lo zio franco

Capitolo 5 - La resa dei conti.

pennabianca
10 days ago

«Quando cominciammo a giocare allo scambio, tua madre era la regina delle serate. Lei e Franco si scatenavano in maniera incredibile; la loro intesa e libidine non era seconda a nessuno. La fantasia nel creare sempre un gioco nuovo, la faceva sentir viva, tanto che una volta andarono in vacanza lei e Franco da soli, lasciando Rosa e Mario qui sull’isola. Credo che Mario, in fondo, fosse un po' geloso della loro intesa. Quando lei è rimasta incinta di te, non è stato palese se volesse avere un altro figlio o figlia, o volesse far diventare Franco padre, dal momento che Rosa era sterile, per questo è scoppiato il casino.» La guardo, mi rendo conto che le cose ora cambieranno, voglio vivere una nuova vita con Franco, il mio vero padre, qui all’isola; non m'importa di tutto il resto, degli altri me ne voglio fregare, qui mi sento bene, protetta e amata e questo mi basta. Lisa mi abbraccia e bacia, sento le sue mani accarezzarmi, mi eccito, ma lei m’invita a tornare su in casa. Trovo lo zio già vestito. «Andiamo: il traghetto sta entrando in porto, tornano Fabio e Pamela, se non ci affrettiamo, faremo tardi.»

Partiamo e, arrivati al molo, li vediamo sbarcare fra gli applausi di tutti i marinai del traghetto. Lo zio mi spiega che Fabio lavora su quelle navi. Fatte le presentazioni andiamo a casa di Lisa, Pamela mi prende un momento in disparte. «Dunque, sei tu la nipotina di Franco o dovrei dir la figlia? Mi hanno raccontato che sei una vera furia a letto, non vedo l’ora di assaggiare le tue carezze e baci.» La guardo, non c’è cattiveria nelle sue parole, lei mi fa l’occhietto d’intesa e ridiamo di gusto, mentre Lisa ci osserva divertita a sua volta. Nei due giorni successivi, lei è molto impegnata con i parenti, poi, una sera, siamo tutti e due invitati ad una grigliata a casa degli sposi: vogliono festeggiare il ritorno con gli amici. La festa è molto divertente, rido e mi sento al centro dell’attenzione di molti ragazzi: per me è una vera novità; sono ad una festa e nessuno mi prende per mano e mi porta dentro una stanza per scoparmi. Ad un certo punto della serata, vedo i ragazzi tutti intorno allo sposo, mi avvicino per capire e li sento discutere animatamente: è Fabio che si impone su tutti. «Non sento ragioni! Oggi è la mia festa e ci deve esser anche lui: andiamo a prenderlo.» Escono tutti, io guardo interrogativamente Lisa, che mi si avvicina e mi spiega che Simone, la persona assente, oltre ad esser il cugino di Pamela, è anche il miglior amico di Fabio. Un giorno era tutto pronto per sposarsi con una bellissima ragazza tedesca, ma lei l’ha mollato sull’altare; lui l'aveva presa malissimo ed aveva cominciato a bere. Ora capita che sparisca per giorni per ubriacarsi; è un vero peccato perché è un ragazzo meraviglioso e si sta rovinando per quella stronza. Poco dopo li vediamo tornare, facendo un casino enorme, insieme a loro c’è Simone: resto basita; è il ragazzo dell’altra coppia che scopava con loro, quindi Lisa si era fatta sbattere dal marito, figlio, amico e nipote della nuora, mentre dalla nuora si faceva leccare: hai capito quante tresche custodiva quest’isola? Mi colpisce la bellezza del giovane, nonostante sia un po' trasandato, ha un suo fascino, ma tutti lo trattano come un povero diavolo; sento di dover fare qualcosa per scuoterlo: in fondo, qui, mi hanno aiutato a trovare me stessa, perché non cercare di esser utile? lo avvicino, Pamela ci presenta, lui mi tratta subito come un'estranea non capendo quali possano esser le mie intenzioni, anzi, quasi mi offende e quindi passo all’attacco.

