I diari di Liliana

Capitolo 1 - I diari di Liliana 1

geniodirazza
4 days ago

Giancarlo è un imprenditore di 48 anni, ancora giovane e pieno di vita, sportivo, aitante e, soprattutto, grandissimo amante; non sa più quante donne abbia conosciuto nella sua vita; ci sono stati periodi che ogni sera ne aveva nel letto una diversa; anche adesso, dopo più di vent’anni di matrimonio con Liliana, una bellissima donna di 45 anni, architetto di fama e una infinità di corna che non saprebbe quantificare, non riesce a fare a meno di accalappiare anche giovanissime disponibili.

Uno dei cardini della loro convivenza, convintamente condiviso dalla moglie, è che la rottura del matrimonio deve essere l’ultima spiaggia, solo quando siano state esperite tutte le possibilità di risolvere le loro questioni per vie più pacifiche e rispettose della volontà di rimanere insieme e dell’amore che da sempre li lega, al di là degli adulteri e delle sregolatezze di lui che non riesce a tenere chiuso il pantalone.

Confida molto che lei, per amore e per convinzione culturale, non arriverà mai a tradirlo e che forse, per gli stessi motivi, certamente non lo lascerà prima di avere parlato a lungo; qualche acciacco dovuto all’avanzare dell’età lo preoccupa, perché i cinquanta sono vicini e i problemi di prostata, a quell’età, sono all’ordine del giorno; ma Giancarlo ha molto fiducia in se stesso e i controlli regolari per ora lo tengono al sicuro, anche se gli avvertimenti sono frequenti e di fonte autorevole.

Quella sera è stato particolarmente fortunato; è venuta a chiedere un lavoro una ragazza di venticinque anni che potrebbe quindi essere facilmente sua figlia; si è presentata con una maglietta fatta apposta per far trionfare la sua quinta di seno che sporge come la prua di una nave, trascinandosi la poppa di un sedere straordinariamente alto, rotondo, dritto, da sballo; l’aria sbarazzina, coi capelli a caschetto su un viso dolce da lolita provocatrice, aggiunge pepe alla visone generale.

Le ha proposto di discutere la possibilità di assumerla come segretaria a cena, davanti ad un piatto di pesce fresco; ha accettato accavallando e mettendo in mostra fino all’inguine due gambe di alabastro, stupendamente modellate, che anticipano un corpo da sballo; chiarito che poteva contare su cena e dopocena, l’ha portata in un localino discreto, dove è ben conosciuto e hanno mangiato e bevuto di gusto.

Adesso sono nella sua personale garconnière, dove porta tutte le sue donne quando resta in città e sta pregustandosi il paradiso nel quale la ragazza sicuramente lo condurrà; non lo delude e, appena entrata, gli salta addosso e lo bacia con una voluttà inaspettata; gli fa sentire contro il torace i seni grossi come meloni ma morbidi e dolci; li assaggia con le mani e verifica che è proprio tutta roba sua; il sesso gli si rizza contro il pube con grande eccitazione; lei risponde strusciandosi.

La solleva facilmente tra le braccia e la trasporta sgambettante fino al letto, il mobile più ingombrante dello spazio limitato; la mette a sedere sul bordo; lei si attacca al pantalone, apre il bottone, sfila la cintura e abbassa la cerniera; mentre lui si toglie giacca e camicia, lei abbassa pantalone e slip fino ai piedi e afferra il sesso che esplode duro e spesso dai vestiti; la lingua che lambisce il meato e assapora il precum gli provoca brividi intensi.

Lui sceglie di restare fermo, mentre lei raccoglie delicatamente i testicoli gonfi in una mano e usa l’altra per masturbare l’asta; la guarda incantato mentre lecca devotamente lo scroto e passa poi alla mazza, ritta contro il ventre; quando atteggia le labbra a una stretta vagina per farsi penetrare lentamente e decisamente, si sente portare in volo; spinge istintivamente col ventre e il bastone scivola fino all’ugola; la mano che masturba frena la spinta prima di provare fastidio.

La ragazza dà il via alla più dolce fellazione che abbia sperimentato e lui partecipa goduriosamente copulando nella bocca carnale e vogliosa; è costretto a frenarsi un paio di volte per non eiaculare, perché lei è veramente abile nel trattare il sesso con le labbra che si stringono a far sentire la penetrazione, la lingua che non smette di lambire il fallo in bocca e il palato che sembra guidare l’asta verso le gote o verso l’ugola.

