Una donna diversa dentro di me!

Capitolo 1 - La promozione.

pennabianca
a month ago

Mi chiamo Sharon, ho 34 anni, sono alta, 1,70, capelli lunghi, castano scuro, occhi marroni, 3a abbondante di seno ed un bel culetto, almeno così dicono. Non sono magra, ma nemmeno grassa, credo di aver le curve al posto giusto. Sono sposata da otto anni con Paolo, dopo esser stati fidanzati per nove, ed abbiamo due figli piccoli. Lavoro da quattro anni, come segretaria in uno studio associato di consulenza fiscale. Lo studio è gestito da tre soci: il più anziano è Giulio, un sessantenne con un bel fisico possente e già questo mi intimidisce. Mi incute una certa soggezione e poi va aggiunto anche che ha due occhi da furbetto da cui ti senti sempre valutata quando ti osserva. Poi c’è Sandro, che è alto e magro, uno sguardo da porco che sembra spogliarti con gli occhi. La terza persona è Rosa, moglie di Sandro. Anche lei è anziana e di salute cagionevole, è ancora una bella donna di quelle un po’ rotondette, classica statura e corporatura mediterranea. Appena mi hanno assunta, circa quattro anni fa, lei mi ha fatto subito un bel discorsetto, senza troppi peli sulla lingua. «Mi serve una persona efficiente, intelligente e pratica. Il suo abbigliamento al lavoro deve essere costituito da: o gonne o pantaloni con giacca, tailleur, oppure, più casual, gonna o leggings con camicetta e maglione sopra. Non mi serve una segretaria sexy, che metta in mostra le sue grazie, o che indossi tacchi alti o camicette aperte. Qui ci passa tanta gente, soprattutto uomini e, per questo, esigo un comportamento esemplare. Se non se la sente, lo dica subito, così non perdiamo tempo!» Ho iniziato a lavorare con lei quasi sempre al suo fianco, anche se ho sempre avuto gli occhi degli altri addosso e questo, dentro di me, mi ha in qualche modo un po’ intimidita. Mi sentivo spogliare e nello stesso tempo ero impaurita al solo pensiero di esser nelle loro mani, che reputavo da veri porci. In fondo io di sesso, all'epoca, ne avevo fatto assai poco. Avevo avuto, prima di mio marito, solo due ragazzi e una storia con uno più grande di me, che mi palpava dappertutto e mi definiva, con estremo piacere da parte sua, una puttanella che si concedeva troppo facilmente. Ovvio che, con queste premesse, appena conosciuto quello che poi sarebbe diventato mio marito, ho messo ben in chiaro che certe espressioni non le tolleravo e che le mani doveva tenerle a posto. Oggi, dopo due gravidanze avvenute in rapida successione, a trovarmi in un ambiente di lavoro dove la malizia è di casa, non è più motivo di fastidio per me, anzi, aggiungo che, le rare volte che riesco a ritagliarmi un attimo per me ed uscire con le amiche, mi vesto decisamente più provocante, con minigonna o leggings e, se ne ricavo qualche apprezzamento, me ne sento più che lusingata. Del resto, non è da sottovalutare il fatto che mio marito è spesso stanco ed il sesso è ridotto al lumicino, sia come qualità che come quantità. Lui lavora come tecnico in sala controllo di una centrale elettrica e, da poco, è arrivato un nuovo caporeparto che lo vessa, imponendogli ritmi ed orari davvero sfiancanti. Paolo è una persona mite, che non si ribella alle angherie, come le definisco io, ma, per quieto vivere, lascia correre, perché la nostra situazione economica non è per niente florida: un muto, un prestito e due figli, ci lasciano molto poco da poter sperperare e questa condizione, in qualche modo, ci costringe a tenere ben strette le nostre fonti di reddito. Certo, non siamo poveri, ma nemmeno ricchi: diciamo che non possiamo permetterci frivolezze, cene o altri divertimenti. Con una vita così piatta, è ovvio che a volte, dentro di me, avverto un certo desiderio di trasgredire, che mi porta ad immaginare situazioni davvero al limite. Nel mio intimo, son rimasta la ragazza schiva e timida di una volta, ma, adesso, i ruoli si sono ribaltati. A volte mi prende una voglia esagerata di qualcosa di nuovo che, prima, non avevo mai provato. Ho delle fantasie latenti che mi eccitano con tale veemenza da indurmi a masturbare e finché non ho sfogato la mia libidine, non smetto di pensare a situazioni in cui mi vedo a sostenere rapporti con più uomini, che mi strappino i collant durante il rapporto e mi prendano vestita, oppure che mi imbrattino le calze di sperma ed esser costretta a tornare a casa in quelle condizioni. Son situazioni che, reputandomi timida, introversa, inesperta, mi sconvolgono e non capisco come possano pervadere la mia mente. Due giorni fa, in ufficio, la signora Rosa ha avuto un malore. Il suo cuore malandato ha fatto un po’ di capricci e abbiam dovuto chiamare un’ambulanza che l’ha portata in ospedale assieme al marito; nell'occasione, son rimasta da sola con Giulio. Dopo essersi sincerato delle reali condizioni della signora, mi ha convocato nel suo ufficio. «Sharon, la signora Rosa resterà per qualche tempo lontano dall’ufficio e, poiché lei ha da sempre lavorato al suo fianco, mi aspetto che sia in grado di seguire tutte le pratiche che erano di sua competenza. Naturalmente io non le farò mancare il mio supporto, ma mi aspetto da lei la massima collaborazione e potrà anche capitare di dover fare dello straordinario. Se non si può organizzare, me lo dica subito, così da cercare e trovare un’altra persona.»