«Mi hanno detto che ti piace bere.» Lo provoco, mentre nel salone scende un silenzio irreale. Tutti hanno sentito le mie parole. Lisa e Franco mi guardano con aria di rimprovero, gli altri stanno con gli occhi bassi. «Anche a me piace farmi un bicchierino; che ne dici di fare una scommessa? Chi perde, dovrà esaudire un desiderio del vincitore, qualunque esso sia.» Lui mi guarda stupito, un po’ indispettito dal mio atteggiamento strafottente. «Sei sicura? Qualunque cosa? Mi sembra troppo facile. Naturalmente la scommessa si paga dopo la sbronza.» Annuisco e confermo. Mi guarda divertito, tutti sono sbigottiti; lui ci pensa un po' su ed accetta. Stabiliamo la misura dei bicchieri, media grandezza, poi si comincia: uno io, uno lui, Pamela è incaricata di tenere il conto. Non è, per vero, la prima volta che faccio questo gioco, anzi mi considero una veterana. Loro non lo sanno e nemmeno lui, quindi, spero di vincere; ho una certa idea per la testa. Al quindicesimo bicchiere, noto una certa difficoltà in lui e, dopo altri tre, crolla; non è che io stia meglio, mi alzo malferma sulle gambe e reclamo la mia vincita. «Accertato che ho vinto io, da questo momento tu, per la durata di un anno, non dovrai più bere nemmeno una goccia d’alcool, solo una birra al giorno e nient'altro.» Lui si scuote, mi guarda, cerca di obbiettare, ma, a questo punto, tutti hanno capito ed approvato il mio scopo, quindi lo invitano a rispettare il patto, ma lui se ne va furioso. L’indomani mattina, lo vedo comparire a casa, mi porta una cassetta di pesci che ha ordinato lo zio; mi guarda, sono in costume: «Non so come, ma penso che tu abbia barato.» Mi dice, sostenendo il mio sguardo. «Andiamo a fare un bagno?» Gli propongo e, senza aspettare la sua risposta, lo prendo per mano e scendiamo al mare. Mi tuffo e nuoto, lui mi segue. Poco dopo lo ritrovo di lato. «Dove hai imparato a nuotare? Fai un casino pazzesco e sprechi energie.» Mi dice, facendomi fermare. Mi spiega come fare: effettivamente mi muovevo troppo, mentre lui increspava appena l’acqua. Bastano pochi consigli e già mi rendo conto di esser migliorata, torniamo verso lo scoglio e usciamo dall’acqua. Mi distendo al sole, lui mi si affianca. «Dove hai imparato a bere in quel modo? Ne ho viste poche di donne capaci di regger tanto.»

Mi dice con voce calma. «Credo che sia come il nuoto: tu sei un pesce, io un casino. Nel bere basta sapere quando fermarsi, purtroppo io, il mio limite, l’ho cercato tanto e mai trovato.» Gli rispondo, fissandolo negli occhi. «Franco mi ha raccontato che ti sei messa nei casini e che sei venuta qui per ritrovare la tua serenità; era giusto che facessi questo: sei anche tu figlia dell’isola; chi viene concepito o nasce qui, ne sente l’appartenenza per tutta la vita. Io non potrei vivere in nessun altro posto al mondo.» «Per questo che la tedesca ti ha mollato?» Gli chiedo con un tono calmo. Lui incassa il colpo, mi guarda e si avvia verso la scala. Capisco di aver esagerato, allora lo afferro e lo bacio di colpo. Per un momento, resta immobile, stupito dal mio gesto, poi corrisponde con ardore e mi stringe a sé. Mi abbraccia forte, sento il suo sesso crescere e premere contro la mia pancia. Restiamo un momento incollati, immobili. «Non cercar di barare anche questa volta, se vuoi che io rispetti quanto ti ho promesso ieri sera, dovrai controllarmi da vicino, se invece vuoi solo scopare hai sbagliato persona.» Mi dice con tono duro, fissandomi in volto. «Avevo solo il desiderio di baciarti: se voglio che qualcuno mi scopi, lo trovo quando ne ho bisogno, senza problemi, ma tu, sei sicuro che non toccherai più dell’alcool? E poi, chi ti dice che abbia voglia di scopare con te?» Gli rispondo ancora più dura. Abbassa il capo e sale le scale, io lo rincorro e lo attacco. «Allora è vero quello che dicono di te? Sai solo fuggire? Ma che razza di uomo sei? Reagisci! Sei un bel ragazzo e ti butti via per una puttana di tedesca, che ti ha solo scopato? Non è stata capace di capire che tu, da qui, non te ne saresti mai andato; e tu, ancora ci muori per lei? Cazzo! Ma tutte le altre, trovano dei maschi cosi devoti?» Gli urlo e scoppio a piangere come una scema. Si ferma, si avvicina, mi prende per mano e saliamo. «Ti va di restare a pranzo? Potresti insegnarmi a cucinare il pesce, tanto ho deciso che da qui, non me ne vado più, quindi, tanto vale, che impari a cucinarlo bene, se voglio trovarmi un compagno.» Mi guarda, cercando di capire cosa voglio veramente. «Dite tutte così, poi, un giorno, l’isola vi sta stretta e via, incuranti di chi resta con il cuore spezzato.»

