lo zio franco

Capitolo 1 - arrivo all'isola.

pennabianca
12 days ago

Mi rigiro nel letto dell’ospedale, sento dolori su tutto il corpo, ho un cerotto sulla fronte: che mi è successo? Ora ricordo, sono finita fuori strada con la macchina. Ricordo tutto, la sbronza, il sesso sfrenato e poi il ritorno verso casa, l’incidente, mio padre che passa poco dopo e vede la mia macchina che ha fatto molte capriole, per finire rovesciata vicino casa. Ero andata ad una festa di laurea, mi son messa dentro una stanza, ero la svuota palle della sera. Chiunque, entrando dentro la camera con un bicchiere di qualche liquore forte, Gin, vodka, whisky, o qualunque altra bevanda, poteva infilarmi il cazzo in bocca; io lo succhiavo fino a farlo schizzare nella mia gola, un cazzo, un bicchiere, fino al punto di perdere il conto sia dell’uno che dell’altro. Coperta di sborra, me ne sono andata ubriaca fradicia. Devo smettere di bere, di far sesso sfrenato, devo dare un senso alla mia vita. Ho venti anni, diplomata ragioniera, mi sto lasciando andare alla deriva, senza uno scopo o meta. Ho due fratelli più grandi che già lavorano nello studio di mio padre; sono architetti e lavorano in giro per il mondo, come Mario. mio padre, titolare e proprietario di uno dei più affermati studi d’ingegneria specializzata in strutture petrolifere. Io non l’ho seguito. Volevo fare un lavoro diverso, ma poi non ho combinato nulla. Ad un tratto, la porta della camera si apre ed entra l’ultima persona al mondo che mi sarei aspettata di vedere, mio zio Franco. Due anni più grande di mio padre, dieci anni fa, quando è morta mia zia Rosa in un incidente aereo, egli si è ritirato dal lavoro e dallo studio di architetto, lasciando a mio padre tutti gli affari per andare a vivere su di una piccola isola del Tirreno. «Ciao piccola, come va?» Lo guardo con occhi stupiti. Lui mi spiega che è venuto dalle nostre parti per il matrimonio del figlio di un nostro amico di famiglia; io, ovviamente, me lo ero dimenticato. «Tuo padre mi ha detto che hai fatto un bel volo: come stai?» Lo guardo e rispondo sarcasticamente. Come vuoi che stia? Da schifo! Ho un bernoccolo, tanti lividi, ed escoriazioni dappertutto. Forse ha ragione lui, devo decidermi a metter la testa a posto, ma ho una grande confusione; non riesco a decidere cosa voglio.» Mi guarda sorridendo; devo convenire che è proprio un bell’uomo. Alto, moro, leggermente brizzolato, fisico asciutto e leggermente abbronzato, è un tipo che non passa inosservato.

«Domani torno all’isola: potresti venire con me. Lì è quasi estate, c’è tanta tranquillità, puoi decidere con calma, se poi ti manca questa vita, puoi sempre tornare.» Ci rifletto un attimo, in fondo mi sembra giusto cambiar aria, sparire un po’, accetto! «Il dottore dice che puoi uscire; vestiti che ti porto a casa e, mentre io e i tuoi genitori andiamo al matrimonio, tu prepari le valige e domani mattina si parte.» Nella tarda mattinata del giorno dopo, partiamo; lungo il percorso, ascolto musica nelle cuffie del mio MP3; indosso dei semplici jeans ed una maglietta. Lo osservo nascosta dietro i miei occhiali scuri, che fasciano il mio viso, quasi a nascondere il cerotto che porto in fronte. Fa caldo, lui guida in maniera tranquilla, è quasi l’una, quando arriviamo al porto; la nave parte alle quindici. «Hai fame? Ti va di mangiare del pesce?» Lo guardo facendo le spallucce; non mi ricordo l’ultima volta che ho fatto un pranzo ad un'ora decente. Generalmente mi alzo, vado in frigo, bevo del latte freddo, mangio quello che trovo e poi me ne torno a letto. Entriamo in un ristorante, lui ordina due spigole; quando le portano, gli dico che non ci riuscirò a mangiar tutto. Lui ride, prende il mio piatto e abilmente sfiletta il pesce, lo condisce con succo di limone, me lo restituisce, lo mangio tutto, e mi stupisco di quanto era buono; lui mi sorride e questo mi fa sentire tranquilla. Il sole tramonta quando arriviamo all’isola: è meravigliosa, sono curiosa di vedere la casa, poi rifletto sul fatto che di lui conosco pochissime cose. Sempre in giro per il mondo, lui veniva poco a casa nostra, anche per il semplice motivo che sia lui, che papà, lavoravano insieme. Mi rendo conto che non so quasi nulla delle loro abitudini, della loro vita, e non ho mai visto la casa che ha qui. Sbarcati, percorre veloce la strada dal porto all’altro lato dell’isola, poi lascia la statale e s’inoltra nella campagna, per poi arrivare davanti ad un cancello che apre; in fondo, nascosta da una foresta di alberi di mimosa enormi, c’è una costruzione quasi invisibile, tutta in pietra del posto e legno. Entrando c’è un ampio salone, un angolo cottura, una grande finestra; indica che, oltre la casa, vi è un giardino, un muretto che delimita il promontorio, da cui si vede il mare che si raggiunge con una scalinata di circa quindici scalini. Entriamo dentro un piccolo corridoio che immette nell’unica camera della casa, dentro c’è una porta scorrevole, che si apre nel vasto bagno, mentre, dietro un’altra porta, vi è una cabina armadio molto grande. «Metti qui le tue cose, io preparo la cena; scegli da quale lato del letto vuoi dormire.»