Dopo una lunga ed elaborata manipolazione, lui è quasi sul punto di concludere; la ferma, si sfila dalla bocca, la rovescia supina sul letto; solleva la minigonna fino alla vita e le sfila il tanga che sottolinea, anziché coprire, la vulva; si piega sul ventre e allunga la lingua ad assaporare il gusto degli umori che bagnano le grandi labbra; comincia poi a leccarla con gusto e goduria, partendo dal retro delle ginocchia, passando per l’interno coscia e approdando alla vulva.

E’ lei, adesso, a gemere e a contorcersi nelle spire della libidine che la esalta; i suoi lamenti e le sue contorsioni conferiscono ancora più voglia a lui che sta praticandole un cunnilinguo da manuale; la fa godere molto e insiste con determinazione dove la sente più reattiva; si dedica alle grandi labbra e le succhia amorosamente; passa la punta della lingua sulle piccole labbra e le sente aprirsi come la corolla di un fiore; afferra il clitoride e succhia.

L’urlo di lei è da grande orgasmo; squirta sul viso di lui che lecca tutto con voglia; insiste a succhiare, mordicchiare, leccare, titillare con le dita il clitoride e la sente godere più di una volta; si stacca, la fa ruotare carponi sul letto e, accosciato dietro di lei, passa la lingua a spatola tra pube e osso sacro, insistendo sulla vagina e sull’ano, che penetra dolcemente; allunga le mani e le prende i seni, cercando di catturare i capezzoli tra le dita per titillarli.

Lei si solleva e si sfila la maglietta lasciandogli libero accesso alle mammelle; le afferra a piena mano e le palpa a lungo con desiderio, mentre continua a leccare con gusto vulva e ano; infila il medio in vagina, lo ritira bagnato e lo infila nel retto; lei reagisce con un nuovo squirt; capisce che gradisce molto il coito anale; bagna le dita e ne infila nel retto tre che fa ruotare ammorbidendo le grinze dell’ano.

Sostano per un poco e lei ne approfitta per liberarsi di gonna e calze; lo spinge supino al centro del letto, si piega sul ventre a prendere in bocca il sesso ritto contro il cielo e si ruota fino a portare la vulva sulla sua bocca; cominciano un saporitissimo sessantanove; lei si muove con maestria e determinazione; non vuole l’azione simultanea; gli blocca la testa fra le cosce, quando si dedica a leccare e succhiare il fallo; gli lascia libertà di leccarla quando lei smette; si alternano così a lungo.

Giancarlo comincia a rendesi conto che la ragazza è capace di proporsi come dominatrice quasi senza darlo a vedere; ma non è certamente nel suo stile, farsi possedere da una donna e cedere supinamente; d’improvviso, la rovescia sul letto e le monta addosso; il sesso è bello duro, lo appoggia alla vagina e spinge fino a colpire duramente l’utero; lei ha un gemito che non è di piacere; quasi pentito, comincia a cavalcarla con dolcezza; lei gli si stringe contro e lo avvolge con le gambe.

Vanno avanti per un poco, le chiede se è protetta, lei lo rassicura e finalmente scarica nel suo ventre un orgasmo feroce; si stende supino accanto a lei e la accarezza dolcemente; non ha intenzione di essere duro, ma non accetterebbe di essere messo sotto come ha tentato di fare durante i preliminari; è una fase lunga di carezze e dolcezze che meglio si confanno alle sue abitudini; lei si piega sul suo grembo e con molta sapienza riesce a fare riprendere vigore al sesso.

La fa sistemare carponi sul letto, si colloca alle sue spalle e la penetra da dietro, dolcemente; con molta delicatezza la cavalca con passione e la sente partecipare con gioia alla copula; quasi istintivamente carezza con un dito l’ano e la sente reagire con molta goduria; le chiede se le piace la penetrazione anale; gli commenta che le piace, ma solo con un lubrificante, perché non vuole sentire dolore; prende dal comodino il tubetto di gel, si abbassa a leccare le pieghe dell’ano.

Spreme del gel e lo passa prima sull’esterno, poi dentro il canale rettale; ha abbastanza esperienza di coito anale e la prepara al meglio; unge il sesso abbondantemente e appoggia la cappella all’ano; lei si irrigidisce per un attimo, poi appoggia il didietro verso il suo ventre e l’asta entra quasi naturalmente fino in fondo; sente che gode e si muove autonomamente a farsi montare; l’orgasmo gli esplode improvviso e naturale; lei gode con lui.

