Follia di mezza estate.

Capitolo 1 - voglia di godere.

pennabianca
4 days ago

                           I

Seduti sotto la veranda, stiamo facendo colazione.

«Vado a prendere il giornale; ti porto qualche cosa da leggere?»

Annuisco e Carlo, mio marito, prende la bici e si allontana verso il paese. Scendo tre scalini e sono subito sulla spiaggia; siamo in vacanza ed abbiamo affittato questa villetta, che ha il diretto accesso al mare. Mi chiamo Rita, ho 42 anni, sono di media statura, capelli neri lunghi, occhi marroni, un bel seno florido, una 3° piena ed un bel culo alto e sodo. Le cosce a mio avviso sono un po’ troppo magre, ma a mio marito piacciono molto. Mi distendo sul lettino, mi metto in topless a prendere il sole. Siamo sposati da ventiquattro anni, la nostra è una solida unione iniziata tanti anni fa. L’ho conosciuto che avevo solo quindici anni e ci siamo innamorati subito. Ha tre anni più di me; quando io avevo diciassette anni, lui già aveva cominciato a lavorare in un grande gruppo bancario. Figlio unico, come me, di famiglie benestanti, avevamo deciso di sposarci, ma la mia famiglia tergiversava, allora lui mi mise incinta. Ci sposammo e venne al modo Lucio. Con una solida posizione economica, io mi sono solo occupata della casa ed allevare nostro figlio. Sotto il profilo sessuale, fra me e mio marito, vi è una perfetta intesa. Ho trovato in lui il compagno, l’amico, l’amante, il maestro, il complice di tanti giochi divertenti, che, in tutti questi anni, hanno reso il nostro rapporto sempre più vivo ed appagante. Da parte mia ho assecondato spesso molte sue fantasie e/o desideri, come ad esempio prender il sole nuda e, se possibile, andare in giro senza indossare l’intimo, fare sesso nei posti più insoliti ed intriganti. Per lui sono moglie, amante, complice, a volte schiava, allieva, maestra, adeguandomi, ogni volta, alla situazione che veniva a crearsi fra noi. Fra Carlo e Lucio, nostro figlio, vi è una grande intesa, fisicamente si assomigliano molto; quando sono insieme, sembrano due fratelli. Alti, spalle larghe, capelli scuri ed occhi chiari, iperattivi, praticano da sempre molti sport, quali nuoto, calcetto ed altro. La loro complicità a volte mi fa rabbia, s’intendono a occhiate, mi fanno sentire esclusa dai loro discorsi, ma, nonostante ciò, fra noi regna una grande armonia. Lucio ha terminato gli studi in elettronica e, assieme ad un suo amico, di tre anni più grande, ha iniziato un’attività di sistemi di videosorveglianza, monitoraggio, reti aziendali e tante altre diavolerie, che nemmeno capisco. Tutto gira bene, ma il "salto di qualità", l’hanno fatto in questi ultimi tre mesi, quando sono stati incaricati di occuparsi di tutto ciò che compete il loro campo, all’interno del nuovo Centro Commerciale, sorto di recente nella nostra città. Impegnati nel lavoro, non hanno programmato le ferie e, in questa settimana, il socio si è assentato con la moglie, per una breve vacanza, mentre Lucio, rimasto al lavoro, ci raggiungerà sabato per passare alcuni giorni con noi. Della vita sentimentale di mio figlio, non ne so molto; lui è sempre riservato e vago, ma, nell’ultimo anno, l’ho visto spesso con Cinzia, una tipetta molto carina e solare. Anche se lui dice che è soltanto un’amica, sono portata a credere che fra loro ci sia del tenero. Carlo torna, mi porta dei giornali di gossip, poi lo vedo ricevere una lunga telefonata di lavoro; è teso, preoccupato, ma non si sbilancia con me. Per tutta la settimana continua a ricevere di queste telefonate. Il venerdì mi dice che, domenica pomeriggio, torna in città; è richiesta la sua presenza in ufficio, il lunedì, per dei problemi di lavoro legati alla realizzazione di una fusione o accorpamento, da parte del suo gruppo bancario. Lo vedo teso, gli dico che torno pure io, ma lui non lo giudica necessario.

