INCESTO. vol.1

Capitolo 6 - Scambio imprevisto

pennabianca
3 days ago

. Io e Anna siamo sposati da tre anni ma ci conosciamo da sempre. I nostri genitori hanno, in Umbria, una proprietà confinante che, dopo sposati, è diventata unica, essendo noi due figli unici. Durante il servizio militare, ho conosciuto un ragazzo, figlio di un industriale, che ha una fabbrica di componentistica per auto e, avendo bisogno di un rappresentante, su a Torino, mi ha offerto questo lavoro. Sono tre anni che viviamo lì. Anna ha trovato lavoro in una clinica oculistica, come impiegata. Abitiamo in un piccolissimo appartamento, in pratica un bilocale con servizi, angolo cottura, circa cinquanta metri quadri, ma per noi è più che sufficiente, perché, al momento non abbiamo figli. Tutti gli anni, per agosto, veniamo giù per le ferie. Quindici giorni al mare ed il resto li passiamo con i nostri genitori. Mia madre è morta cinque anni fa per problemi di cuore, mentre il padre di Anna è rimasto vittima di un incidente con un trattore. Di fatto, essendo rimasti solo sua madre e mio padre, non ci siamo stupiti più di tanto, quando ci siam resi conto che hanno ristrutturato la casa, trasformandola in una sola e vadano a letto insieme. Non che la cosa ci disturbi, ma essendo due tipi un po’ riservati, quando ci siamo noi, cercano di esser quanto mai discreti. Anna è una bella ragazza, alta circa un metro e ottanta, ha due belle cosce, snelle, è munita di una terza di seno, che sta su benissimo, tanto che, spesso, non ha bisogno di indossare reggiseno sotto le camicette. Nonostante sia arrivata vergine al matrimonio, il massimo del divertimento, prima di sposarci, era un travolgente 69, praticamente ci divertivamo così. Col tempo la tecnica è stata ben affinata. Io sono, quel che si dice, un ottimo linguista e lei una bocchinara da urlo. Lei è una fanatica delle gonne. Ne ha tantissime, di tutti i tipi, lunghe, corte, cortissime, mentre io impazzisco quando le vedo indossare il perizoma. Gliene ho regalati così tanti che, spesso, ha l’imbarazzo della scelta; io, allora, in base a dove dobbiamo andare, le suggerisco se metterlo o no. Spesso abbiamo fantasticato di scopare con altre persone, ma tutto è sempre rimasta pura fantasia. L’anno scorso abbiamo dovuto modificare il programma delle ferie. Claudia, sua cugina, figlia del fratello di mia suocera, si sposa. Fra le tante date disponibili, quella ti va scegliere proprio il nove Agosto. Insiste così tanto che, seppur controvoglia, sia nostra, che di mia suocera, decidiamo di andarci, quindi passiamo da casa e portiamo anche lei al matrimonio, che si celebrerà in Puglia. Il due Agosto partiamo, destinazione casa giù in Umbria. Dopo veri e lunghi incolonnamenti, alla fine riusciamo ad arrivare. Passiamo due giorni di assoluto riposo. Il terzo ho il malaugurato desiderio di salire sopra la meravigliosa pianta di fichi, che c’è dietro casa, poggio un piede in fallo e cado rovinosamente per terra. Me la cavo relativamente bene. Una micro frattura alla caviglia destra, che mi viene ingessata con una prognosi di venti giorni e la spalla destra lussata. Mi fanno una fasciatura che mi impedisce di muovere la mano destra. A tre giorni dal viaggio giù in Puglia, è proprio un bel problema. Mia moglie ha la patente, ma non guida. Mia suocera, sebbene munita di patente, al posto dell'auto, quando deve andare a far la spesa in paese, che dista otto km, preferisce il trattore. Dopo una serie di lunghe discussioni, decidiamo che io resto lì con Sandra, mia suocera, mentre Anna andrà con Piero, mio padre, al matrimonio. No c’è verso di convincere papà a prendere la mia Croma, con l’aria condizionata. «C’è troppa elettronica - dice - io non ci sono abituato.» Lui ha la sua mitica Tipo che, in dieci anni, avrà fatto sì e no venticinque mila km. L’otto mattina, prestissimo, loro due si incamminano. Ora il racconto del viaggio lo lascio ad Anna, mentre io mi limiterò a parlarvi della mia permanenza a casa.