Mi dice, con estrema tristezza. Torniamo in casa, lui mi spiega come si pulisce il pesce; è bravissimo, non ci punzecchiamo più, sembra come se, fra noi, fosse calata una tregua. Cuciniamo e lui mi spiega tante cose; mi rendo conto che ho davanti a me un ragazzo meraviglioso, dolce, simpatico e ironico, lo scoperei volentieri, ma ora mi accontento di averlo solo provocato. «Questa notte ci sarà luna piena: ti va di venire con me a pescare con il palamito?» Mi chiede con dolcezza. Accetto. La sera, dopo aver rivisto lo zio, ce ne andiamo via, io e lui da soli. Prende una piccola barca e ci addentriamo nel buio della notte. Superata la punta del capo, ci troviamo immersi nel buio più nero, quando, da dietro il monte dell’isola, sale una luna piena, enorme, bellissima. Ho un brivido, quasi di freddo, mi avvicino a lui, mi appoggio al suo petto ed osservo lo spettacolo della natura in silenzio, rotto solo dal rumore del motore della barca che, improvvisamente, lui spegne. Scivoliamo sul mare, lui distende un lungo filo pieno di ami con esca, io lo osservo. È perfetto, sia nei gesti che nel muoversi, sembra una sola cosa con la barca, il mare ed il silenzio. Finito si avvicina a me, mi stringe, mi bacia, lo desidero, lo voglio. «Ti avverto che potrei innamorarmi di te: dimmi che non fai questo per vendicarti dell’altra.» Gli chiedo con un filo di voce. Mi bacia ancora, sento la sua bocca scendere sul mio collo. «Ieri sera ero furioso con te: ti avevo inquadrato come una della terra ferma venuta qui a far la solita annoiata, che vuole divertirsi un po'. Poi, questa mattina, ho costretto Franco a raccontarmi tutta la tua storia, o quasi, ed ho appreso che anche tu, come me, sei un naufrago, alla deriva della vita. Ho ripensato a ieri e ho sentito il desiderio di rivederti. Quando mi hai baciato, per un momento ero convinto di esser ancora sbronzo, poi ho capito. Non ti sarà facile con me; ho fatto un bel po’ di casini, ma vorrei provarci, ti chiedo solo di non piantarmi in asso: quando ti accorgi che non va, dimmelo.» Mi dice con un tono di voce quasi a supplicarmi. Lo bacio, lo stringo. «Ho paura! Ho tantissima paura di non esser all’altezza di tutto questo. Ho fatto tantissimi casini e non ne sono ancora fuori. Mi son ridotta uno straccio fra alcool e sesso, quindi, pensaci, potresti non fare un buon affare; io di cazzi ne ho presi tanti, ma, se ci stai, io voglio provarci.»