«Domani arriverà Lucio, ti farà compagnia in questi due o tre giorni che sarò assente, poi torno e sarà ancora vacanza, anzi, sarà meglio: staremo insieme noi tre.»

L’indomani arriva nostro figlio. Dopo i saluti e tutto, mi metto distesa sul lettino a prendere il sole in topless, come faccio sempre, ma questo non lo turba; è abituato, anzi, quasi non lo nota, passa tutta la mattinata, prima a correre sulla spiaggia con suo padre, poi, nel pomeriggio, si fanno anche una lunga passeggiata e parlano tanto, ovviamente di lavoro, credo, ma io, come sempre, ne sono esclusa. La sera, per festeggiare il suo arrivo, andiamo a cena in un ristorante poco lontano, vicino al vecchio faro. La serata è molto divertente, loro sono due commensali fantastici, mi mettono a mio agio. Si ride e scherza per tutta la sera, poi, a piedi, con me che li tengo sotto braccio, torniamo alla nostra abitazione. Quando andiamo a letto, Carlo mi sembra più tranquillo, si addormenta subito, mentre io ripenso al piacere che mi ha dato sentire il braccio di mio figlio cingermi la vita. Mi ha stretto a sé per tutto il tragitto, come una fidanzata. L’indomani, nel primo pomeriggio Carlo parte, non vuole trovar traffico. Noi ci distendiamo sopra dei lettini davanti casa nostra, a prendere il sole. Sento i caldi raggi del sole scaldare il mio corpo, sono inquieta, nervosa, sfoglio il giornale di gossip, mi sembra di veder solo donne seminude e maschi super muscolosi. Avverto un languore per tutto il corpo, realizzo che non faccio sesso da almeno sette giorni. Carlo era così strano e nervoso, tanto che ha rifiutato tutte le occasioni che ho creato per lui; non sono stata mai trascurata così a lungo. Sposto il giornale, giro lo sguardo alla ricerca di nuovi interessi. Guardo Lucio: è disteso sul fianco destro, sta leggendo dei fogli pieni di cifre, numeri e grafici. Seguo il suo profilo, lo trovo bello, ne sono fiera, poi lo sguardo scende verso il basso; indossa un costume tipo slip, odia, come il padre, i bermuda, anche se, in posizione di riposo, noto che ha un pacco di tutto rispetto. Giro sdegnata lo sguardo e mi rimprovero mentalmente.

"Rita, che cavolo stai facendo? Guardi il pacco di tuo figlio? Vergogna!"

Riprendo a sfogliare il giornale, ma non va meglio. Ora, più che mai, mi sembra di vedere solo maschi muscolosi e duri. Mi alzo.

«Caro, vado a fare una nuotata.»

Lui smette di leggere i suoi documenti e scatta in piedi.

«Vengo con te!»

Davanti a noi, a circa cento metri, c’è una grossa boa; non so per quale motivo ci sia, ma durante questa settimana, con mio marito, abbiamo nuotato spesso fino a raggiungerla. Lui mi lancia una sfida.

«Facciamo una gara a chi raggiunge per primo la boa?»

Lo guardo, rido.

«Non mi sembra una buona idea; io son allenata più di te; in questi giorni, ho nuotato spesso fin lì.»

Lui non sembra intimorito.

«Non importa, anzi, facciamo che chi perde, paga pegno.»

Sorrido, accetto e partiamo. Nuoto mantenendo una buona andatura, lui è dietro di me; a metà percorso, mi giro, lo distanzio di circa due metri e continuo senza forzare l’andatura; assaporo già il sapore della vittoria. Quando siamo a circa dieci metri, lo vedo sfilare deciso, rapido, sicuro, mi sorpassa e raggiunge senza sforzo la meta.

«Hai barato, non vale! Mi hai preso di sorpresa!»

Lo attacco, lui ride.

«Allora facciamo anche il ritorno: se vinci, siamo pari, altrimenti... doppio pegno.»

Accetto, ritorniamo verso riva, questa volta lo controllo, resto sempre con lui alla mia destra, ma, a metà percorso, se ne va via come un delfino, impossibile reggere quel ritmo per me. Quando raggiungo la riva, lui è lì pronto con il telo di spugna in mano, ride divertito, mi avvolge ed abbraccia da dietro. Sento le sue mani cingere i miei fianchi, il suo corpo aderire al mio, ho un fugace contatto con il bozzo che percepisco sul didietro, mi sembra ancora più grande.