Anna

Caricati i bagagli siam partiti. Piero è un buon conducente, attento e non impacciato. Per il viaggio indosso una gonna nera, non troppo stretta, né corta, una camicetta azzurra con un reggiseno dello stesso colore, un invisibile micro perizoma, un semplice paio di sandali con poco tacco. Prendiamo l’autostrada e, per due ore circa, mi metto a sonnecchiare con la testa appoggiata al finestrino, poi mi propone una sosta. «Ti andrebbe un caffè? Devo fare benzina.» Ci fermiamo ad un distributore con bar; mentre lui fa il pieno, io ne approfitto per andare in bagno. Quando esco, passo davanti al bagno degli uomini e, dentro, c’è solo Piero; essendo stato lavato il pavimento, hanno lasciato la porta semichiusa. Involontariamente sbircio dentro e, dallo specchio alla parete, vedo lui che si accosta a quegli strani orinatoi da parete ed estrae il cazzo. «Accidenti! ... Cazzo: che cazzo!» È in evidente stato di riposo, ma lui, senza neanche avvicinarsi troppo, si svuota. Mio marito ha un bel cazzo, di circa una ventina di cm, ma quello dev'esser sicuramente più lungo e più grosso. Ho un fremito alla passera, mi giro e proseguo. Per la prima volta, guardo Piero con occhi diversi. Prendiamo il caffè e via. Risalita in macchina, poiché è sorto il sole, metto degli occhiali scuri, che mi coprono completamente gli occhi. Lo guardo di sottecchi, cercando di non pensare al cazzo che ha fra le gambe. Non ci riesco. Mi chiedo: quanti giorni sono che non scopo? Mentalmente, cerco di darmi una risposta: forse circa quindici. Ecco perché la figa mi sta andando in ebollizione. Guardo fuori, cerco di non cedere al desiderio di lui. Così andiamo avanti per alcune ore. Parliamo del più e del meno, fino quando lui mi dice di fermarci, per mangiar qualcosa. Arrivati in un autogrill, un po' il caldo, un po' la strana voglia che mi ha preso, cerca di provocarlo un po’. Entro in bagno, mi tolgo il reggiseno e lo nascondo dentro la borsa. Ritorno e, con lui, ci portiamo al self service per prendere qualcosa di già pronto. Ci sediamo ed io, a quel punto, invece di sedermi davanti, mi metto di lato, a sinistra. Con la camicetta leggermente sbottonata e lasciata lenta, metto chiaramente in vista le mie tette. Mangiamo, mentre io, con la coda dell’occhio, noto che sbircia più di una volta tra i miei seni; mi sto eccitando da morire. Mangiamo e poi via, ma fa davvero un caldo da morire. Apro il finestrino e mi metto a pensare ad Enzo, mio marito, rimasto a casa.

Enzo

Mi sveglio verso le dieci, sono fradicio di sudore. Sto sdraiato sul letto, indosso solo dei pantaloncini, cerco di tirarmi su e con l’aiuto di una stampella raggiungo la finestra, guardo fuori. Sul lato destro, c’è la stalla ed un piccolo pollaio. Su quello sinistro, quella maledetta pianta ed il pozzo. Dal pollaio esce Sandra: avrà già fatto tutto il lavoro nella stalla e altro. Ha in mano un cesto con delle uova, poi si avvicina al pozzo: fa molto caldo, lei si guarda in giro, poi si toglie la vestaglia. «Accidenti, che fica!» È nuda, prende il tubo dell’acqua e si bagna tutta, dalla testa ai piedi. Si passa una mano sui seni, belli grandi, con me praticamente a circa tre metri, sopra di lei. Lo spettacolo mi fa tirare il cazzo in una maniera innaturale, tanto più che dovrei andare in bagno per pisciare. Lei si lava bene seni, culo e figa. Non mi era mai passato per la mente che mia suocera fosse una tale gnocca o, forse, perché son più di quindici giorni che non scopo. Mi godo lo spettacolo. Poi mi viene il dubbio che lei possa venire da me, quindi cerco di tornare a letto, ma dove la nascondo la fortissima erezione che mi ritrovo? Faccio appena in tempo a distendermi, che lei entra in camera.

