lo zio franco

Capitolo 3 - Altre rivelazioni..

pennabianca
2 months ago

«Dai, leccami! Dai, che non resisto! Non ce la faccio più!»

Tuffa la sua lingua fra le pieghe della mia figa ed esplora ogni centimetro della mia intimità, provocandomi brividi di intenso piacere. Gemo anch'io con la bocca incollata al suo clito, lo succhio con forza, mi fa vibrare di piacere. Sento arrivare prepotente un nuovo orgasmo, intensifico il giochino di lingua e la porto con me all’orgasmo. Godiamo quasi nello stesso momento. I nostri corpi tremano scossi dal piacere. Ci rigiriamo, lei mi lecca le labbra alla ricerca del suo sapore. «Sei meravigliosa, mi hai fatto godere molto.» Io però voglio ancora succhiare il suo clito, mi distendo su di lei, le mordo i capezzoli, facendola fremere. «Sì, così! Dai, che mi fai morire!» Scendo in basso, indugio fra le sue cosce, non ho fretta di leccarla, lei impazzisce, mi vuole. «Dai, leccami, ti voglio!» Mi prende la testa e la schiaccia sulla sua vulva aperta e fradicia di umori. Arrotolo la lingua e comincio a scoparla dentro e fuori: va via di testa. «Sì, bellissimo! Cosi, dai, sei Fantastica! VENGO! Ora!» Trema in maniera devastante. Si rigira e, in qualche modo, m’infila tre dita dentro la figa ricolma di umori. Mi pompa con impeto travolgente, godo! Sfinite e con il respiro corto, ci distendiamo a riprendere fiato. «Andiamo a farci una doccia.»

Poco dopo siamo insieme sotto la doccia, lei m’insapona tutta, mi bacia: è una furia scatenata e, alla fine, con le bocche incollate e due dita piantate dentro, raggiungiamo l’ennesimo orgasmo. Il mattino dopo, mi sveglia con un dolcissimo bacio, ci accarezziamo un poco, poi andiamo al negozio. Per tutto il giorno siamo impegnate con i clienti che sbarcano in continuazione dai traghetti; gli affari vanno bene, ci troviamo in perfetta sintonia noi due. Solo verso mezzogiorno, vediamo tornare Bruno e lo zio, ci fanno un saluto, ci dicono che la pesca è stata buona e vanno a dormire. Durante l’ora di pranzo, abbiamo un momento di tregua. «Che tipo era mia zia?» Lei mi guarda con un sorriso allusivo, morde il panino, poi mi risponde: «Una gran brava persona.» La guardo, rido. «Non fare la finta tonta, hai capito benissimo cosa intendevo con quella domanda.» Lei abbassa lo sguardo, conosco la risposta, ho visto le foto, ma voglio il suo parere.