«Sarai felice di aver vinto?»

Lui mi gira, mi guarda e ride divertito.

«No, di aver vinto, no! Ma di sapere che mi devi pagare due pegni, si!»

«Cosa devo fare per pagare i miei debiti?»

Mi guarda dritto negli occhi.

«La prima cosa è venire a cena con me, questa sera.»

Lo incalzo.

«La seconda?»

«La seconda è che ti devi vestire come ti dico io: con una mini, camicetta e sandali con tacco a spillo da dieci; ovviamente niente intimo, ne sopra, ne sotto.»

Lo guardo in maniera furente.

«Brutto impunito! Come ti permetti? Sono tua madre!»

Lo rimprovero, ma senza troppa convinzione. E lui di risposta mi chiede di onorare la parola data.

«Non vorrai mica mancare alla parola data?»

Resto un momento perplessa, poi accetto. Lui prende e torna a distendersi sul lettino e, per il resto del pomeriggio, ci rosoliamo al sole. La sera, dopo la doccia, mi preparo: indosso una mini nera di lino, che se si guarda in controluce, risulta esser trasparente, sopra una camicetta senza maniche, ma con un’ampia scollatura. Quando chiudo i tre bottoni, la stoffa si tende a tal punto che i miei seni, una terza abbondante, sembrano voler schizzare fuori, da un momento all’altro. Completo l’opera con i sandali dal tacco a spillo da dieci. Quando mi vede, i suoi occhi brillano di ammirazione. Mi tiene sottobraccio, insieme attraversiamo il paese a piedi, mi sento addosso tutti gli sguardi dei maschi che incontriamo; la cosa mi eccita, perché sono un po' esibizionista. La cena è deliziosa e divertente, gli chiedo di lui e Cinzia. Resta sul vago, mi dice che si sono dati un periodo di riflessione; lei è combattuta fra il desiderio di vivere con lui e la paura di lasciar solo suo padre, rimasto vedovo. Si sono sempre sentiti in questi mesi, ma, circa dieci giorni fa, lei l’ha invitato a cena a casa sua e, in quell’occasione, finalmente, sono riusciti a trovare un valido compromesso che soddisfa tutti. Vorrei saper di più, ma lui cambia discorso. Alla fine, quando stiamo per uscire, credo che abbia elaborato altre idee per completare la serata, ma un lampo nel mare, ci fa render conto che il cielo si è riempito di minacciosi nuvoloni neri: fra poco potrebbe piovere, quindi andiamo velocemente verso casa. Quando mancano pochi passi, poggio male un piede e rischio di cadere, solo la sua prontezza nel sorreggermi, lo impedisce, ma avverto una fitta alla caviglia destra. Mi sorregge, mi aiuta a sedermi su di una panchina nelle vicinanze, s’inginocchia e comincia a massaggiarmi la caviglia dolorante, ma vedo subito che rimane come ipnotizzato da ciò che vede fra le mie cosce. Per un momento resto titubante sul da fare, lui resta a bocca aperta. Poi, un tuono mi scuote, mi alzo, lui mi aiuta, entriamo in casa, mentre scoppia il temporale. Mi siedo sul divano, lui si precipita in cucina a prendere del ghiaccio in frigo, un momento dopo è di nuovo ai miei piedi. Mi tiene il ghiaccio alla caviglia, ma riprende a sbirciare fra le mie cosce. Lo assecondo, lo lascio guardare, anzi, di proposito apro un po' le gambe. Lui s’inumidisce le labbra. La sua mano comincia a risalire la gamba e valicato il ginocchio, s’insinua fra le cosce.

«No, basta!»

Chiudo decisa le gambe, mi alzo in piedi, ignoro il dolore, mi rifugio dentro la mia camera. Brucio, sento il mio corpo invaso da un fuoco che mi divora.

"Non posso, è una follia!"