Mi rendo conto che dovrò dormire con lui. Sarebbe la prima volta che passo la notte assieme ad un uomo e non ci faccio sesso: una vera novità per me che, ultimamente, non ho fatto altro che farmi sbattere da decine di maschi. Non ricordo nemmeno i loro volti, tutto quello che mi è rimasto in mente è la grande quantità di sborra che mi restava dentro. La cena è semplice e divertente, lo zio è un simpatico commensale, mi mette a mio agio, poi decidiamo di andare a letto. «Generalmente dormo nudo, ma poiché ci sei tu, metterò dei pantaloncini; tu regolati come vuoi.» Lo guardo stupita, ammiro il suo splendido corpo, sento un languore fra le gambe, decido di stare al gioco: indosso un semplice slip e resto a seno nudo. «Accidenti, quanto sei bella! Hai lo stesso fisico di tua madre, complimenti!» Sono lusingata dal complimento: non ricordo l’ultima volta che un maschio mi avesse detto che ero bella, in genere e al massimo era: "puttana, scopi bene" Distesa, con lui vicino, mi lascio prendere da certi pensieri erotici, ma poi rifletto: è mio zio, non voglio rovinare questo vincolo, così mi lascio prendere dal sonno. Quando mi sveglio, è già in piedi. Seminuda lo cerco per casa, lo trovo in giardino che raccoglie delle rose bellissime. «Buon giorno: hai dormito bene? Se ti vesti, facciamo colazione e poi scendiamo in paese: ho delle spese da fare.» Gli sorrido, è la prima volta che mi sento bene. Rientro, mi faccio una doccia. Mentre mi lavo, mi accarezzo un po', sono eccitata dal suo corpo, mi tocco e poi mi lascio andare ad un veloce orgasmo. Un gemito esce dalla mia bocca, lui mi chiama, la colazione è pronta. Esco, mi vesto e lo raggiungo. Dopo avermi rimpinzato di caffè e fette biscottate con marmellata, che non mangiavo da anni, scendiamo giù in paese. Mi rendo conto che lui è molto conosciuto. Tante persone lo salutano con cordialità ed avverto anche molti sguardi su di me: mi trovo assieme a lui in mezzo a molti uomini. È una sensazione molto bella; per la prima volta, da tempo, nessuno mi tocca, mi infila un cazzo in bocca o in un altro buco del mio corpo; mi rendo conto di esser stata davvero dissoluta. L’aria è calda, il mare bellissimo, vorrei fare il bagno, ma solo allora mi rendo conto di non aver un costume e, quando glielo dico, lui mi porta dentro un negozio di intimo. «Ciao Lisa, lei è Anna mia nipote, ha lasciato a casa il costume da bagno e, poiché passerà alcuni giorni qui, ne deve prenderne uno: sei disponibile a consigliarla?»

La signora è molto bella, sulla quarantina, molto ben portati, con un fisico ben curato, seno sicuramente molto più grande del mio, che porto solo una seconda, lei minimo una quarta. Mi mostra alcuni capi, poi scelgo un paio di modelli e vado nel camerino per misurarli. Decido per un modello sottilissimo e, quando misuro la parte di sopra, quasi non copre i capezzoli tanto è ridotto. Quando esco vedo lei che fa una carezza sul viso di mio zio: avverto una punta di feroce gelosia, colgo solo la fine di una frase che lei gli dice: «Sarà opportuno che sappia la verità.» Maschero il mio disappunto e mostro la mia scelta; decido per uno di colore nero ed uno rosso, lei rivolge uno sguardo allusivo a lui, poi mi sorride: «Ottima scelta, sono quelli in voga questa estate e poi... con il tuo fisico, te li puoi permettere. Complimenti» Torniamo e, durante il pranzo, indago in maniera velata sulla signora Lisa. «È una bella donna, è tanto che la conosci?» Lo zio mi guarda quasi divertito: deve aver colto la sfumatura della mia voce. «Sì, la conosco da tempo e sono molto amico anche con Bruno, suo marito; fa il pescatore e, spesso, ha bisogno di una persona che lo aiuti: ha Simone, il cugino di sua nuora, che pesca con lui, ma, in questi giorni, non sta troppo bene, quindi, forse, una di queste notti andrò con lui. Poi c’è anche suo figlio Fabio; ora è in luna di miele, ma tornerà la prossima settimana.»