«Buongiorno, come va?» Si siede sul letto. «Hai bisogno di qualcosa?» Io, nel disperato tentativo di nascondere il cazzo durissimo, le chiedo di dover andare in bagno. Mi aiuta; sentire il suo braccio attorno al mio corpo, mi rende tutto più difficile. Mi accompagna al bagno e, mentre esce, mi dice: "chiamami, se hai bisogno". Cerco di tirar giù i pantaloncini, ma, con la sinistra non son capace nemmeno a farmi le seghe, poi ho il cazzo in tiro, quindi mi trovo costretto a chiederle di aiutarmi. Lei entra, si avvicina, e mi guarda. «hummm? Vedo che hai un “grosso “problema.» Si abbassa, tira fuori il cazzo, lo osserva e comincia a segarmi con movimenti lenti, ma costanti. Io cerco di non pensare a nulla, ma, dopo averla vista nuda, è come metter benzina sul fuoco. Mi esorta a godere. «Dai, sborra, lasciati andare.» Il suo smanettare aumenta rapidamente e, in breve, raggiungo l'orgasmo. «Vengo!» Nel preciso attimo in cui schizzo, lei apre la bocca ed accoglie al suo interno tutto il succo delle mie palle. Mi succhia tutto alla perfezione, non ne perde nemmeno una goccia. «Bene, ora son sicura che riesci anche a pisciare.» Abbassa il membro vero la tazza, controlla che tutta l’urina sia emessa, poi se lo riprende in bocca. Mi aiuta a lavarmi un po’ e mi riaccompagna a letto. «Resta qui, ti porto la colazione.» Le chiedo: «E tu?» Sorride, mentre esce dalla stanza. «L’ho appena fatta. Non c’è niente di meglio di una sana ingoiata al mattino, per colazione.» Se ne va, ridendo. Poi, dopo, mi fa sedere sulla veranda; lei, intanto, comincia a preparare il pranzo. Mi distendo, penso ad Anna, che sta viaggiando.

Anna

Siamo ripartiti da un po’. Continuo a tener gli occhiali da sole, che mi permettono di sbirciare nella sua direzione, senza esser vista. Lui continua a fissarmi i seni ed io mi sento la fica andare in ebollizione. Continuo a provocarlo ancora un po’. Alzo una gamba come per sistemarmi meglio sul sedile, la gonna sale un po’. Lui propone una sosta, per darci una rinfrescata, stante il troppo caldo.

