Il rito

Capitolo 1 - unione con la madre

erotikamente
5 months ago

13.000 A.C. IN QUELLA CHE ORA E’ LA FRANCIA CENTRO – MERIDIONALE:

I balli dal pomeriggio continuarono per gran parte della notte. I membri della tribù degli Anerak, circa duecentocinquanta, avevano messo fuochi ed amuleti attorno ai fuochi nel grande spiazzo da loro ricavato nel bosco accanto alle nove grotte alle pendici dei Grandi Monti Bianchi. I fuochi erano alti e donne e uomini danzavano attorno agli stessi: le donne scoprivano I loro seni e gli uomini I loro possenti fisici atti alla caccia. Anche le donne avevano fisici forti, come anch’esse partecipavano non di rado alla caccia, pur se molte di loro si dedicavano con maggior cura alla crescita della prole e a far misture per poi poter lasciare ciò che vivevano e vedevano all’interno delle grotte, pitturando la loro vita di tutti I giorni. I bambini della tribù scherzavano e ridevano, mentre I membri più grandi, I loro genitori, danzavano in onore e rispetto della Madre Terra, chiedendo venia ai tre megaloceri che avevano uccisi poche ore prima per sfamarsi e per prendere la loro pelle. Gli anziani , e soprattutto lei, la Madre degli Anerak, una anziana donna, la più anziana di tutti e di tutte, aveva lo sguardo perso nel fuoco mentre nelle sue mani stringeva delle ossa di uccello.

Ordak guardava quelle scene di giubilo e di rito da pochi metri sopra; seduto sulla roccia che apparteneva ai loro monti. Quella fu l’ultima caccia che il ragazzo vide da spettatore della tribù, giacché pochi giorni dopo anch’egli, come due suoi coetanei, sarebbe stato benedetto dalla Madre degli Anerak con l’antico “rito degli Dèi”. Con questo rito si diveniva parte integrante della tribù, giacchè prima si era solo “figli degli Anerak”. Ciò avveniva trenta notti dopo il risveglio stagionale degli orsi, e dopo venti inverni di vita. Presso gli Anerak non era così scontato raggiungere l’età adulta ed essere veramente parte della tribù. Molti morivano prima del rito per malattie, per attacchi da parte degli orsi delle caverne, dei leoni delle caverne, lupi e, come accadde due inverni prima, da parte di un gruppo in corsa di adlaki (mammut primigenius) che, dopo una caccia andata a male, spaventati, si diressero verso le nove grotte e con il loro passaggio uccisero cinque “figli degli Anerak” aventi età che andavano dai cinque ai diciassette inverni di vita, e due membri adulti di trenta e quarantadue inverni (gli anni presso gli Anerak si contavano in inverni: venti inverni corrispondevano a venti anni, quindi ogni inverno era un anno).

Ordak pensava al rito,aveva paura di non esserne all’altezza. Suo padre possedeva il bastone da comando finemente decorato da lui stesso, mentre sua madre era la più esperta cacciatrice e la sua collana era adorna da tre denti di orso delle caverne. Lui fino ad ora si era limitato ad apprendere tutto ciò e a pitturare sulle pareti delle grotte. Ed in questo era molto bravo.

Nel mentre sotto di lui la sua gente rideva e scherzava e pregava gli dèi a voce alta, una mano si poggiò sulla spalla del ragazzo facendolo sussultare:

“tranquillo Ordak, sono tua madre”

“mamma” (non sapendo il linguaggio dell’epoca ed il rispetto nello stesso nel rivolgersi ai genitori, metterò il “tu” e non il “voi” nel linguaggio)

“pensieroso?”

“come non lo sono mai stato”

“per il rito o c’è altro che ti spaventa?”

“ora che abbiamo cacciato ed abbiamo ancora provviste della caccia precedente e la nostra gente sta bene, sì, la mia preoccupazione è il rito”.

Il “rito degli Dèi” veniva dall’alba dei tempi. Ogni Madre degli Anerak racconta, generazione dopo generazione, che il rito nacque in onore alla Madre Terra e per questo, visto che è la stessa a forgiare gli uomini e le donne, quando si fa il rito le “madri della tribù” sono chiamate ad aiutare I figli. Ad Ordak questo un poco spaventava, più che altro perché non voleva dar sfoggio negativo di se a sua madre

“non hai nulla di cui preoccuparti figlio; dovrei essere io preoccupata giacché il compito maggiore spetta a me che sono tua madre. Hai passato venti inverni Ordak, ed ora devi entrare negli Anerak come membro integrante della nostra gente, e non come “figlio” della nostra tribù. La Madre Terra ci ha dato e ci dona la vita, così noi madri abbiamo dato la vita a voi che siete I nostri figli. Mi capisci?”“certo mamma. Io spero solamente di esserne degno poi, dopo il rito…e nel mentre” la madre sorrise

“lo sarai, non ti preoccupare Ordak”.

