Tre passi nel cuckold
Capitolo 2 - Sodomia in giardino

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Appena le luci illuminarono meglio la scena, Nicola ebbe un balzo per la sorpresa, ma Filomena fu lesta e si inventò la scusa di un interruttore crepuscolare che, in realtà, non era mai esistito.
Come Lucio aveva immaginato, ora lei era certa che il marito era in casa e che ... aveva visto tutto e forse continuava a spiarla. Come interpretare il suo silenzio? Approvava o l’avrebbe odiata per tutta la vita?
Nicola si era un po’ perso, le luci improvvise lo avevano spaventato.
Filomena decise di giocare tutte le sue carte, conosceva troppo bene il suo lui per non essere sicura che quasi certamente era arrapatissimo. Scese dalla macchina e si portò il suo cavaliere in bella mostra, presso la panchina ben illuminata. E Lucio si rese conto che lei non era per nulla sorpresa dalla sua presenza in casa, e si rese conto che era abbastanza troia da continuare quello spettacolo indecente, recitato proprio davanti ai suoi occhi. Si riprese il cazzo tra le dita, mentre subiva i “maltrattamenti” di sua moglie. Una sola cosa lo teneva in apprensione: Filomena aveva inscenato quella pantomima erotica per compiacere i suoi reiterati inviti alla trasgressione… oppure era li, semplicemente per lasciarlo, spezzando sia la sua lunga e devota fedeltà che il loro stesso amore?
Filomena seduta sulla camicia di Nicola, lo fece avvicinare per rifarglielo duro, con un pompino lungo e succhiante. Se lo lavorava delicatamente ma con decisione e in poco tempo il cazzone che lei ricordava bene, si gonfiò nella bocca dilatando le labbra già tese.
Quando Nicola fu arrapato al punto giusto, Filomena decise di andare avanti, pure se non si sentiva del tutto “pronta” ed era ben consapevole di quanto era doppio quel membro che a fatica teneva tutto in bocca. Nonostante gli anni passati, ancora ricordava quando, per le inculate di Nicola, le erano uscite le lacrime pur di sopportare lo sfiancamento anale. Staccò la bocca dal cazzo eccitato e si alzò, poggiandosi poi rilassata sulla spalliera della panchina, come se fosse lì, perfettamente vestita, a passare la serata con un amico. E invece, con un cenno, fece accasciare Nicola davanti a lei e lo sovrastò velocemente con le gambe, poggiandogli le caviglie sulle spalle. Filomena si sporse sul bordo, quasi a cascarne, con le cosce spalancate, e la figa e l’ano in primo piano.
Il povero Nicola non credeva ai suoi occhi, non avrebbe mai sperato di riavere a disposizione tutta quella bontà divina, inoltre con l’età, la ragazzina era diventata donna, mettendo la giusta carne nei punti strategici, più matura nella decisionalità e più porca che mai. Sapeva che lei lo comandava e lo usava per i suo piacere e sapeva anche che il suo stesso godimento era subordinato alle decisioni di lei, ma mai, proprio mai, si sarebbe rifiutato di fare qualsiasi cosa gli chiedesse, pur di non perdere di nuovo quella delizia... quello scenario di paradiso.
La donna lo fece abbassare affinché si mettesse a sua disposizione leccandola tra le gambe accuratamente. Si guardò intorno per mettersi bene in mostra, cercando di fare in modo che dalla casa si vedesse perfettamente ciò che accadeva… e poi si preparò al sacrificio finale.
Staccò la faccia dell’uomo dalla sua figa, dove la bocca stava pasteggiando senza tregua e lo osservò. Era grasso e grossolano, ma aveva quel fungo spesso e scorbutico tra le gambe, che spuntava osceno da sotto il pancione, largo e discinto. Rispetto a lei era “la bestia” che otteneva un rapporto con “la bella”, e la cosa aveva un suo fascino misterioso: le sembrava di essere desiderata dal animale in calore, senza cervello e dedita solo a ottenere il massimo piacere. Intanto suo marito guardava e non sapeva quali altre prove dolorose lo aspettavano, si teneva il cazzo in mano, stanco di tenerlo duro senza riuscire a venire neppure una volta. Ma ciò che iniziò allora era veramente il colmo: la moglie, dopo essersi fatta slinguare sulla panchina, si inarcava sulle spalle di quell’energumeno, facendo leva sui talloni che poggiavano sulle spalle di lui, mentre con le mani si apriva oscenamente le chiappe, mostrandogli il buchetto proibito, bruno e appetitoso.
No, non poteva succedere!
Le due figure erano di profilo ed era ben evidente di sotto l’epa il grosso tappo di carne, grosso come una pannocchia. Il porco capì, sbavando dal piacere: le mani libere cominciarono a esplorare quel culetto, pregustandosi il trionfo che lo attendeva. Era tremendo per il marito starsene lì, più arrapato che mai ma frustrato, schiacciato da quelle scene orribili, che esaltavano in lui tutta la dipendenza dalla sua stessa depravazione. Ormai, quella punizione durava da quasi un’ora e ,per fortuna, non era arrivato nessuno: Lucio era certo che in certi momenti di totale eccitazione, quei due maiali non si sarebbero fermati neppure sotto le luci di un palcoscenico.
In fondo, se si era arrivati a tutto questo la colpa era sua; troppo aveva insistito, domandato, stuzzicato...