Entra all'interno di una di quelle aree di sosta, attrezzate con piazzole, toilette e tavolini. È deserta. Parcheggia la vettura all’ombra, scendiamo per sgranchirci le gambe. Vedo una piccola collinetta con delle piante e, fatti alcuni scalini, mi fermo lì. Lui mi segue ed io slaccio ancora un po’ di più la camicetta; lui apre la sua. Mi trovo vicino ad un tavolo di legno, lui apre una bottiglietta d'acqua che aveva preso prima, bagna una mano, la passa sul suo viso. Lo guardo e, senza dire nulla, mi prendo la sua mano bagnata e me la passo sul viso. Quando le dita della mano arrivano alla mia bocca, ne metto uno dentro, succhiandolo. Sorride malizioso, la sua voce è pacata e sicura. «Sì, ci avrei giurato che ti piace succhiare» Per tutta risposta, mi siedo sulla panca di legno, apro la lampo e gli tiro fuori la “bestia”, che si sta svegliando. Lo prendo subito in bocca, facendogli assapora il piacere che può donare la mia lingua. «Piccola troietta, brava! Succhialo bene.» La mia figa è diventata un lago. Il suo cazzo è bellissimo, duro, come il ferro. Di colpo mi solleva, mi distende sul tavolo e si siede lui al mio posto. La sua lingua comincia a far un lavoro da intenditori. Mi succhia il clitoride e, per tutta risposta, gli esplodo letteralmente in bocca. «Vengo, ancora dai, così …Vengo!» Si alza, mi scosta il perizoma e, con un colpo deciso, mi pianta il cazzo dentro. Lo spinge fino quando non sente che la cappella batte sul fondo. Immediatamente godo. Gli urlo il mio incontenibile piacere. «Sì, così! Cazzo! Sei enorme! Mi sfondi, ma è bellissimo!» Resta qualche secondo fermo. Poi solleva le mie gambe sulle sue spalle e comincia un andirivieni da infarto. Perdo il conto delle volte che ho raggiunto il piacere, ma sono state di sicuro tante. Mi scopa con colpi sempre più violenti e profondi. Le sue mani forti mi aprono la camicetta ed esercitano una piacevole tortura ai miei capezzoli. Lo guardo, lo esorto a sborrarmi in bocca. «Ancora! Così, dai, voglio bere la tua sborra.» Improvvisamente si sfila di colpo e facendomi girare, in modo da accogliere e ricevere in bocca tutto il cazzo, mi schizza a più riprese un vero fiume di dolcissimo nettare. «Sborro! Bevi, ingoia!» Cerco di ingoiarlo, ma non ci riesco a causa dell'abbondanza. Lui geme e mi esorta a non perderne una goccia. «Bevi, grandissima bocchinara! Succhiamelo tutto.»

Ci diamo una calmata. Poi lui mi prende per mano e dice di ripartire, perché c'è ancora tanta strada da fare. Risalgo in macchina, lascio la camicetta sbottonata, la gonna è parecchio alzata e lui, guardandomi sorride. «Non hai bisogno di provocarmi; questa sera ti darò il resto. Credevi che non mi fossi accorto che questa mattina mi avevi guardato il cazzo mentre pisciavo? È stato per quello che ti sei tolto il reggiseno.» Gli sorrido, poi mi giro e penso che questa è la prima volta che tradisco mio marito, ma non avverto nessun senso di colpa. Chissà lui, poverino, come sta.

Enzo

Dopo aver pranzato, con l’aiuto di Sandra mi distendo sul letto. Fa caldo, lei mi toglie tutto e si distende nuda, vicino a me. Le sue labbra cominciano a baciarmi, le nostre lingue danzano in un turbine di reciproca passione, il mio cazzo sembra scoppiare. Me lo accarezza, poi, lentamente, scende giù, lo lecca e se lo infila in bocca fino allo scroto; si mette a succhiare le palle, una ad una, è molto piacevole sentir la sua lingua sul corpo. Ha la capacità di ingoiarmelo quasi tutto, mi mordicchia il glande, mi eccito come un toro furioso, cerco di toccarla, ma la mia relativa incapacità motoria, non mi permette più di tanto. Alla fine la faccio rigirare, così riesco a leccarle la figa: è un brodo. «SÌ, dai…Mi piace: leccami!» Mi scateno. Modestamente, con la bocca non mi sento secondo a nessuno. Lei intensifica il lavoro della sua lingua, scende giù fino a centellinare il buco del culo, provocandomi quasi una sborrata, quando vi infila dentro la lingua. Ad un tratto, mi reclama. «Ti voglio.» Si posiziona sopra di me e, con una mano, si pianta il cazzo dentro. «Dai, mettimelo tutto dentro. Così, che bello!» Comincia un movimento lentissimo, spostandosi con il bacino avanti e indietro, accogliendo il cazzo tutto dentro, e tenendo il suo pube schiacciato contro il mio. «Ora, vengo. Sì, ora!» Improvvisamente un profondo orgasmo la fa tremare tutta. Sfinita, si adagia sul mio petto. Poi si rende conto che la mia spalla non può reggere il peso e si solleva di nuovo. Con la mano libera, le accarezzo il seno: è bellissimo. Sodo quasi come quello di una statua di marmo. Si vede che ne è orgogliosa. Le sfrego i capezzoli tra pollice e indice: lei gradisce.

