I RACCONTI DEL PECCATO
Capitolo 5 - Scopare con un prete.

Mi chiamo Emma, adesso ho 22 anni, sono alta e bionda, occhi chiari, con una terza di seno, un bel culo a mandolino al di sopra di cosce lunghe e ben tornite. Oggi son fidanzata con Paolo, un bravo ragazzo, che lavora e mi vuole molto bene; io ne sono innamorata, ma, in passato, ho avuto un'esperienza che ancora oggi mi sconvolge, se ci penso. Tutto è avvenuto un'estate di cinque anni fa. Avevo 17 anni, quando, a causa di un problema familiare, fui costretta a passare l'intera estate dai miei nonni, in montagna, su nel Trentino. Quel piccolo paese, arroccato sulla montagna, mi aveva visto giocare per tante estati, quando i miei, originari di quel posto, mi lasciavano dai nonni per intere estati. Mi piaceva il paese ed avevo anche diversi amici che, man mano, nel tempo, si erano trasferiti anch'essi. Ora era da tanto che non venivo in paese. Si stava bene lì: il classico, tipico paesetto di montagna, dove natura e tranquillità la facevano da padrone. Appena arrivata, mi son sistemata nella mia solita cameretta all'interno della casa dei nonni e, il giorno successivo, sono andata a messa con nonna; lì ho fatto la conoscenza di don Dario, il nuovo parroco del paese, poco più che quarant'enne. «Buon giorno signora Maria; chi è questa splendida ragazza?» «Buon giorno don Dario, è Emma, mia nipote. I suoi genitori, quest’anno, sono impegnati con il lavoro e, allora, l’hanno mandata quassù a trascorrere l’estate ed aiutarmi con i lavori della fattoria, in quanto mio marito, come lei sa, ha avuto dei problemi di salute. La sua presenza ci farà compagnia.» Egli mi ha dato la mano e, quando l’ha stretta, ho sentito come un brivido scorrere lungo il mio corpo. I suoi occhi mi sono entrati dentro ed ho avvertito una certa umidità nelle mutandine. «È bello vedere che la gioventù si preoccupa di venire incontro alle persone più anziane e questo ti fa onore. Se vuoi, la chiesa è sempre aperta e qui, nell’oratorio, c’è sempre qualcosa da fare, con la catechesi dei più piccoli, quindi, se ti annoi durante l’estate o vuoi qualche libro da leggere, ho una discreta libreria che è a tua completa disposizione.» I primi tempi non ci sono andata; al mattino aiutavo la nonna nella mungitura delle sue mucche e poi, dopo, c’era sempre qualcosa da fare. La domenica dopo, finita la messa, egli mi ha preso in disparte e mi ha chiesto se potevo aiutarlo nella gestione dell’oratorio. «La signora Pina, che si occupa della gestione dei ragazzini, si reca, con la sorella, in pellegrinaggio in Terra Santa e resterà fuori due mesi; il tuo aiuto mi sarebbe prezioso. Si tratterebbe di solo qualche ora, nel pomeriggio.»