Gli ho dato la mia disponibilità, con la riserva di dover consultare mia suocera ai fini dell'accudimento dei bambini e lui ha assicurato che avrebbe aspettato fino al giorno dopo, per un quadro più preciso. Quando ne ho parlato con lei, si è subito detta disponibile a tenere i nostri figli, anche oltre l’orario solito. «Ragazza mia, avete un mutuo che vi succhia molte delle vostre risorse e poi, anche il prestito per la macchina di tuo marito, quindi, se hai la possibilità di guadagnare qualche altro soldino, non aver scrupoli e lavora tranquilla, che ai piccoli provvedo io. Sono così teneri e carucci che, per noi, non sono un problema, ma una gioia.» Il giorno dopo informo il signor Giulio che sono disponibile a lavorare anche oltre l’orario normale. Siamo nel suo ufficio e lui mi scruta con al suo solito, un po' duro, quasi burbero. «Ne ho parlato, sia con mio marito che con mia suocera, ed entrambi sono giunti alla determinazione che, con un mutuo e un prestito in corso, dei soldi in più ci farebbero proprio comodo.» Lui ha annuito ed io, in quel momento, non mi son resa conto di quale arma avevo messo nelle sue mani. Per il resto della settimana, abbiamo lavorato alacremente. Il venerdì sera, però, ci siam resi conto che una parte di lavoro andava completata per forza, in quanto da consegnare il lunedì venturo. Dopo una breve riflessione, abbiamo convenuto di lavorare anche il sabato mattina, giorno che, generalmente, restiamo chiusi. La sera ne ho informato mio marito e lui, dopo un sospiro, mi ha guardato rassegnato ed ha aggiunto che avrebbe tenuto lui i bimbi e che la spesa l’avemmo fatta nel pomeriggio, in virtù del fatto che lui avrebbe lavorato il giorno successivo. In effetti, un aspetto particolare del suo lavoro consiste nel fatto che una domenica, ogni tre, deve lavorare. Sono in quattro nella sala controllo, ma la domenica ne lavora uno solo a giro e, quindi, ci saremmo visti davvero poco. Avevo una certa voglia di far sesso, ma ho avuto l’impressione che saremmo passati oltre, anche questa volta. Il giorno dopo, indosso una gonna a portafoglio, tenuta allacciata a metà gamba, da una grossa spilla da balia e, sopra, una camicetta bianca con solo due bottoni aperti, ma che, in ogni caso, grazie al reggiseno molto sottile, modella il mio seno e lo rende molto attraente. Quando entro, Giulio è già in ufficio. Mi dà un'occhiata e fa un mezzo sorriso compiaciuto. Lavoriamo per circa due ore molto intensamente, poi lui, a metà mattina, ordina al bar di sotto una colazione formata da caffè e cornetti. Mentre consumiamo il caffè, si informa su di me e la mia vita matrimoniale. Lo fa con un certo tatto e senza dar a vedere che abbia un reale interesse: instaura il dialogo quasi fosse una conversazione abbastanza banale.