Mi bacia, sento forte il desiderio di lui, lo spoglio rapidamente e lui fa la stessa cosa con me; mi succhia i seni, mi morde, impazzisco, lo cerco, lo tocco, accarezzo ogni millimetro del suo corpo, la luna immensa illumina il nostro selvaggio amplesso, sento il suo durissimo randello farsi strada dentro di me, godo e urlo come una lupa alla luna. Lo desidero, lo voglio con tutta me stessa. Lui non si fa desiderare. Mi penetra con incredibile lentezza, quasi a voler far in modo di farmi assaporare ogni centimetro del suo meraviglioso palo. Urlo e vengo quando batte in fondo all’utero. Mi pompa con maestria, mi lima, mi porta verso il piacere che scuote il mio corpo, fin dentro ogni singola cellula, poi esplode in me con un orgasmo ed un urlo che sembra quello di un leone che tiene a ribadire alla savana che sta godendo con la sua femmina. Sfiniti, scivoliamo in mare. Il fresco del mare, rivitalizza i nostri sensi, risaliamo in barca ed io lo prendo in bocca, lo voglio, desidero farlo urlare di nuovo. Lui mi asseconda, gode del piacere delle mie labbra, io mi giro e lo invito a prendermi da dietro, lui mi osserva per un attimo, poi entra deciso dentro di me, fino in fondo. Urlo di nuovo, godo e lo incito. Mi pompa con furore, godo e godo, senza tregua, poi, quando anche lui sta per venire, lo avverto mentre si gonfia dentro di me. Lo fermo, lo faccio sfilare da davanti e me lo punto direttamente al mio fiore anale, già rilassato e pronto. «Inculami! Dai... spaccami anche questo buco! Sono la tua cagna, vacca, la tua femmina da monta! Dai, toro meraviglioso, sfondami tutta!» Non esita. Mi spinge il suo durissimo palo direttamente tutto dentro. Mi serra le mani ai fianchi e mi pompa con dei colpi devastanti, che mi fanno impazzire di piacere. Godo, urlo e lo incito a venire. Mi sfonda con altri colpi furiosi, poi esplode dentro di me. Mi sento inondare l’intestino del suo caldo liquido, che sembra sgorgare senza fine, poi, sfiniti, ci distendiamo abbracciati. «Accidenti! Ma da quanto, non godevi? Mi hai inusitatamente inondato l'intero corpo di meravigliosa sborra!» Gli dico con un filo di voce. Mi sorride, mi stringe a sé e poi mi guarda dritto negli occhi. «Ti prego, non barare con me. Se ti volevi fare solo una scopata, dimmelo! Non sopporterei un nuovo fallimento. Credo di potermi innamorare di te ed ho una maledetta paura.» Ci stingiamo, sentendo dentro di noi la necessità di scambiarci fiducia. Parliamo molto e anche questa per me è una grande novità; poi all’alba, tirata su la lenza, torniamo con un ricco bottino, ma la cosa che appare subito a tutti, è che noi due stiamo diventando inseparabili. Il sabato, nel pomeriggio, vedo arrivare a casa dello zio, Mario con mamma. Hanno entrambi l’aria da cani bastonati, non mi spiego il motivo. Ma poi è lo stesso zio Franco che a cena, alza un calice di vino, e propone un brindisi, rivolgendo lo sguardo a me e Simone, immancabilmente seduto al mio fianco: «Brindo a lei che, finalmente, posso chiamare figlia, senza doverlo più nascondere e vorrei che voi vi chiariste, tanto, da quello che ho capito, dubito che lei se ne andrà via dall'isola.» Tutti mi guardano ed alzano il calice; poi mamma si avvicina e mi abbraccia, chiedendomi scusa per tutto quello che mi ha negato. Lisa mette della musica, invita mamma a ballare e noi le osserviamo, mentre, dolcemente, mamma si lascia andare e ci scappa un fervido bacio. Un lungo applauso è da stimolo per tutti; in breve ci abbracciamo e balliamo insieme. Mario mi stringe a sé e mi sussurra: «Piccola mia, mi dispiace di averti rifiutato quel giorno. Sapessi quante notti ci ho pianto e desiderato quel tuo corpo, ma mi sentivo in colpa e non potevo farlo.» Lo guardo, mi giro verso Simone che mi osserva, lo vedo sorridere e farmi un gesto d’assenso con il capo; allora mi abbasso, apro i pantaloni di Mario, gli tiro fuori il cazzo e lo prendo in bocca. Si scatena una vera orgia. Dopo aver succhiato il suo cazzo e averlo fatto subito godere, mi tengo un po' in disparte, abbracciata a Simone, ed osservo mamma e Lisa che si danno reciproco piacere, mentre gli altri maschi si alternano dentro i loro buchi, riempiendoli del loro piacere. Da quella sera son passati anni, mi son sposata con Simone ed abbiamo tre figli: due maschi ed una femmina, che oggi ha diciotto anni. La guardo, mentre, seduta sul cazzo del padre, si succhia il cazzo del fratello maggiore. Che dire? Buon sangue non mente...