La madre di Ordak, Dysa, era una donna che aveva passati I cinquanta inverni. Era la moglie del padre di Ordak, Igahal, anch’egli di oltre cinquanta inverni. Era una donna con I capelli scuri e lunghi, aveva un fisico che sembrava essere scolpito su di una roccia, ed era magra. I suoi seni grandi e perfetti, modellati dalla grande attività fisica che metteva nei lavori pesanti della tribù, sia maschili che femminili, giacché l’uguaglianza fra uomini e donne, anche nei lavori, era una colonna portante degli Anerak. Esperta cacciatrice, suo padre aveva avuto il bastone da comando della loro tribù, ora posseduto da Igahal.

Dopo un po’ di tempo passato con suo figlio, Dysa lo salutò e ritornò accanto alle grotte dove ancora si festeggiava. Giunta alla loro grotta, si sedette guardando la sua gente festeggiare. Il bagliore del fuoco le illuminava il volto sorridente per la fortunata caccia.

Bionda, corpulenta e dai seni prorompenti, la sua amica Asylet, anch’essa con più di cinquanta inverni, le andò accanto con una ciotola contenente carne di megalocero

“Dysa non vieni?”“sto qua, ho danzato prima”“allora ti farò compagnia” disse mettendosi a sedere vicino la sua amica donandole la ciotola

“va bene”

“meno male per questa caccia Dysa”“sì veramente, almeno così avremo provviste per altre stagioni”“qualcosa non va?”“no niente” disse sospirando Dysa

“due lune ed anche per Ordak sarà giunta l’ora di essere un Anerak vero e proprio” disse Asylet compiaciuta e sorridente

“sì, già…è giunta l’ora”“e ciò ti preoccupa?”“no, è il nostro dovere di madri, no?”. Asylet cercò di rassicurare la sua amica…

“mio figlio lo scorso inverno ha fatto il rito”“sì, lo so. E’ andata bene per te? Non te l’ho mai chiesto”“sì, anche perchè in quel momento sai che ciò che stai facendo è caro agli Dèi, e come tale è sacro”

“certo” e dicendo ciò entrambe si passarono le mani sul volto come a gettarsi l’aria. Un segno simbolico quando si parlava delle loro divinità

“non ti preoccupare, la fase iniziale spetta alla Madre ed è solo fatto di parole, come sai. Poi il resto avviene fra te e lui e nessuno vedrà”“mi racconti, se puoi, come andò per te lo scorso inverno?”. Asylet sorrise e prese le mani della sua amica

“dopo le parole della Madre e dopo essere state cosparse di unguenti dalle altre donne, gli anziani fanno delle preghiere. Poi dopo una ragazza mi ha accompagnata all’interno della grotta, dove dietro la pelle d’orso che copriva l’entrata di una parte interna della caverna, c’era Adik, mio figlio”“come ti sentivi?”

“Dysa, in quel momento ti senti un tutt’uno con gli Dèi, sai che quello che stai facendo è una cosa sacra, lo capirai fra poco non temere”

“come andò?”

“lui anche era unto, come me. Rimanemmo in silenzio, ci mettemmo sdraiati ficino al fuoco e dopo cominciammo…”“cominciaste…”“lo sai Dysa”“sì, già”. Asylet strinse le mani della sua amica

“pochi giorni”

“ma dopo il rito?”“cosa?”“lui ti…ha cercata ancora?”“se ti cercano ancora dopo il rito vuol dire che hai fatto cosa gradita agli Dèi, no? Naturalmente quando poi si uniranno con un’altra donna la madre si tira indietro”“certo, è per tutti cos씓anche per quelle madri che, benedette ancora di più dagli Dèi, verranno cercate dopo il rito dai figli”.

Le due donne si guardarono negli occhi. Silenzio fra di loro mentre la gioia della caccia conclusasi con successo ancora riecheggiava sotto I Grandi Monti Bianchi.

Racconto selezionato per il nostro archivio dalla redazione, scritto originariamente da: InchiostroEMente

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