«Rosa era la persona più dolce del mondo; è stata lei a insegnarmi a godere fra le braccia di una donna. Sai, con gli uomini godi, ma nulla è più dolce di una leccata fra donne; ecco, lei era così. Ti faceva impazzire, aveva un suo modo particolare di leccarti che tu me lo ricordi molto: quando arrotoli la lingua e la spingi dentro, era una cosa che lei faceva sempre; ma sei sicura che non ti ha mai fatto provare niente? E poi dimmi: come mai una bella ragazza come te è finita qui? Cosa ti è successo per ridurti così? Un dispiacere? Un problema serio? Cosa?» La guardo, bevo un sorso d’acqua, e le rispondo. «Sono andate storte un po’ di cose.» Taglio corto, ma lei mi si avvicina e mi guarda negli occhi in attesa. «Chi ti ha ridotto così? Con che razza di bastardo ti sei impelagata per ridurti in questo stato? Non credi che, dopo ieri sera con me, ti puoi confidare?» La guardo, il rospo che mi porto dentro è grosso, ma devo decidermi a sputarlo fuori. «Non vado molto d’accordo con la mia famiglia; mi son sempre sentita trascurata, fuori posto, quasi un’intrusa. Con mia madre non avevo dialogo, i miei fratelli sempre impegnati, l’unico che mi dava un po’ d’attenzione era mio padre. A quasi diciassette anni, scambiai le sue attenzioni per amore, ne ero innamorata a tal punto che ero decisa a tutto per averlo, feci di tutto per sedurlo, mi facevo vedere sempre mezza nuda, lo baciavo, mi stringevo a lui, ma lui mi resisteva, seppur con un certo imbarazzo, davanti alle mie palesi intenzioni. Un giorno lo chiamai in camera mia e mi feci trovare nuda, a cosce aperte, distesa sul letto e mi toccavo con la mano; lui entrò, gli dissi: "Prendimi, sono tua, scopami, ti voglio!" Lui rimase per un attimo immobile a guardarmi; vedevo i suoi occhi pieni di desiderio, poi, scosse il capo e mi disse: "No, sei mia figlia, rivestiti!" Ci restai malissimo. ero stata rifiutata da mio padre! La presi molto male, ma il peggio fu che tutta la scena era stata vista da Luca, mio fratello maggiore. Uscito papà, entrò in camera mia, ero ancora nuda, e mi disse che, se non avessi fatto tutto quello che voleva lui, avrebbe raccontato tutto alla mamma. Ho accettato e, subito, mi ha piantato il cazzo in gola: "Succhia tutto e bevi fino all’ultima goccia!" Ho preso a leccarglielo, ma lui mi piantava tutto il suo cazzo in bocca e, ti assicuro, che sta ben messo; quando è venuto, credevo di affogare da quanta sborra mi ha schizzato in gola. Da quel momento, sono diventata la sua schiava, da amante di mio padre a puttana di mio fratello. Per prima cosa mi ha fatto visitare da un suo amico ginecologo, che mi ha prescritto la pillola, ovviamente, per pagar la visita, gli ho dovuto fare un bocchino, poi mi ha sverginato, sia davanti che dietro. Mi ha scopato con impeto, quasi in maniera brutale. Quando mi ha inculato, ho sentito un dolore atroce ed avrei voluto che smettesse, ma lui non ha sentito ragioni: mi ha infilato il suo cazzo tutto dentro in un colpo solo, tremendo! Lentamente mi son abituata al suo modo di scoparmi. Tutta questa intimità non è sfuggita a Marco, l’altro fratello, che ci ha sorpreso una sera mentre lui m’inculava con forza. Ha minacciato di raccontare tutto a mamma ed a Flavia, moglie di mio fratello che nel frattempo si era sposato, se non avesse avuto anche lui la sua parte. Così, da un cazzo da soddisfare, sono diventati due e, ti assicuro, che anche l’altro, quando ti penetra, lo senti. Per un po’ è stato anche bello, venivo fottuta in continuazione, anche in doppia, ma una sera mamma ci ha quasi scoperti. Non ha avuto la certezza, ma il sospetto sì: mi ha detto di star alla larga dai miei fratelli, avendo delle mogli molto gelose. «Se ti piace far la puttana, vai fuori a trovar chi ti sbatte.» Così, non sussistendo più la minaccia di un casino, ho cominciato a trovare altri che mi sbattevano, sempre di più, sempre più numerosi, fino a stordirmi, ma, alla fine, neanche questo mi bastava più, allora ho cominciato a bere: sesso e alcool, fino al punto che ho quasi rischiato di morire. Mi ha salvato il fatto che mio zio mi ha portato via da quel contesto. Forse cambierò vita.» Lei mi guarda e mi bacia sulla bocca, in maniera dolcissima. «Mi dispiace di quello che ti è capitato, ma son sicura che se ne parli con tuo zio, lui ne sarà felice: ti vuole molto bene.» Torniamo al lavoro e, solo verso sera, il flusso dei clienti termina: è stata una proficua giornata, abbiamo fatto un bell’incasso. Poi arriva Bruno, ci dice che lo zio ci aspetta a casa, che sta già cucinando il pesce per tutti. Lisa protesta che vorrebbe andare a casa per farsi una doccia, io la guardo, le sorrido. «Anche a me fa piacere farmi una doccia, dai, vieni che la fai da noi.» Pochi minuti e siamo a casa. Lo zio sta cucinando del pesce sulla griglia. «Avete cinque minuti per la doccia.» Entriamo insieme nella doccia. L’insapono, lei lo fa a me, sento indurirsi i miei capezzoli, mi sto eccitando, la prendo da dietro, l’accarezzo, scendo in basso, l’accarezzo fra le cosce, geme. «No, fermati, ho in mente una certa idea e, se tu mi assecondi, ti garantisco che questa sera una dose massiccia di piacere non ce la toglie nessuno: dai, non perdiamo tempo.»

Usciamo senza nemmeno asciugarci, lei estrae da una piccola busta due copri costume, due veli di cipolla, assolutamente trasparenti. «Indossalo!» Lo guardo, l’annodo al fianco, è come esser nuda. Con i seni al vento, usciamo sul giardino; i maschi, al nostro arrivo, si danno un’occhiata d’intesa e si tolgono la maglietta con la scusa del caldo; i loro pantaloncini cominciano a gonfiarsi, davanti. Mangiamo, durante la cena lei spesso prende del pesce con le mani e lo infila nella mia bocca, poi aspetta che le succhi le dita. La cosa eccita sia me che loro, vedo le loro patte dei pantaloni belle gonfie. Improvvisamente Lisa rientra in casa e ne esce, poco dopo, con un disco di vinile tra le mani e lo sostituisce a quello che il giradischi dello zio faceva suonando. Dopo un momento di silenzio, riconosco, dalle prime note, la splendida musica del sax di Fausto Papetti; lei invita lo zio a ballare a piedi nudi sul prato del giardino. Più che ballare, il loro è uno strusciarsi di corpi; resto ammirata dalla bellezza dei loro movimenti, quando improvvisamente, da dietro, Bruno mi cinge i fianchi. Sento aderire il suo bozzo in mezzo al solco delle natiche, mi sto sciogliendo fra le gambe.