Mi sorride, riprende il suo piacevole movimento, questa volta anche su e giù, fino a quando, ottenuto un ennesimo orgasmo, si sfila da me. «Mi tolgo: sai, sono ancora fertile e, in questo periodo, sono in piena ovulazione.» Riprende il cazzo in bocca e, per me, non c’è scampo. Mi pompa da morire, per ben due volte, mi porta all’apice del piacere, poi si ferma, e ricomincia da capo. Mi uccide. La imploro, ormai prossimo all’infarto. «Continua, ti prego. Dai, così, vengo!» Urlo. Lei succhia e beve tutto, in un perfetto sottovuoto, non se ne perde nemmeno una goccia. Stremato, sfinito, appagato, mi giro, lei va in bagno. Rifletto sul fatto che, per la prima volta, ho tradito Anna, ma, averlo fatto con sua madre non mi provoca alcun senso di colpa.

Anna

Intanto noi, rimessici in viaggio, percorriamo un lungo tratto e, quando siamo prossimi alla meta, un grosso incidente ci blocca. Piero propone una soluzione alternativa. «Conviene che ci fermiamo. Domani mattina, in pochi minuti, saremo a destinazione.» Trovato un hotel, prendiamo una matrimoniale. Appena dentro, ci strappiamo letteralmente i vestiti di dosso. Lo trascino in bagno, sotto la doccia. Poi un turbine di irresistibile passione, ci prende. Lo lavo, lo insapono, mentre lui fa la stessa cosa con me; le sue mani mi eccitano. «Bellissimo… non ti fermare!» Bagnati, ci trasferiamo sul letto, lui mi sconvolge, mi lecca fino a farmi venire. «Ancora! Vengo!» Cerco di resistere, ma lui è un vero demonio. Sconvolta dal piacere, riesco a ghermire il tanto agognato cazzo, me lo pianto in gola e comincio a rendere la pariglia, ma è lui a strapparmi l’ennesimo orgasmo. Vengo urlano a bocca piena. A quel punto, mi rigira, si distende sopra di me e, con una lentezza esasperante, mi penetra. Lo esorto a spingermelo tutto dentro. «Spingilo tutto, spingilo dentro, lo voglio!» Lui continua ad entrare lentamente. Mi sconvolge sentire quel palo aprirmi lentamente la vulva. «Oddio! Mi fai morire.»

Quando raggiunge il fondo, mi provoca una fortissima scarica elettrica, che mi fa tremare tutta. «Aahhh…vengo! Più forte!» Inesorabilmente comincia a pomparmi con un ritmo forsennato, alternato ad uno lento, ma con colpi che mi sbattono la cappella direttamente sul collo dell’utero. Un misto di piacere/dolore, che mi fa andar via di testa. Godo ininterrottamente. «Ti prego, continua! Non ti fermare. Vengo! Ancora, vengo!» Semisvenuta dal tanto godere, mi abbandono sotto di lui. A quel punto mi rigira, mi mette con il viso sul cuscino e, sollevato il bacino, si posiziona dietro di me e prende a scoparmi da dietro. È ancora più devastante. Me lo sento quasi uscire dalla bocca, tanto mi sembra lungo il cazzo che mi pianta dentro. Lo imploro, sfinita. «Vengo! Anche tu, vieni.» Lui continua imperterrito. Perdo ogni cognizione del tempo e luogo. L’unica certezza che ho, è che sto morendo dal forte piacere. Poi un breve accelerare del ritmo e mi pianta dentro la figa una sborrata di una intensità tale che mi sembra che me la stia inondando. «Tieni, vengo! Ti riempio, piccola zoccola. Ora!» In quel momento, non realizzo che sono in piena ovulazione e che questa meravigliosa ondata di piena che si è abbattuta dentro di me, mi ha appena ingravidato. Sfiniti, ci addormentiamo abbracciati. L’ultimo mio pensiero è per mio marito, che, a casa, starà dormendo, mentre io sto facendo la vacca con suo padre.