Mia nonna mi ha guardato e ha detto che il pomeriggio ero sempre libera, per cui, se volevo, non vi erano problemi. Il pomeriggio del giorno dopo, sono andata in piazza e sono entrata nell’oratorio. C’erano pochi ragazzi che stavano giocando con il pallone e don Dario, appena mi ha visto, mi è venuto incontro, mi ha portato al bar e mi offerto da bere. «È un piacere vederti. Andiamo al bar, ti offro una bibita fresca e parliamo un po’ di quello che dovresti fare all’oratorio.» Ci siamo seduti al bar e lui mi ha fatto delle domande sulla mia vita. «A che punto sei con gli studi? Come vai a scuola? Come mai una bella ragazza come te non ha fidanzato?» Io ero contenta di ricevere le sue attenzioni, mi sentivo desiderata e notavo che indugiava a guardarmi le gambe lisce, che la mini di jeans copriva appena. «A scuola tutto bene; sono stata promossa e non ho un fidanzato. Ho avuto solo qualche flirt di poco conto, perché i miei coetanei sono, per lo più, tutti presi da altri problemi, piuttosto che cercar di vivere una storia seria, quindi? Meglio da sola.» I suoi occhi hanno brillato al sentir le mie parole. «Sono molto felice di sentire che hai un buon rendimento scolastico e, quanto al fidanzato, sei così giovane e tutto verrà a tempo debito. Adesso goditi un po’ la vita e non ci pensare!» Bevuta la nostra bibita, siamo ritornati all’oratorio. Appena dentro mi ha mostrato le varie cose da fare e, coì, il tempo è passato in fretta. Quando stavo per andar via, mi ha fermato ed ha chiesto di seguirlo in sagrestia. Lui ha salutato i ragazzi e, chiuso il portone dell’oratorio, mi ha raggiunto in sagrestia. Parlammo ancora, poi mi disse che, dal primo giorno che mi aveva visto, aveva provato per me qualcosa di speciale. «Sei davvero una bella ragazza con la testa sulle spalle ed è per questo che mi permetto di dirti certe cose, che spero ti facciano felice, ma restino fra di noi.» Nel dirlo mi ha attirato a sé, mi ha fatto sedere sulle sue ginocchia, sistemandomi proprio sul suo pene e iniziando ad accarezzarmi la gamba con una certa lubricità. Non sapevo cosa fare: la cosa un po' mi spaventava, ma mi intrigava allo stesso tempo. Non ero vergine, gli avevo mentito al bar, convinta che non avrebbe mai potuto verificarlo ed ora mi spaventavano le avances del parroco.
Mi sentivo a disagio, però ero eccitata nel sentirmi al centro delle sue attenzioni, anche perché era un bell’uomo e sentivo una certa voglia farsi spazio fra le pieghe della mia vagina, che aveva preso a bagnarsi. «Che effetto ti fa questa situazione? Ti eccita sentirti desiderata da un maschio come me, più maturo dei tuoi coetanei?» Io mi son girata verso di lui. Sentivo il suo cazzo diventare sempre più duro. Senza dir nulla, ho incollato le mie labbra alla sua bocca. La sua lingua mi ha penetrato con vigore e abbiamo giocato ad inseguirci e succhiarci a vicenda, mentre le sue mani, adesso, avevano preso a risalire lungo le cosce, fino a raggiungere la stoffa delle mie mutandine, già fradicie. Ho sentito un dito farsi strada sotto il sottile tessuto e insinuarsi fra le pieghe della mia fica, già ridotta ad un lago. Mi ha limonato un po', mentre mi masturbava sempre più in fretta, e questo mi ha provocato un primo orgasmo, che ho esternato mugolando, in quanto avevo la bocca incollata alla sua. Poi si è staccato e mi ha fatto inginocchiare davanti a lui; ha aperto i pantaloni e mi ha presentato, davanti alla faccia, un signor cazzo. «Dai, leccalo e succhialo! Lo sai come si fa, vero? Non mi dirai che non lo hai mai fatto? Io credo che tu sia una gran porcellina che finge di esser un po’ ingenua, ma a me non la dai a bere. Succhialo, che poi ti scopo, visto che sei già tutta un fremito.» L’ho guardato, gli ho sorriso: aveva capito tutto! In effetti, di pompini ne avevo già fatti abbastanza e poi, un mese prima, mi ero fatta sverginare dal fratello di una mia amica, ma non ne avevo provato piacere; era venuto quasi subito e, per fortuna, già prendevo la pillola, altrimenti mi avrebbe ingravidato. Ho aperto la bocca e l’ho richiusa su quella splendida cappella violacea e lucida. Ho leccato la punta e poi giù, lungo l’asta, fino alle palle, che ho trovato belle grosse e piene. Le ho succhiate una per volta e questo ha suscitato la sua ammirazione. «Sì, che brava troietta! Lo sapevo che eri una ciuccia cazzi! Te lo si legge in faccia, che a te il cazzo piace! Dai, che ti scopo per bene!» L’ho ingoiato tutto e devo dire che non è stato facile; un cazzo lungo e grosso non va giù facilmente, ma io ci son riuscita. Poi lui mi ha sollevato e mi ha fatto distendere sul tavolo, mi ha sollevato le gambe, facendomi appoggiare i talloni sul tavolo. Mi ha sfilato le mutandine e le ha annusate. «muhummu…che buon odore di cagnetta in calore!» Si è seduto sulla sedia ed ha infilato la testa fra le mei cosce. Ho sentito la lingua scorrere fra le pieghe della mia fighetta e per me è iniziato il paradiso.