Si rilassano per qualche minuto; a lui due orgasmi in così breve tempo pesano alquanto; è un’altra fase di grandi tenerezze; la ragazza evidentemente non vuole solo sesso ma in qualche modo stringere un rapporto di fiducia e di affetto, quasi d’amore; ma lui ha già chiarito bene che ama solo sua moglie e che la sua indole di fedifrago lo spinge a tradirla, ma non intende rompere una pacifica convivenza più che ventennale.

Trascorrono alcune ore in amoroso languore; le garantisce che il posto di segretaria sarà suo e che, quando se ne dovesse presentare l’occasione, non disdegnerebbe ripetere l’incontro che gli è risultato assai piacevole; lei spiega che è regolarmente promessa sposa e che soffre della stessa brutta tendenza all’adulterio; il fidanzato lo sa ma è assai paziente; se dovesse capitare un trip improvviso, non disdegnerebbe di incontrarsi ancora sessualmente, ma non vuole distruggere un matrimonio.

E’ l’una passata, quando la accompagna alla sua abitazione e riprende la via per tornare alla sua quotidianità; rientra con cautela; la casa sembra vuota; ma sua moglie dovrebbe essere lì; neppure per un attimo gli viene fatto di pensare che potrebbe essere da qualche parte con un amante; semplicemente, alle due di notte, non è nemmeno pensabile che sua moglie non sia in casa; digita il numero del cellulare e, al terzo squillo, ode il suo ‘pronto’ che sembra venire dall’inferno.

“Dove diavolo sei finita?”

“Sono su una spiaggia di sabbia finissima e bianca, che mi godo gli ultimi raggi di un tramonto stupendo!”

“Ma in quale parte del mondo succede tutto questo?”

“In Costarica; ti avevo pure avvertito che partivo.”

“Che ci fai in Sudamerica?”

“Per l’esattezza, si tratta di centro America; comunque sai che qui sto lavorando a quel complesso turistico e residenziale … “

“Non ricordo niente di simile. Hai deciso di lasciarmi?”

“Allora non hai ancora letto niente; per questo sembri stordito e non capisci. Ascolta, ti ho lasciato dei quaderni di diario dove è spiegato tutto; il primo è nel frigo, dove so che saresti andato prima o poi; gli altri li troverai facilmente. Sono appunti che ho scritto dal capodanno del 2011; forse lì troverai le risposte a tante domande che non sai fare e la spiegazione a tante cose che non vuoi capire. Buona lettura; ci sentiamo alla fine del tuo viaggio nella nostra vita … “

Ha interrotto la comunicazione e non riesce più a connettersi; va al frigo e cerca il quaderno, nero con un’etichetta bianca bordata di rosso come le pagine; è uno di quelli che lei ha sempre amato e di cui ha fatto incetta in tutte le cartolerie dove li vendevano; lo trova facilmente, lo prende e va a sistemarsi sul letto; non sa che sta aprendo la porta al suo personale inferno; la prima pagina è secca, essenziale, ma suona quasi già una condanna.

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2011 Diario di Liliana PREMESSA

Il caprone non è cambiato; quando eravamo poco più che adolescenti, era diventata quasi una barzelletta da raccontare in giro, il fatto che Giancarlo, di appena tre anni più vecchio di me, mi avesse dichiarato infinito amore e mi avesse promesso di sposarmi presto; ma intanto non perdeva occasione per spupazzarsi tutte le ragazze con cui veniva a contatto, anche per una sola serata; erano diventati di dominio pubblico gli incontri clandestini con tutte le più disinvolte tra le amiche.

Era capitato personalmente a me, mentre eravamo nel solito pub, di andare in bagno perché ne avevo bisogno e di avere ascoltato, dalla cabina di fianco a quello dove ero seduta io, rumori inequivocabili di due che facevano sesso; la naturale curiosità dei ragazzi aveva fatto praticare fori strategici nelle pareti divisorie, di semplice plastica; da uno di essi, ebbi l’occasione di vedere il mio ‘fidanzato’ in piena azione adulterina con una delle più spericolate amiche del gruppo.