Mi ripeto mentalmente. Mi strappo i vestiti di dosso, mi sembrano incandescenti, ho bisogno d’aria. Nuda, apro il finestrone ed una ventata d’aria fresca mi colpisce, ma non ne ho sollievo, anzi, indurisce di più i miei capezzoli. Il rumore della pioggia è assordante, non lo sento entrare, ma quando le sue braccia mi cingono i fianchi, sento dentro di me che non desideravo altro. Mi stringe a sé, sento il membro durissimo appoggiarsi al solco delle natiche. Le sue labbra mi baciano il collo, dietro il lobo sinistro, alla base della nuca, è una cosa che mi fa morire di piacere. Alzo la mano sinistra, gli accarezzo la testa, mentre porto la destra dietro di me, afferro decisa il palo durissimo che preme fra le mie natiche. Lo stringo, lo sego, cerco di afferrarlo tutto, ma non riesco a congiungere l’indice con il pollice, ne deduco che ha uno spessore maggiore di quello di Carlo. Le sue mani risalgono i miei fianchi, afferrano decise i seni, stringono i capezzoli fra indice e pollice, mi fa impazzire, sotto sto colando in maniera indecente. Lo vorrei dentro, ma lui, improvvisamente, mi prende in braccio e, delicatamente, mi adagia due passi più in là, sul letto. Mi sale sopra, mi bacia il collo. Scende, afferra un capezzolo, lo succhia, lo morde in un misto di piacere/dolore terribile. Vorrei succhiarlo, ma non me lo consente, anzi, scivola verso il basso, indugia con la lingua sull’ombelico, io spingo in alto il mio corpo: lo voglio! Ma lui continua il gioco estenuante di baci e carezze, che mi portano al limite della sopportazione. Improvvisamente, la sua lingua colpisce decisa il mio durissimo clitoride, poi scende lungo lo spacco, s’insinua fra le grandi labbra, succhia e raccoglie i miei umori copiosi. Un gemito esce dalle mie labbra. Sento dentro di me un orgasmo che non tarderà ad esplodere, manca pochissimo, ancora poco e, quando sto per urlare il mio piacere, lui si solleva di colpo su di me. Appoggia il glande all’apertura fradicia, lo lascia scorrere su e giù, poi di colpo mi penetra in profondità, senza lasciarmi il tempo di rendermene conto. Lo sento sbattere in fondo all’utero. Il suo corpo aderisce perfettamente al mio, l’ho tutto dentro! Di colpo esce e rientra ancor più deciso e forte; mi colpisce di nuovo in fondo. Una doppia scarica di piacere sconvolge il mio cervello, ripete ancora e ancora questo va e vieni, sempre più forte, più veloce: urlo di piacere.

«VENGO! Sì, ora vengo!»

Sconvolta, sollevo le gambe dietro di lui, non voglio che esca. Mi lascia assaporare per un momento l’orgasmo, poi, con maggior impeto, torna a limarmi con un movimento ben cadenzato. Mi sbatte con forza l’addome contro il mio monte di Venere, mi schiaccia il bottoncino con il suo peso ad ogni affondo. Io assecondo i movimenti, lui prende le mie caviglie e le porta in alto, sulle sue spalle. Impazzisco, lo sento entrare con impeto e vigore, mi sconvolge.

«Sì, dai, vengo! VENGO! Vengo...mhmm…»

Sfinita, mi lascio girare.

«Appoggia il viso sul cuscino.»

Mi ordina ed io obbedisco. Mi prende da dietro, lo sento arrivarmi in gola. Mi pompa con più calma, ma sempre infilando tutto il meraviglioso palo di carne rovente, dentro di me. Sento un nuovo orgasmo montare, mi pompa più forte, ho bisogno di respirare, stacco il viso dal cuscino e mi giro. Il sangue mi si gela nelle vene, il respiro si ferma, rischio un infarto: in piedi, accanto al letto, c’è Carlo, nudo, che mi osserva e sorride. Lucio si è fermato, io non so cosa dire, lui s’inginocchia sul letto ed avvicina il suo membro, alla mia faccia.

«Dai, prendilo in bocca, ora godiamo; poi ti spiego.»

Senza aggiungere altro, m’infila il glande fra le labbra. Sbalordita, apro la bocca. Lucio ricomincia a sbattermi da dietro, succhio Carlo che mi tiene la testa fra le mani, mi scopa in bocca. Il piacere riprende a scorrere come il mio sangue nelle vene; avrei mille domande, ma ora è solo tempo di godere. Mi pompano in perfetta sintonia, mi prendono, mi usano a loro piacere. Questa sensazione di esser usata mi eccita, l’orgasmo non tarda a manifestarsi. Urlo con la bocca piena appena riesco a gridare, mentre vengo scossa dal piacere.