Nessuno, fino a quel momento, mi aveva mai leccato e lui lo ha fatto in modo divino. Mi ha succhiato il bottoncino e poi mi ha condotto ad un orgasmo sconvolgente. «Sì, dai! Bellissimo! Mai provato un simile piacere! Dai, continua, CONTINUA! VENGO! Vengo!» Ho serrato le gambe quasi a volerlo imprigionare tra esse, senza sapere cosa fare: fermarlo o farlo continuare a farmi impazzire. Lui ha raccolto e ingoiato tutto il mio succo, che sgorgava copioso, poi si è sollevato, ha portato i miei talloni ad appoggiarli al suo petto, e poi mi ha infilato la sua grossa verga tutta fino in fondo. L’ho sentito entrare come un razzo, deciso, spedito e sicuro; mi è arrivato fino in fondo e, quando l'ha raggiunto, mi ha provocato un'ondata di piacere simile ad una scarica elettrica, che mi ha fuso il cervello in maniera tale da donarmi un orgasmo istantaneo. Non avevo mai provato una cosa simile! «Ma… io … vengo! Accidenti che forza! Mi hai già fatto godere! Pazzesco! Dai, scopami forte, che vengo ancora!» Ha preso a pomparmi con colpi durissimi, che mi facevano sobbalzare verso l’alto. Ha allungato le mani ed ha libero i miei seni; li ha imprigionati fra le sue mani e poi me li ha impastati, torturando i capezzoli, che stringeva fra le sue dita, procurandomi un misto di dolore/piacere. Intanto continuava a sfondarmi la fica, affondando il suo cazzone sempre più in profondità. Ho goduto tantissimo, senza capire dove finiva un orgasmo e iniziava uno nuovo. Dopo l’ennesimo orgasmo, si è sfilato, mi ha fatto scendere ed appoggiare di nuovo al tavolo, piegata su di esso, in avanti. Ha di nuovo affondato il cazzo dentro di me, scopandomi da dietro. Mi teneva per i fianchi, ma, ad ogni affondo, mi sollevava da terra, da quanto lo spingeva dentro con forza. Mi sentivo sfondare e mi sentivo sfinita da quanto avevo goduto; allora l’ho pregato di venire. «Vieni, ti prego! Sono sfinita! Mi hai distrutto! Sei un toro fantastico! Vieni, godi anche tu!» Lui ha continuato a pomparmi, fin quando ho avuto un ennesimo orgasmo, poi si è sfilato e mi ha fatto inginocchiare davanti a lui. Appena gliel'ho preso in bocca, è venuto subito ed io ho ingoiato tutto. «Brava, troietta, bevi! Ingoiala tutta! Sei una brava puttanella, che sa davvero godere e far godere al massimo.»