Lei era china sul water, le mani appoggiate alla tazza, lo slip abbassato alle caviglie e la gonna sollevata fin quasi sulle spalle; in piedi dietro di lei, il ‘mio’ Giancarlo aveva tirato fuori il fallo extralarge che ben conoscevo per averlo spesso manipolato con grande gioia e assaggiato in bocca un paio di volte; lo aveva appoggiato al didietro di lei e lo spingeva dentro; sapevo che la ragazza, come la maggior parte di noi, tendeva a conservare la verginità; fu chiaro che la stava penetrando analmente.

La cavalcò a lungo, mentre la troia lo incitava a spingere sempre di più, a penetrarla più a fondo, perché non aveva mai avuto un randello così grosso e così duro nelle viscere e non aveva mai provato tanto piacere quanto quello che il mio ‘fidanzato’ le stava procurando; assistetti allibita a tutta la copula, fino a quando lui le versò nel retto una lunga eiaculazione, che sapevo ricca per averla sperimentata.

Uscii disgustata dalla violenza del rapporto e dalla volgarità di Giancarlo; scelsi uno degli amici di cui mi fidavo di più e gli chiesi di riaccompagnarmi subito a casa; poi sarebbe tornato per chiudere con gli altri la serata; il mio fidanzato uscì in quel momento e mi guardò con finta angelica meraviglia; mi limitai a lanciargli uno sguardo che raccontava tutto, perché intanto anche la ragazza usciva rassettandosi.

Avevo deciso di rompere immediatamente e di mandarlo al diavolo; per alcuni giorni respinsi le sue telefonate, rimproverai aspramente gli amici che cercavano di perorare la sua causa e fui durissima; poi perfino mia madre mi invitò ad essere più duttile e a non condizionare con un piccolo episodio un rapporto promettente e valido; la scusante era l’entusiasmo dovuto all’età; crescendo, gli spiriti bollenti si sarebbero calmati

Non si calmarono affatto i bollenti spiriti del mio caprone; non si sono calmati neppure con il matrimonio, come in molti giuravano, forse per consolarmi; Giancarlo continua ad essere un impenitente cacciatore di gonnelle da sollevare per infilare il sesso in una qualsiasi vagina; ‘dai tredici ai settant’anni, purché respirino’ gli piace celiare; ma io so con certezza che non è una celia, la sua; dal suo letto sono passate tutte le amiche, tutte le impiegate, tutte le operaie che gli girano intorno.

A sua discolpa, devo dire che non mi ha mai privato dell’amore; questo forse può consolarmi; la sua dichiarazione più bella, per me, è che fa tanto sesso fuori dal matrimonio, ma con me fa solo l’amore; devo per forza ammettere che c’è verità in questa affermazione, perché continuiamo a fare l’amore anche se il ritmo è scemato, naturalmente, dal matrimonio ad oggi; ma c’è sempre una componente naturale legata all’età che avanza e ad una certa monotonia da routine che rallenta gli entusiasmi.

Ancora adesso, assai spesso, mi ama con tutto l’ardore che gli ho sempre conosciuto; e questo è forse l’elemento di maggiore pregio nel nostro matrimonio, il motivo principale, accanto alle nostre convinzioni educative, che ci impedisce anche di pensare possibile una rottura che porti alla separazione e al divorzio; per quanto attenuato e non più splendente come una volta, l’amore domina ancora le nostre serate di copula lunga, dolce, ricercata e perseguita con gusto.

Non posso dire di essere insoddisfatta di come mi fa sentire appassionata e di come possa essere intenso quando ci amiamo come ai primissimi tempi; quello che manca è il guizzo, il colpo di fulmine, come si definiva una volta, che possa trasformare un amplesso tra coniugi in un atto di grande amore; anche per questo, infatti, avverto con qualche disagio certi moti dell’anima, e del corpo, quando incontro qualcuno che mi piace intensamente; l’idea di avere un amore alternativo mi solletica.

Nel corso del 2010, ultimo anno forse dello scatenamento di Giancarlo senza reazione alcuna da parte mia, ho cominciato a guardare con un certo tremito nel corpo un suo giovane assistente, Ermes, molto bello, elegante, educato e gentilissimo che non azzarda di farmi la corte come forse vorrebbe, per deferenza alla mia condizione di donna sposata; ma sono fermamente convinta che, in condizioni particolari, non esiterebbe a dichiararsi; e non sono sicura che riuscirei a resistere alla tentazione.

