La Madre, la Figlia... e Saffo
Capitolo 4 - Orgasmi solitari ma complici

Adesso, come allora, dal mio angolo buio ti osservo venire e con le dita mi cerco la figa, la spalanco e mi bagno, poi porto le mani alla bocca e suggo il mio sapore, sognando di sentire il tuo; quel sapore vietato alle mie labbra di madre.
Mentre mi frugo ancora una volta, ripenso a quello che ho provato non troppo tempo fa, il giorno del mio compleanno.
Non volevi lo spumante, come al solito: tu non bevi.
Nell’atmosfera intima e giocosa, ti promisi un bacio per ogni bicchiere... a quel punto cedesti subito e bevesti.
È stata l’unica volta, forse perché avevo bevuto anch’io.
Ci baciammo, e non fu un bacio da mamma. Prima ci desiderammo le labbra e poi s’incontrarono le lingue piene di succo, cercandosi profondamente nelle bocche assetate.
Eravamo in piedi e le cosce s’intrecciavano, facendoci godere del calore della pelle liscia. Tu mi stringevi e spingevi il bacino a mio favore; stemmo così, strette e appassionate, sotto gli occhi discreti di poche persone amiche. Nessuno mai commentò quell’eternità finita troppo presto.
Poi un altro brindisi e poi gli auguri e... un bacio, un bacio ancora, tanto lungo e commosso da sembrare un addio. Avevi perso la testa e mi tenevi la tetta in mano. Avevi perso il pudore, e mi scattavi con la lingua in bocca, dura, penetrandomi.
Ora, nascosta nella saletta d’ospedale, assisto, come sempre... e godo: ma non entro!
Ancora una volta quest’amore resterà il nostro, e il sogno si perderà in un desiderio mai pago.
Ti masturbi incessante, spudorata e santa; sembra impossibile che il tuo viso nasconda un piacere tanto carnale sotto l’inguine, che cavalchi come una strega angelica sulla scopa del peccato.
Anche quella sera lo facesti.
Con la testa che girava, salisti piano in camera, ti denudasti languida e fingesti che io, la tua mamma, non ci fossi. Mostravi di non vedermi!
Come eri bella quando, nuda e discinta, ti abbandonasti a un finto sonno.
Con le mani ti accarezzavi e io, quella volta, non riuscii a farmi indietro, restai sulla porta, in vista e soffrii; soffrii per lo sforzo amaro di trattenere il desiderio. Avrei voluto tuffarmi sul tuo corpo e perdermi tra i flutti della passione.
Quando sei stata pronta, con gesto quasi infantile, semplice, hai solo bagnato due dita sulla lingua, poi ti sei infilata “la micetta”, schiudendola del giusto, solo per provare il piacere della dilatazione.
Sei venuta quasi in silenzio, con un solo lungo sospiro; hai inarcato la schiena, per te... e per me.
Lo sapevi che vedevo, lo sapevi che anelavo te.
Poi, pian piano, il cuore abbassò il suo tambureggiare e il respiro divenne basso e regolare. Solo quando ti addormentasti soddisfatta, solo allora, raggiunsi il tuo letto e ti baciai a lungo la bocca umida.
Che gioia segreta rubai allora dalle tue labbra. Erano bagnate ancora degli umori lasciati dalle dita: quante volte erano passate dalla vulva. E che profumo indescrivibile, ero vicinissima: sentivo il caldo che emanava dal bacino nudo e l’odore che la “fregna” aveva appena sfogato.
Invece di affogarti con la faccia tra le cosce per suggere il nettare di quel fiore, ti coprii, teneramente, col lenzuolo immacolato.
Quale regalo più dolce e appagante avrei mai potuto desiderare?
Poi, tutto fu cancellato dalle nostre menti e non ne parlammo mai più.
Ecco che il sogno volge al termine, torno coi piedi per terra e vengo pure io, tra le dita, cercando di non fami sentire.
La mutandina assorbirà ancora una volta il piacere: il tuo ennesimo dono in un rapporto incredibile e mai goduto appieno.
In punta di piedi vado via dall’ospedale, felice.
Domani te lo dirò.
Te lo dirò che la tua mamma non ti abbandona mai, mio dolcissimo fiore profumato:
«Ma certo che sono passata, tesoro» dirò «ma tu... tu dormivi già!»
Entrambe sapremo che, ancora una volta, ti avrò mentito.
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