Di certo Filomena aveva dovuto credere che per lui fosse realmente importante assistere a quel tipo di scopata: perché lei, da moglie tranquilla e fedele, non gli avrebbe mai trasmesso, altrimenti, quelle sensazioni che solo un comportamento da ninfomane o da puttana poteva procurare. Sperando non rappresentasse la fine del loro rapporto, quasi commosso, si augurò che tutto lo show non fosse solo una recita obbligata lei ma che traesse da quegli atti impuri, le stesse potenti sensazioni che stava donando a lui.
Intanto, nell’aia, il grassone aveva massaggiato per benino il basso ventre della sua dea e vittima sacrificale. Si accostò e avvicinò il glande grosso e rubizzo, decise che era ora di riempirle il fiorellino bruno che lei gli donava ancora una volta, dopo un’attesa durata anni. Nonostante il fresco della sera incipiente, si era tolto la canottiera ed era tutto imperlato di sudore, persino sotto lo scroto grondava.
Per cacciare agevolmente quella preda con la sua “mazza” era costretto a tenersi il pene in mano, mentre con l’altra si spingeva il pancione verso l’alto, affinché non formasse spessore tra loro. Così il bastone nodoso si esprimeva completamente libero, il furbo chiavatore, allenato ad usarlo nonostante la trippa, se lo teneva da sotto le palle. Era lampante che, una volta penetrato in lei, voleva affondarglielo tutto integralmente nelle le natiche.
Ecco!
La caccia era arrivata al suo acme.
La capocchia di lui aveva centrato il buchetto e non si sarebbe mai tirato indietro.
Dal terrazzo, Lucio, che vedeva perfettamente la scena, sentì il gigante mugugnare imbestialito. In cuor suo si augurò che sborrasse subito, come risultato della forte tensione accumulata, ma era una speranza veramente esigua. Lo vide spingere e avanzare deciso, mentre sua moglie emetteva gridolini soffocati. Purtroppo erano mesi che lui non la inculava e, praticamente, era tornata come vergine, di dietro. Quando il cazzo entrò completamente, le gambe di Filomena si contrassero, involontariamente, spinte dal dolore e dal nervo, che era stato sollecitato da quella dilatazione forzata. Prima le teneva piegate, con le ginocchia verso l’alto e i piedini sulle spalle di Nicola, ora invece erano diritte e perpendicolari, e non cadeva solo perché l’uomo se la teneva a portata di cazzo, con le mani sotto le natiche delicate e il perno di carne che l’aveva infilzata.
Passata la fase cruenta della dilatazione dello sfintere, si sistemarono comodi per potersela godere entrambi.
La donna appoggiò i polpacci sulle spalle di lui, mentre Nicola, raccolto il pancione molle, lo calò sul pube di Filomena. Era tremendo vederli perché lui grasso com’era, l’aveva circondata, facendo si che da lontano sembrassero una sola carne fusa.
Solo le natiche piatte e pelose, che si muovevano voluttuose in mille posizioni, indicavano che la penetrazione stava avvenendo perfettamente. Dai movimenti sinuosi e roteanti che ripetevano all’unisono, ancorati l’un l’altra da quel bastone carnoso, che Filomena sopportava in corpo, si comprendeva che non solo lui le dava dei colpi perpendicolari e profondi ma che le roteava anche la mazza dentro, quando era tutta piantata nel culo della moglie di Lucio.
Nicola se la inculava di gusto, perduto nei suoi vecchi sogni proibiti. Approfittò dei suoi polpacci, sistemati per tenersi sulle sue spalle, per baciarle le gambe e aiutandosi con le mani i piedini inguantati dalle calze color carne. Mentre fotteva, le aveva sganciato pian piano i nastri del reggicalze, che giacevano inerti e ballonzolavano ai lati del culetto ad ogni botta. Con le mani grossolane le aveva liberato la carne tenera delle cosce e ci viaggiava come un forsennato. Si godeva quel contatto e ogni tanto infilava le dita sotto le calze, non più tese, discendendo verso il ginocchio.
Tutto questo rendeva il corpo di Filomena ancora più discinto e arrapante e Nicola infilava la manona nell’incavo del polpaccio, tra la calza floscia e la carne delicata. Da sopra Lucio guardava senza forze e non provava più alcun senso di ribellione, nonostante lo spettacolo oltraggioso che gli veniva offerto dal giardino di casa sua.
Adesso era solo questione di tempo, tutto era calmo come la serata.
Nicola pressava la sua carne flaccida sotto quel pancino delicato e si intuiva che l’ammasso vibrante, nascondeva un manganello notevole che viaggiava nello sfintere della sua ex. Lei guardava le stelle e senza più remore si dava, totalmente, mentre con la destra si faceva un ditalino languido, quasi distratto: come fosse una ragazza annoiata, sola sul divano che cerca darsi un piacere ristoratore e singolare.
D’improvviso il grasso uomo grugnì come un animale e vibrò, scuotendo persino la carne flaccida adagiata sulla “vittima”. Premette il cazzo in fondo con tutte le forze, tanto da spostare in avanti Filomena con tutta la panchina. Si inarcava e sborrava, continuando a spingere e a grugnire, senza nessun controllo per oltre cinque minuti.
Poi le rimase dentro ancora a lungo, ma fermo, mentre riprendeva fiato e coscienza… Finalmente si sganciò dal culo e il cazzone gocciolava ormai senza forze, ma mantenendo quel suo spessore pauroso che Lucio non avrebbe mai dimenticato.
Fu allora che Filomena raccolse rapidissima le sue cose e lo liquidò quasi immediatamente. Il poveretto si rivestì alla meglio e, ritrovato il giudizio e il senso della realtà, si rese conto di quello che aveva rischiato e fuggì nella notte, non pentito ma di certo confuso.
La signora corse in casa (continua)
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