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1 gennaio 2011

E’ successo quello che doveva succedere; il caprone si è inventato, proprio alla vigilia di capodanno, un incredibile impegno di lavoro ed è partito senza darmi spiegazioni; so bene, per vie traverse, che ha promesso una fine d’anno memorabile all’ultima sua conquista, un’imprenditrice abbastanza giovane ed agguerrita che ha incontrato ad un convegno e dalla quale si è fatto facilmente e immediatamente affascinare.

Sono imbestialita; non mi va proprio giù l’idea di passare la fine d’anno da sola in casa perché io, stupida, non mi sono curata di cercarmi una soluzione alternativa; certe feste sono sacre, nella nostra cultura, ed ero fermamente convinta che avremmo brindato all’anno nuovo insieme, io e mio marito; il fatto che mi abbia piantato di colpo da sola ad affrontare una festa di tale delicata importanza mi ha reso addirittura feroce; credo che gli farei del male, se potessi.

Il caso mi è venuto incontro; mentre mi preparavo a chiamare il ristorante per farmi consegnare a domicilio il cenone per me sola, mi è arrivata la telefonata di Ermes, l’assistente di mio marito, quello di cui sono già segretamente innamorata; voleva solo fare gli auguri e mi sono scatenata quasi urlando contro il caprone che mi lasciava sola in quel momento; è stato dolcissimo; mi ha chiesto se poteva osare di offrirsi come compagno di serata per lo meno per brindare insieme al nuovo anno.

Non avevo preso in considerazione una simile ipotesi; e forse mi frenava qualche antica riserva da educazione atavica contro una cena con uno sconosciuto; ma ho preferito chiedere come avrebbe fatto lui con gli impegni già presi; semplicemente avrebbe disdetto con gli amici e non avrebbe lasciato sola una così bella signora; non c’era premeditazione, ma l’ho ringraziato con tutto il cuore ed ho deciso la cena a casa per due persone con candele ed una bottiglia di champagne per il brindisi.

E’ stato di una dolcezza disarmante, il giovane ingegnere; si è presentato alle nove con l’abito scuro che aveva scelto per la festa con gli amici e con una bellissima orchidea procurata non so come; ci siamo baciati sulle guance ed abbiamo subito avvertito il tremito dell’altro; è stato solo un attimo ma ogni tocco a quel punto diventava carezza implicita; mi sono riscossa e l’ho invitato a sedersi a tavola con me; ho acceso le candele e brindato con lui.

La cena è scivolata piacevole ed elegante; ogni occasione era buona per sfiorarci e sentire in un tocco l’amore dell’altro; ho acceso la televisione per rompere l’imbarazzo; suonavano motivetti e ballavano; si è alzato, è andato al blocco stereo, ha scelto un disco, ha spento il televisore ed ha messo su una raccolta di canzoni d’amore che adoro; mi ha preso per un braccio e mi ha portato a ballare; mi sentivo regina nel vestito nero da sera acquistato per l’occasione.

Mi ha stretto le braccia intorno alla vita, ho sentito il mio pube accostarsi al suo con naturalezza, gli ho passato le braccia intorno al collo e ho appoggiato la testa sul suo petto; dopo pochi passi, mi ha sollevato il mento e le bocche sono scivolate nel bacio più dolce che ricordassi; ci siamo letteralmente divorati per qualche minuto; sapevo che ormai la strada era stata segnata, ma ho voluto ancora mettere dei paletti; staccandomi dal bacio, l’ho spinto indietro per le spalle, ma i pubi erano incollati.

“Ermes, non devo dirti io chi è mio marito, e non devo rivelarti che da un poco di tempo mi sto innamorando follemente di te; non ho nessuna intenzione di rinunciare a fare l’amore con te; ed è la prima volta che bacio un uomo diverso da mio marito; ma sono pronta ad ucciderti se lo consideri un’occasione da non ripetere; voglio il tuo amore a lungo, ma non voglio nemmeno pensare al divorzio; voglio che ci amiamo finché possiamo, finché lo vogliamo.”

“Liliana, sai bene anche tu che ti amo da quando ti ho conosciuta; non voglio rompere un matrimonio, se tu non lo vuoi; anche se credo che lui lo meriti; voglio amarti quanto, come e finché possiamo; non sei l’occasione di una serata; sei la donna che volevo e che voglio per me, per tutto il tempo che può durare.”