«Prendiglielo in bocca.»

Mi ordina Carlo. Mi giro e posso finalmente ammirare in tutta la sua bellezza, il piolo di carne che mi ha fatto impazzire. Lo lecco, cerco di prenderlo in bocca, ma a stento riesco a far entrare il solo glande. Carlo, intanto, si è messo dietro di me, infila il pollice dentro e, con la mano aperta, mi munge la vulva, stimolando il bottoncino. Impazzisco e, contemporaneamente, lo sento sputare sul forellino anale, intuisco il suo desiderio, lo assecondo, lui sfila il pollice, fradicio dei miei umori, e lo infila deciso dietro. Mi lubrifica bene, poi si distende supino, il suo membro svetta lucido e pronto. Mi giro, m’impalo su di lui, mentre sento la cappella di mio figlio forzare lo sfintere, entrare decisa, spingo in basso il mio corpo e mi faccio penetrare il suo meraviglioso palo nell'intestino. Resto un momento immobile, mi sento sfondare le reni, un misto di dolore e piacere invade il mio corpo.

«Sì, dai, è bellissimo! Sfondami il culo!»

Faccio su e giù per farlo entrare bene, a quel punto sento mio marito aprir le gambe e Lucio infilarsi in mezzo a noi: intuisco il loro intento. Ultimamente Carlo mi aveva espresso il desiderio di aver un altro maschio nel nostro letto. Sollevo le gambe, le appoggio sulle cosce di Carlo, lui mi afferra i glutei, mi solleva in alto e Lucio appoggia il suo glande fra le grandi labbra della mia micetta, che è più stretta per il palo che mi slarga dietro. Lentamente, ma con determinazione, assecondo anche questa introduzione. Ora sono entrambi dentro di me. Sono sconvolta, mi squarciano, mi dilatano, sento le pareti della vagina tendersi, godo. Un piacere intenso comincia ad invadere ogni cellula del mio essere. Cominciano a muoversi ed io impazzisco.

«Sbattetemi tutta! Pompatemi ogni buco! Spaccatemi tutta! VENGO!»

Ero in delirio. Un orgasmo sconvolgente, mi fa tremare tutta, perdo ogni remora, li incito.

«Più forte! Più forte!»

 

Carlo, da dietro, afferra i miei seni, li stringe, mi tortura i capezzoli, mi fa volutamente male/piacere, nello stesso tempo. Sollevo le gambe in alto, le congiungo dietro la schiena di Lucio, posso così assecondare ogni suo movimento e, quando affonda in me, io spingo in alto il bacino, per andare incontro alla sua penetrazione, con un piacere ancor più intenso. Mi pompano da morire, poi Carlo invita il figlio a stringerlo in un abbraccio con me in mezzo; in qualche modo riescono a non far uscire i loro membri da me, mentre si sistemano sul lato. Mi sollevano la gamba destra e per me è l’apoteosi: fino a quel momento, mi hanno pompato in sincronia, uno dentro l’altro fuori, ora, invece, mi sbattono ognuno per proprio conto, con un ritmo incredibile; sento l’ennesimo orgasmo arrivare e li incito.

«Sì, così! Vengo! Mi fate impazzire così! Eccomi! Vengo!»

Per loro è il segnale che aspettavano. Mi piantano contemporaneamente entrambi i loro pali dentro e caldi getti di seme inondano i miei buchi, provocandomi ancora altro piacere sconvolgente. Grido e loro mi fanno eco. Restiamo immobili per qualche minuto, il respiro torna a esser normale, Carlo mi bacia.

«Ti amo.»

Lo guardo, mi sciolgo dal loro abbraccio, m’inginocchio sul letto, sento colare il loro nettare dai due buchi, ampiamente dilatati e riempiti, metto le braccia incrociate sul petto e, con un’aria che dovrebbe esser incazzata, chiedo spiegazioni. Carlo apre le braccia e m’invita a distendermi fra loro.

Si guardano, poi prende a parlare.

