di non avanzare altre voglie mentre siamo sotto la doccia; finalmente riusciamo a raggiungere una umana dimensione accettabile e ci sediamo a tavola per il nuovo anno, con nostro figlio e con la ragazza.

Passano dolcemente, i primi cinque mesi dell’anno; verso il 10 di giugno comincio a fibrillare; il 15 cade l’anniversario del nostro matrimonio, data per me quasi sacra; ma Giancarlo negli anni ha sempre finito per snobbarla, limitandosi talvolta a biascicare un ’auguri’ la mattina al risveglio; il nuovo corso iniziato quest’anno dovrebbe leggersi anche da questa ricorrenza ma temo che mio marito anche stavolta se la caverà con la solita nonchalance.

A sorpresa, il 14 sera mi avverte che per la serata del 15 devo avvertire la solita baby sitter perché ha già prenotato ‘da Amedeo’ e intende offrirmi la serata più elegante che ricordi; naturalmente, cerco d scherzare sulla novità.

“Non mi dirai che ti sei ricordato! … Beh non mi sarei meravigliata se ti fossi comportato come in alcuni anni, quando te la cavavi con un bacetto e gli auguri; adesso dobbiamo addirittura farci belli, per cenare nel ristorante più ‘in’ della città.”

“Con gli occhi rivolti al passato, hai ragione; qualche volta mi sono persino vergognato, perché mi ricordavo del nostro anniversario mentre ero a letto con un’altra; ma a Capodanno dissi che questo è per noi l’anno zero di una rinascita; anche da questo voglio che si capisca che ho imparato a sottolineare le cose che per noi hanno valore assoluto; per la cena, tu non hai bisogno di farti bella, perché sei oggettivamente molto bella non solo per me che sono tuo marito ma anche per tutti quelli che ti ammirano e mi invidiano perché stai con me, nonostante i miei errori.”

“Amore, che tu sia cambiato molto lo vede anche un cieco che ti senta parlare con me o con nostro figlio; che questa celebrazione acquisti un significato particolare è nella stessa realtà che viviamo; un grande amatore come te, e lo dicono tutte non solo io, conosce abbastanza le donne per capire che farsi belle risponde ad un’esigenza di piacere a se stesse prima che ad altri; io voglio essere ammirata soprattutto da te; ma mi piace ammirarmi nello specchio e amarmi per essere amata.”

“Perfetto! Quindi, domani sera alle nove cena per due; Francesco a quell’ora starà già per addormentarsi.”

“Le ventuno è perfetto; la ragazza potrà addormentarsi in camera con lui o anche nello stesso lettino se le va; ma credo che non torneremo assai tardi … “

“Beh, dopo i festeggiamenti pubblici, spero che ci dedicheremo a quelli privati; ci vorrà almeno tutta la notte per consumare per la ventunesima volta la nostra luna di miele … “

“Forse potremmo anche trovare qualche motivo per celebrare più trionfalmente … “

La sera seguente, sotto lo sguardo spesso invidioso degli altri, siamo seduti ad un tavolo privilegiato ad assaporare pietanze straordinarie, ma soprattutto a guardarci negli occhi innamorati; alla fine della cena, un cameriere compitissimo porge a Giancarlo, su un vassoio d’argento, un pacchetto che lui mi offre con eleganza; lo apro quasi tremante e trovo un astuccio con un anello di straordinaria bellezza, un solo cerchietto tempestato di diamanti purissimi.

“Questa è la fede per un nuovo matrimonio; ti giuro che saprò rispettare i principi che ci impone. Ti amo.”

“E’ stato un gesto decisamente sleale; non si era parlato di regali ed io non ho comprato niente ad hoc; fortunatamente qualcosa da regalarti l’avevo già decisa e l’ho portata; è sotto il tuo piatto, come la mancia di Natale dei genitori.”

Solleva il piatto e prende la busta che contiene il certificato del laboratorio riconosciuto dal tribunale con il test del DNA che gli attribuisce la paternità biologica di Francesco; lui legge, si blocca e impallidisce vistosamente; temo un collasso.

“Questo certificato … dice … dice che … dice che Francesco è mio figlio?! E’ proprio vero, amore, sono io il padre naturale?”

“Certo che sei tu; Ermes te lo aveva anche fatto capire maledetto lui; ho sempre saputo che è nostro per la legge e per la natura; è nostro figlio totalmente; non vedi come ti somiglia?”

“Perdonami, Liliana, devo fare chiarezza, a costo di essere scortese. Quando è stato che l’abbiamo concepito?”

“Sai perfettamente che a questa domanda nessuno può rispondere; io un’idea ce l’ho; tu ci hai girato intorno molto spesso; ti ricordi che hai ironizzato sull’anniversario della favola amorosa? Era la fine del 2010; tu dov’eri?”

“A Parigi, con una Nicoletta persa nelle nebbie … “

“Io ero a casa, sola come un’ebete; telefonò Ermes e sai cosa successe; ti ho già detto che restammo a letto dal 31 sera all’alba del 2; tu tornasti quel pomeriggio; non mi facesti respirare e non usasti neppure i tuoi preliminari; mi prendesti subito e mi amasti; non ti ho mai sentito così appassionato; ho creduto e credo che il senso di colpa e il desiderio di riscattarti ti abbia fatto mettere tanto amore in quell’amplesso; io ne misi altrettanto, forse di più, perché per la prima volta ero in colpa con te.

Da due colpe sortì l’orgasmo decisivo; i conti tornano, è nato a settembre; fu concepito a gennaio. Ti convince il calcolo?”

“Amore, la felicità è incompatibile con la logica; ti amo, alla follia, sono pazzo di nostro figlio; andiamo a casa celebriamo queste nozze con una nuova luna di miele; non voglio darti respiro; usciremo dalla camera solo quando uno dei due si sarà consumato da stare male. Corriamo da Francesco; vieni!”

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