“Allora adesso andiamo nella stanza degli ospiti, perché non voglio peccare sul talamo nuziale; e tu mi darai tutto l’amore di cui sei capace per tutto il tempo che resisti, fino allo sfinimento, mio, tuo o di tutti e due.”

Lo prendo per mano e lo guido alla camera degli ospiti; mi abbraccia per le spalle e mi stringe a se; appena ho chiuso la porta della camera, mi trovo avvolta in un abbraccio lungo, ampio, quasi protettivo; mi stringo a lui schiacciandogli il seno contro il petto e spingendo il pube in avanti finché incontro lo spessore del sesso decisamente appetibile; mi sta baciando con la foga e l’intensità che ho già assaggiato prima, mentre ballavamo; ricambio con lo stesso amore e mi perdo completamente in un sogno che si materializza, quello del principe azzurro che mi solleva, anche se per poco, dalla quotidianità logorante.

Non mi stanco di baciarlo su tutto il viso e mi sembra quasi di tornare indietro di molti anni, alle prime esperienze di amore e di sesso; la sensazione fisica è quasi la stessa e mi sento sconvolto il ventre e l’inguine da una voglia che ora so da dove deriva; è il desiderio di sentirlo fisicamente in me, di impossessarmi di quel corpo, di vedere e sentire le vibrazioni del piacere che lo scuotono, lo deformano lo fanno diventare altro da se.

Voglio dargli tutto di me e sentire il mio corpo vibrare al contatto col suo, voglio ascoltarmi urlare di piacere quando mi scuote con orgasmi violenti tutto il corpo; è amore quello che voglio dare e prendere, ma è anche passione, sesso, libidine; voglio fondermi con lui, come per tanti anni ho desiderato con mio marito accontentandomi invece di abili movimenti per strappare piacere ed orgasmi; ecco, spero che Ermes mi dia veramente amore attraverso il sesso.

Sento che è così sin da quando abbassa le spalline del vestito per mettere a nudo il busto; spero e voglio che ami il mio seno, che lo ammiri e che ricavi piacere dal palpeggiamento, dalle leccate e dalle succhiate che aspetto sulle aureole e sui capezzoli; mi esaudisce, quasi leggendomi nel pensiero; vedo che la sua bocca scivola lungo il collo e il petto fino a raggiungere un capezzolo; quando lo succhia, mi impongo di non urlare a squarciagola anche se l’urlo mi nasce direttamente dal ventre.

Ho voglia anch’io del suo corpo tonico e forte; gli porto via cravatta, giacca e camicia e mi fiondo sul suo petto coperto di una peluria bionda, serica e dolce; mi attacco ad un capezzolo e gli ricambio il piacere della poppata; lui non si frena e i suoi gemiti risuonano netti nelle orecchie, nella testa e nel cuore; carezzo lussuriosamente le spalle e percorro la spina dorsale quasi impossessandomi di ogni singola vertebra; si eccita a morte e mi spinge contro la vulva il fallo inalberato.

Lo voglio, quel sesso, ora voglio sentirmi penetrare con forza nel ventre; poi lo consumerò in tutti i modi, perché voglio che sia un amore totale, il nostro, senza limiti e senza riserve; ma ora voglio sentirlo palpitare nella mia mano; insinuo la destra tra i nostri corpi, lo individuo e lo afferro; è mio, sta per entrare in me e diventare parte di me; quasi leggendomi nel cuore e mosso dalle stesse emozioni, anche lui mi prende a palma larga la vulva e mi sento scossa da brividi di piacere.

Fa cadere dai fianchi, con qualche sforzo, l’abito che scivola sulla pelle; non ho indossato niente sotto e sono davanti a lui nuda immediatamente; mi sposta leggermente, quasi a voler ammirare dalla giusta distanza il corpo; e mi sento adorata da un amante meraviglioso; ricambio il gesto e sgancio il pantalone che faccio scendere fino a terra con lo slip; il fallo si erge spavaldo davanti ai miei occhi e la mano corre ad afferrarlo per sentirlo finalmente vivo sulla pelle.

Sento le mani che spaziano sulle natiche, sul ventre, tra le cosce; le dita cercano la vagina e il clitoride, lo trovano e lo titillano; salto di felicità quando l’orgasmo mi assale all’improvviso; non voglio e non posso perdermi in preliminari; innanzitutto, lo voglio sentire nel corpo; a cercare il piacere, avremo tempo; lo spingo sul letto e cado supina accanto a lui, gli apro le braccia e lo invito a venire su di me, dentro di me, a prendermi subito.