Enzo

Dopo il pomeriggio passato tra una scopata e un riposino, la sera, appena cenato, ci mettiamo sdraiati sul piccolo prato che c’è davanti casa. È bello, le stelle rischiarano la notte, lontano si vedono le luci del paese. Lei mi chiede se sono stanco, ma le rispondo che va tutto bene, mentre lei, invece, lo sarà di sicuro. Sorride, mi risponde che ci è abituata. «Cosa credi, tuo padre è un tipo molto esigente.» Azzardo una domanda. «Anche a letto?» Esita un poco e poi mi risponde: «Sì, anche a letto. E Anna, è esigente?» Le rispondo in maniera affermativa. Si distende vicino a me. La notte è fresca, le sue mani cominciano ad accarezzarmi piano, sento il cazzo andare in tiro. Mi bacia con passione, la sua lingua cerca la mia. Mi giro, la faccio alzare e mettere seduta sopra la sdraio, così riesco ad avere la sua figa all’altezza della mia bocca, comincio a leccarla con passione. «Bravo! Così. Si! Cazzo, mi fai venire. Sei proprio un porco, come tuo padre.» Si abbassa; ora è lei che comincia il lavoretto con la lingua. Sono teso, ho il cazzo che ora reclama la sua fica, la faccio distendere di nuovo sulla sdraio e, restando in ginocchio, riesco a metterlo dentro. Geme, glielo spingo dentro con calma. Mi reclama. «Bravo! Fammelo sentire fino in fondo.» Comincio un movimento lento nell’entrare, per poi proseguire con un colpo secco, finché non raggiungo il fondo della fica che sta colando piacere in maniera incontenibile. Gode senza ritegno. È scossa dall’ennesimo orgasmo. Continuo con calma, ho voglia di farla impazzire. La posizione non mi permette grandi movimenti, oltre all’andare avanti/indietro. La sbatto per un tempo lunghissimo, durante il quale, lei quasi sviene dal piacere. Anche per me è arrivato il momento del mio piacere, sento che sono vicino, ma voglio sentire l’ennesimo urlo, aumento il ritmo del pompare e lei gode. «Spingi! Dai, così, vengo!» Io sono al limite. Aspetto ancora un po', poi vengo dentro di lei. Le svuoto dentro il succo delle mie palle. «Tieni, ora! Vengo!» «No! Esci! Non dentro!» Urla, ma io non potendo far movimenti veloci, le resto dentro. «Accidenti, così mi metti incinta.» Si gira, resta un momento in silenzio, poi scuote il capo. «Non fa nulla, tanto avevamo deciso di avere un figlio.» Mi aiuta a tornare sul letto e, nudi, ci addormentiamo. Mi resta un pensiero a tormentarmi: come lo racconto ad Anna.

Anna

All’alba vengo svegliata da dolci carezze e baci di Piero. Mi succhia il seno, lo guardo stupita. «Ma hai ancora voglia?» Lui ride. La sua risposta è una vera lode per me. «E me lo chiedi? Io di una fighetta come la tua, ho sempre voglia.»

Mi fa mettere sopra di lui, sento il cazzo indurirsi; lo vorrei leccare, ma lui me lo pianta dentro. Io mi rendo conto solo allora, che mi ero bagnata mentre dormivo, stimolata dalle sue carezze, che mi hanno risvegliato. Mi impalo su di lui e comincio a muovermi avanti/indietro. Sento li cazzo battere sul fondo della mia fica, mi fa subito gemere. Lui si solleva verso di me, prende un capezzolo in bocca, lo succhia stringendolo fra i denti. Quel misto di dolore e piacere, mi provoca il primo orgasmo. Godo, gemendo e poi lo guardo. Le mie parole non hanno nessun risentimento. «Lo sai che, forse, ieri sera mi hai messo incinta.» Sorride compiaciuto. «Allora? Che c’è di male? Tanto un figlio, prima, o poi, lo dovevi pur fare!» Mi mette di lato, mi impala da dietro. Mi alza una gamba, il cazzo comincia a sbattermi da dietro, le sue mani mi torturano il clitoride, lo stringe, lo tira, lo schiaccia: sono sconvolta dal piacere. Mi mette un dito in bocca. «Succhia, pensa che sia il cazzo di un altro.» Chiudo gli occhi. Il pensiero va a mio marito, lo vorrei succhiare davvero. L’idea mi provoca un ennesimo orgasmo. Vengo come un fiume in piena. Lui accelera e mi schizza dentro il suo piacere. «Tieni, zoccola! Ti riempio. Ti sborro ancora dentro» Restiamo un poco abbracciati, poi doccia, vestiti adatti e via al matrimonio. Chissà se mio marito è riuscito a dormire.