«Da quanto tempo siete sposati? Come va la vita matrimoniale? Hai delle soddisfazioni?» Gli rispondo che son già passati otto anni e, con un muto da pagare, il prestito della macchina e due figli piccoli, la vita non ci lascia troppo spazio per i divertimenti, con l'aggiunta che, essendo Paolo sempre impegnato nel suo lavoro, capita spesso che resto da sola e, quindi, mi dedico prevalentemente ai figli. Lui sentite le mie parole, sorride un po’ sornione. Ci rimettiamo a lavorare e, ad un certo punto, mentre son piegata a 90 per mettere dei fogli in una cartella, noto che lui mi guarda il culo. Strano, penso dentro di me, eppure la cosa mi eccita. Decido di provocarlo un po' e, perciò, continuo più spesso a piegarmi davanti a lui e, ben presto, noto che lui, sorridendo compiaciuto, ha sviluppato un pacco davvero grosso. Sono eccitata da questo gioco, che reputo innocente, invece è solo l’inizio di qualcosa che avrà un seguito. Mi sarei aspettata delle avance da parte sua, invece è rimasto ad ammirare il mio culetto e, mentre torno verso casa, ci ripenso e, dentro di me, mi reputo una stupida, per aver provocato uno che poi mi incute quasi timore. Sono rimasta delusa del fatto che lui non mi abbia, né abbia tentato di sfiorarmi. Il pomeriggio, io e mio marito con i bambini, andiamo a far la spesa in un grosso super mercato, posto in un grande centro commerciale, dove vi sono anche delle giostre per i piccoli, che vanno matti per un trenino tipo bruco/mela e, mentre loro si godono il giro, mio marito incontra un suo collega di lavoro e parlano fra loro, ma quando mi avvicino smettono e si danno occhiate d’intesa che mi lasciano un po' interdetta. Nascondono qualcosa e questo mi irrita. La sera vorrei scopare, ma lui si addormenta e io resto a pensare che siamo davvero alla frutta in fatto di sesso. Me ne vado in bagno e mi masturbo con una certa violenza, quasi a sfogare la mia frustrazione. Il lunedì torno al lavoro con, dentro di me, un certo sconforto. Giulio mi riceve con un sorriso e lavoriamo senza sosta. Indosso dei jeans abbastanza attillati, che evidenziano il mio culetto e lui indugia a lungo, ma ci sono diverse persone che entrano ed escono e quindi tutto resta limitato alle sole belle occhiate. Sono inquieta. Lavoriamo molto e, con il pubblico che si alterna alla nostra presenza, non abbiamo molte occasioni di confronto, poi, mercoledì, torna Sandro e subito ci convoca entrambi nel suo ufficio. «Mia moglie Rosa si è stabilizzata, ma il medico gli ha proibito tassativamente di svolgere qualsiasi lavoro, qualsiasi sforzo, qualsiasi emozione o dispiacere. Ne consegue che tu, Sharon, poiché lavori da quattro anni insieme a lei, toccherà che sia tu a doverti occupare delle sue pratiche. Sai benissimo che abbiamo dei clienti alquanto particolari, che meritano un'estrema riservatezza e discrezione, di conseguenza, mi aspetto che tu possa portare avanti il suo lavoro in maniera impeccabile e con molta attenzione. Per quanto riguarda quello che svolgevi tu, troveremo una nuova segretaria. Naturalmente confido nella tua assoluta abnegazione. Questo comporterà un cambio di orario, perché dovrai lavorare mattina e pomeriggio. Naturalmente il rientro nel pomeriggio potrai sceglierlo tu fra i seguenti orari: 14-17 oppure 15-18. Decidi come ti sta meglio per i bambini cui pensare.» Sono emozionata perché tutto questo rappresenta un cambiamento totale, una promozione quasi inaspettata. Sono felice e, nello stesso tempo, mi sento un po' preoccupata, perché l'ufficio di Rosa è qualcosa di veramente particolare che necessita di molta attenzione. Mi piace l'idea di avere una stanza tutta per me e questo mi gratifica ancor di più. Nel pomeriggio, prima di uscire, aiuto Sandro a togliere le cose della vita di Rosa sparse per il suo ufficio, per, infine, prenderne possesso. Quando lo racconto a mia suocera, mi abbraccia, perché molto contenta, e mi dice che, finalmente, mi sto realizzando, mentre, quando ne parlo con mio marito, lo vedo un po’ corrucciato, titubante, quasi immagini cose diverse da quelle che gli