L’ho bevuto tutto e poi l’ho pulito e leccato alla perfezione, poi me ne sono andata un po’ malferma sulle gambe. Per tre giorni non sono tornata all’oratorio e, solo il quarto giorno, di pomeriggio sul tardi, sono entrata in chiesa, seguendo mia nonna che doveva preparare per la domenica. Abbiamo pulito e messo tutto in ordine e, quando stavamo per andar via, lui è comparso e, dopo aver scambiato qualche parola con la nonna, mi ha chiesto se avevo qualche minuto di tempo per una questione importante. La nonna mi ha detto che potevo restare e così l’ho seguito in sagrestia. Appena chiusa la porta dietro di sé, lui mi ha abbracciato e baciato con un ardore pazzesco. «Dove sei stata? Ti ho desiderato tanto in questi tre giorni; stavo impazzendo! Ti voglio, adesso! Spogliati!» Ho sfilato il jeans e mi son tolta la maglietta, restando solo in intimo. Lui mi ha di nuovo leccato e poi mi ha fatto succhiare il cazzo sempre più duro e grosso. Me lo ha piantato tutto dentro con un affondo tale da far spostare il tavolo su cui ero adagiata. Ho ripreso a godere sempre più forte, mentre lui mi pompava come un pazzo scatenato. Ho iniziato a godere ancora con un orgasmo dopo l’altro, senza soluzione di continuità, e poi, ancora una volta, si è svuotato nella mia bocca. Ancora davvero sfinita, son tornata a casa e mia nonna, dopo cena, mi ha preso in disparte e mi ha detto una cosa che mi ha lasciato stupita. «Amore mio, sembri un po’ stremata. Sei forse troppo giovane per un toro come lui? Forse dovrei dirgli di esser meno irruente? Inoltre mi raccomando di non farti ingravidare, altrimenti tua madre mi ammazza!» Io l’ho guardata basita, aveva intuito tutto; intanto non sapevo cosa dire. Lei mi ha sorriso affabilmente. «Devi sapere che, nella sacrestia, dietro il grosso armadio dove sono custoditi i paramenti del prete per la messa, c’è un foro che, se non ne sai l'esistenza, non lo vedi, ma da lì si vede e sente tutto. È per questo che so che è un bel toro, però tu sei una giovane puledra, ancora troppo tenera per lui, quindi, cerca di darti una regolata, perché mostri di aver un’aria distrutta.» L’ho abbracciata e le ho detto che assumevo già la pillola, senza considerare che a lui piaceva schizzarmi in gola. Lei ha scosso il capo e ha detto, con una evidente malinconia, una cosa che mi ha stupito ancor di più. «Chissà che sapore ha la sua?! Quella del parroco di prima, era molto dolce!»
La domenica, dopo la messa, con una scusa, io e mia nonna siamo andate in sacrestia e lui, quando mi ha visto con lei, è rimasto un po’ deluso. Appena se ne sono andati tutti, io ho chiuso la porta e mi son avvicinata a lui; l’ho baciato e lui è apparso frastornato. Senza dargli il tempo di reagire, mi son inginocchiata, con lui che non sapeva che fare. Allora mia nonna si è avvicinata e gli ha sorriso. «Don Dario, la ragazzina ha fame, ma è troppo giovane per reggere un toro come te, quindi, lascia che l’aiuti un po’ anch’io, cosi sarà meglio per tutti.» Lui, dopo un attimo di stupore, ha sorriso e poi si è lasciato leccare anche da lei che, inginocchiata, gli ha preso il cazzo in bocca. Io, intanto, mi ero già seduta sul tavolo e, mentre lui si faceva pompare da mia nonna, mi ha leccato la fica fino a farmi godere. «Che troie che siete tutt'e due! Accidenti! Ero sicuro che il vecchio parroco avesse le sue puttanelle, ma non credevo che una di loro fossi tu! Dai, leccami bene anche il culo, che poi scopo anche te.» Appena ho avuto un orgasmo, lui mi ha fatto scendere dal tavolo. Il mio posto è stato preso da mia nonna, che vi si è sistemata a gambe aperte. Lui mi ha fatto piegare verso la sua fica e, mentre io la leccavo, lui mi sfondava con colpi fantastici. Ho goduto e fatto godere mia nonna, dopo di che lui l’ha anche scopata e, alla fine, ci ha riempito la bocca ad entrambe. Per tutta l’estate mi son fatta sbattere da lui, assieme alla nonna, che non ha mai smesso di ringraziarmi. Don Dario mi ha anche aperto il culo e, dopo un primo momento di dolore, ci ho goduto alla grande. Ora al paese non ci torno più, perché mia nonna, dopo la morte del nonno, ha venduto tutto ed è venuta a vivere con noi, in città, ma, a volte, quando siamo sole, ci divertiamo a darci qualche piacere, ripensando a quanto cazzo ci ha dato quel porco di don Dario.
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