Enzo

Mi sveglio ancora tardi. Lei ha già provveduto a tutte le normali faccende di una fattoria. Mi porta la colazione a letto, poi mi aiuta ad andare al bagno, mi assiste mentre faccio tutto, ci scappa l’ennesimo pompino: è dannatamente brava. Mi aiuta a trasferirmi sotto il portico, è silenziosa, le faccio una domanda. «Credi che abbia potuto metterti incinta?» Lei mi sorride, la sua è una risposta che suona come una giustificazione. «Con Piero dicevo che, se ancora non era arrivato un figlio, fosse colpa tua. Ma ora, credo di dovermi ricredere. Forse è colpa di mia figlia.» Il resto della giornata è la copia di quella del giorno prima. Quando la scopo nel pomeriggio, lei si mette sopra di me e, quando vengo, spinge a fondo il cazzo strillando il suo totale piacere. «Così! Adesso spingilo fino in fondo! Sì, ingravidami.» Rimane immobile sopra di me, poi mi bacia, sorride compiaciuta. «Chi se ne frega chi mi ha riempito la fica, mi importa solo di avere un figlio.»

La sera ci chiamano loro, sono stanchi: il matrimonio, e il caldo che non dà tregua e tutto il resto, si è rivelato una vera bastonata. Anna è particolarmente dolce con me, mi chiede se sua madre è stata un’infermiera modello; io di risposta le chiedo, se lui è un bravo autista, e lei ride. Si diverte a formulare un doppio senso. «Sì, mi ha portato in capo al mondo»

Anna

Ci fermiamo, Piero mi dice: "Domani si torna, questa notte si scopa." Chiusa la porta della camera, incomincia a farmi andare via di testa per quasi tutta la notte. La sera dopo, a casa, ci mettiamo sdraiati a prendere il fresco sul pratino. Piero dice che sono una donna stupenda e chiede ad Enzo cosa ne pensa di Sandra. Lui esita un momento, poi risponde che, se non avesse sposato la figlia, un bel pensierino lo avrebbe fatto volentieri. Ci abbracciamo, senza nessun motivo, ci mettiamo a scopare lì, quando entrambi vengono, ciascun maschio schizza con forza il seme dentro la propria femmina. Come previsto, abbiamo partorito tutte e due. Io una femmina, mentre mia madre un maschio. Poi è arrivata la crisi. Enzo è stato licenziato, siamo ritornati nei nostri luoghi di origine. È di nuovo agosto, stiamo al fresco davanti casa, Piero dice che è passato molto in fretta, questo ennesimo anno. Guardo mia madre e lancio una proposta. «Che ne dici, se mettiamo al mondo ancora un altro figlio?» La sua risposta e molto risoluta. «No! Io no! Ma tu sì: sei giovane. Per me è già stata dura questa gravidanza. Se tu ti fai metter incinta, io posso occuparmi di tenere a bada questi due torelli, durante la gravidanza.» Rido, guardo mio marito. Lo bacio, lui mi tocca, mi eccito. Piero mi alza la gonna, si mette a leccarmi la fica. Enzo mi mette il cazzo in bocca e, quando sento la cappella di Piero introdursi dentro di me, penso: “Speriamo che il prossimo sia maschio.”

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