ho riferito e questo mi incuriosisce. Nei giorni a seguire, lavoriamo alacremente, ma il venerdì ci rendiamo conto che sono ancora ben lungi da aver pareggiato il disavanzo creato da questa nuova mansione, dovendomi occupare sia dell'ufficio di Rosa, che delle altre pratiche che svolgevo prima come segretaria. È necessario che, il sabato mattina, io faccia di nuovo lo straordinario, lavorando per almeno mezza giornata, con lo scopo di cercare di pareggiare un po' i conti. Mentre mio marito è impegnato in una verifica di test di sicurezza, io indosso un vestito color salmone chiaro, che fa risaltare i miei capelli neri; ha uno scollo davanti, che evidenzia il petto avviluppato in un reggiseno tipo balconcino, che lo fa apparire un po’ più grosso di quello che è. Sotto indosso delle caste mutandine ed un paio di collant neri, molto sottili e velati. Hai piedi calzo degli stivaletti con un po’ di tacco, per non sembrare troppo bassa. I miei superiori mi accolgono con un sorriso, scambiandosi uno sguardo compiaciuto. Lavoriamo alacremente e, a metà mattina, come di consueto, arrivano caffe e cornetti. Mentre sorseggio il mio caffè, entra Sandro con in mano un fascicolo ed un foglio appena stampato. Mi guarda molto preoccupato e la sua voce mi gela il sangue. «Sharon, hai compilato tu questo documento?» Lo guardo cercando di capire e non rispondo. Lui mi guarda e mi ripete ancora se sono stata io a compilare e mettere quel foglio in quella cartella. Io prendo la cartella e guardo, rendendomi conto che in quel foglio deve esserci un qualche errore che non riesco a visualizzare. Lui guarda Giulio, poi torna da me e, con voce dura, mi chiede spiegazioni. «Sharon, ti rendi conto che se questo foglio fosse finito nelle mani della finanza, il nostro cliente avrebbe pagato una grossa multa? Sharon, questi errori non si possono fare! Noi ci siam fidati di te e tu non puoi commettere errori di questo calibro!» Giulio lo guarda e prende a sua volta la cartella, osserva il foglio e poi si rivolge a me con una voce durissima, mentre mi chiede spiegazioni. «Sharon, come cazzo hai fatto a metter due zeri di più a questa cifra? Ti rendi conto che multa avrebbe preso il nostro cliente? È uno dei nostri migliori clienti; non puoi fare queste cazzate!» Lo guardo, cerco una spiegazione, ma non mi viene e così peggioro ancor di più la situazione. «Ma io... ma io, non credo di aver fatto questo errore... cioè, forse… ma non ne sono sicura!» Lui mi guarda con occhi di fuoco e mi rendo conto di aver commesso una nuova cazzata nella cazzata. «Cazzo, Sharon, questo no, cazzo! Non va bene! Lo sai che chi non ammette i propri errori mi fa infuriare? Esci, vattene! Non sei degna della nostra fiducia, soprattutto, odio le persone che non si assumono le proprie responsabilità. Se hai sbagliato, e non doveva succedere in particolare con questo cliente, era più giusto ammetterlo. Mi hai profondamente deluso! Esci da questo ufficio e lunedì tornerai a far la segretaria! Troveremo un'altra persona degna di fiducia da a questo posto! Vattene, esci immediatamente!» Ho testa bassa, esco con le lacrime agli occhi. Mi appoggio al muro e mi rendo conto che ho sbagliato. Rosa controllava sempre, più di una volta, prima di stampare, in specie se aveva fretta, mentre io, presa dalla tensione, non ho controllato e, adesso? Mi rendo conto che sto giocando il mio futuro. No. Non lo accetto! Sarebbe una sconfitta che non voglio e non posso accettare! Che figura ci faccio con le persone che mi conoscono? Con mia suocera, che mi adora e con mio marito, che sicuramente farebbe strane congetture. Cavolo, no! Devo avere la mia seconda chance. Non voglio arrendermi così! Entro e li vedo che stanno ancora con quel foglio in mano. Mi guardano ed io mi avvicino a loro e poi, a testa bassa, cerco di convincerli a darmi una seconda opportunità, anche se son consapevole che questo significherà mettermi nelle loro mani, cosa che mi spaventa, ma cerco di farmi coraggio, sperando di venirne fuori con poco.

 

 

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