Provo una felicità intensa quando sento il suo corpo scivolare sul mio e sovrastarmi; mi bacia con un passione sempre più forte, quasi aggressiva, e avverto il contatto del seno sul torace, del ventre sul ventre, dei sessi che si cercano, delle cosce sulle cosce; ho la sensazione che ci scambiamo da tutta la pelle del corpo calore, passione, voglia, amore; lo abbraccio con forza, quasi a farci male, e lui preme su tutto il corpo, come a volersi fondere con me.

Infilo la mano fra i due corpi e guido la punta del sesso alla vagina; mi penetra lentamente, dolcemente, accompagnando ogni piccolo avanzamento con baci dolcissimi; sento che dal ventre si sciolgono lacrime d’amore che scorrono come umori di orgasmo lungo la vagina e bagnano i nostri corpi; muovo il bacino a copularmi e finalmente lui comincia a cavalcarmi; sono in paradiso, ho perso il senso del tempo e dello spazio; esplodo in una dimensione infinita, tra suoni e colori inenarrabili.

Ha goduto con me, in una straordinaria sinfonia di orgasmi che è durata a lungo, quanto lunga è stata l’eiaculazione nell’utero della sua mascolinità; stento a riprendermi dalla petite mort che ho sentito nettamente in quell’orgasmo; non mi pesa il suo corpo addosso che ancora mi trasmette languore, desiderio soddisfatto, amore; lo tengo avvinto a me quasi volessi impedirgli di andarsene dopo l’appagamento raggiunto.

Ma non si è svuotato e non ha nessun desiderio di andarsene; scivola dolcemente al mio lato ma non lascia la mia mano, che sposta delicatamente sul sesso barzotto appoggiato sul ventre; prendo la sua mano e me la porto sull’inguine, quasi a trattenere ancora l’orgasmo che sta fuggendo via; forse è il momento più bello dell’amplesso appena consumato, perché esprime il desiderio di stare insieme, vicini anche dopo l’orgasmo, di amarci ancora dopo la provvisoria conclusione.

Parliamo a lungo, quasi sottovoce per dirci le banalità che tutti gli innamorati sanno e vogliono dirsi quando si scoprono nudi di fronte all’altro, non solo fisicamente ma anche e soprattutto emotivamente; riprendiamo ad amarci, ne abbiamo una voglia matta tutti e due e non voglio negarmi niente; la tenerezza è straordinaria fra due che si amano; ma la sessualità è un cemento insostituibili e vogliamo ambedue sperimentarla in tutti i modi.

Mentre mi sta possedendo da dietro, a pecorina, con mia somma gioia e partecipazione, gli urli che arrivano dalla televisione ci avvertono che mancano pochi secondi alla fine dell’anno; stappiamo la nostra bottiglia di champagne e brindiamo all’anno che arriva, al nostro amore, ad una vita nuova possibilmente; indossiamo degli accappatoi e andiamo davanti alla finestra per ammirare il gioco di luce dei fuochi artificiali che si alzano da tutta la città, a mezzanotte; li accompagniamo con baci passionali.

Si dice che le cose che si fanno a Capodanno si faranno per tutto l’anno; so che è diceria popolare ma mi piace chiedergli di penetrarmi analmente perché lo faccia sempre, quando ci amiamo; non sono un verginella perché mio marito ci ha insistito sin da prima del matrimonio; lui non è nuovo all’esperienza; ma è l’atteggiamento mentale che ci rende quasi vergini di fronte a quella scelta che approfondisce il rapporto tra noi e cementa la nostra storia, per quanto provvisoria.

La nota più surreale della serata è la telefonata che mi arriva da mio marito, non vuole dirmi da quale parte del mondo, per augurarmi buon anno; gli rispondo che il mio sarà ottimo, non buono; e gli auguro che il suo lo sia altrettanto, con mille amanti, tre al giorno, per lo meno; finge difficoltà sulla linea e riattacca; passo con Ermes a letto tutto il giorno; ci facciamo portare da mangiare a casa e non lo lascerò libero se non il mattino del giorno 2, a festa conclusa; lo amo e non voglio che si stacchi da me.

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