«Circa un mese fa, quella sera che tu eri a cena con le tue amiche, ero in casa, nel mio studio, cercavo di organizzare questa vacanza; ho sentito lui rientrare, sbattendo la porta. L’ho chiamato, ma non mi ha sentito. Poco dopo sono andato in camera sua, la porta era socchiusa, l’ho visto che aveva acceso il pc, quello portatile, e si stava segando davanti ad una tua immagine in topless. Da un po’ di tempo, mi ero accorto che ti guardava in modo diverso. Io avevo preso a confessarti la mia fantasia di aver un maschio in più nel nostro letto; allora ho afferrato l’occasione al volo. Son tornato nello studio, ho preso il dischetto delle nostre foto ‘particolari’ e son tornato da lui.»

Poi continua Lucio.

«La serata, fino a quel momento, era stata pessima. Cinzia mi aveva appena detto che voleva un periodo di riflessione; mentre io parlavo di convivenza, lei decideva di restar lontani: ero a pezzi. Quando l’ho visto entrare, mi si è gelato il sangue nelle vene, avevo il cazzo in mano e la tua foto davanti; ma lui mi ha sorriso e mi ha detto:

 

"È per lei che ti seghi? Allora è giusto che tu abbia una versione più erotica!"

Io ero senza parole, ho solo fatto di sì col capo, allora lui ha inserito il suo dischetto. Nello schermo hanno cominciato a scorrere le immagini di te che ti mostravi in pose fantastiche, oscene, erotiche, che lo prendevi in bocca e altro, ma la cosa più incredibile è stata che lui ha aperto i pantaloni e si è messo a segare lì con me. Era incredibile, io che mi masturbavo insieme a mio padre, mentre sullo schermo scorrevano le immagini di mia madre. Una settimana dopo, mentre facevamo la doccia, dopo il calcetto, lui mi ha fatto una richiesta ben precisa:

«Ti piacerebbe andare oltre? Vorresti fare di più con lei?»

Ho accettato ed abbiamo organizzato tutto questo. Le telefonate che lui riceveva, erano le mie e servivano a costruirgli il pretesto per lasciarci soli, mentre lui m’istruiva su quali punti e in che modo, farti morire di piacere.»

Continua Carlo.

«Ti ho volutamente ignorato, in maniera che la tua voglia fosse alle stelle, per dare a lui più opportunità che potessi cedergli.»

Mentre parlavano, le loro mani hanno continuato ad accarezzarmi. Io ho segato lentamente i loro membri, che sono rimasti turgidi.

«Siete due impuniti, avete architettato tutto alle mie spalle, come sempre, ma vi perdono a patto che ora si recuperi la settimana in cui son rimasta all’asciutto.»

Loro si danno un’occhiata, si sollevano in ginocchio, mi offrono i loro due pali già quasi pronti da succhiare. Li lecco, cerco di infilarli entrambi in bocca e quasi ci riesco, ma sono di nuovo in tiro. Lucio si distende, m’invita a salire su di lui. Appoggia il glande al mio buchetto dietro, lo sento tendersi, aprirsi, lui scivola dentro, agevolato dal fatto che sono ancor piena del seme del padre. Mi penetra dentro e me lo sento in gola.

«Dai, aprimi tutta! Spaccami!»

Lo incito, lui non si fa pregare e mi spinge le gambe in alto, per farlo entrare tutto. Carlo si mette in piedi, mi offre il suo da succhiare; lo lucido a dovere, sento Lucio aprir le gambe, so già che l’altro mi penetrerà davanti ed il gioco riprende. Mi distendo sul petto di mio figlio e chiudo gli occhi.

"È una follia; pura follia!"

Mi ripeto mentalmente, mentre Carlo comincia ad entrare dentro di me. Mi prendo dentro il suo cazzo già duro e voglioso, lo sento scorrere bene dentro la mia vulva, ancora piena dello sperma inoculatomi.

 

"Sì, è pura follia!"

Penso, mentre il piacere torna a far vibrare il mio corpo.

"È follia quello che sto facendo!"

Mi ripeto in un ultimo barlume di ragione, ma, ora, non m’importa nulla: voglio godere e mi abbandono all’impeto dei due maschi che mi pompano dentro tutta la loro libidine e passione.