La Fata di Ferro
Capitolo 2 - Flora, questa è Nicole
«E questa è Nicòle! Visto? Te l'avevo detto che non era più una bambina.
Il tempo passa in fretta, accidenti!» La mamma della ragazza sorrise a
Flora, la vecchia amica.
«Su Nicòle, stringi la mano a Flora, presentati come si deve. Dai!» La
donna ci teneva a far bella figura, a ostentare la figliola come un trofeo,
per rimarcare quanto era in gamba e fortunata.
Nicòle sbuffò sbarazzina e mimò un inchino teatrale, poi stemperò tutta
la scena con un sorriso:
«Piacere!» disse rapidamente. «Scusa ma, mia mamma mi farebbe sfilare
come al circo, se potesse.»
«Certo!» disse sua madre prendendola in giro. «Perché solo in un circo
sfilano le scimmie come te!»
Flora rise divertita:
«Non c'è che dire» cominciò «non potevate essere più "diversamente"
uguali.»
Strinse la piccola mano della ragazza, squadrandola dalla testa ai piedi:
«Ha ragione la tua mamma. Sei veramente bellissima... come scimmietta,
intendo!» e risero di gusto tutt'e tre.
Poi Nicòle e sua madre seguirono Flora all'interno della villetta, in
periferia, ma collegata benissimo al centro città.
«Vi preparo un bel tè: lo gradite? Oppure una cioccolata, non fate
complimenti.»
La cucina faceva parte di una sala ricavata da un unico grande ambiente,
che ospitava una serie di divani e un grande tavolo da pranzo. Sul
fondo, davanti a un'ampia vetrata, una lunga banchina di legno di noce
faceva da separé alla zona cottura, che era bellissima. Tutta rivestita in
tozzetti di ceramica. Una sequenza infinita di calde sfumature di colore
che andava dal giallo al marroncino.
La casa di Flora era molto accogliente e pulita.
Erano anni che non s'incontravano e la madre di Nicòle si gustò quei
momenti.
«Se me lo avesse predetto un'indovina, non ci avrei creduto... così
lontane da casa per poi ritrovarci qui. Sono proprio contenta!»
Mentre Franca, la madre di Nicòle, era vivace, a volte quasi aggressiva,
Flora aveva un carattere allegro, ma parlava meno.
Era una di quelle persone che ti danno sicurezza: un sorriso quieto
accompagnava ogni suo gesto, e guardarla preparare il tè era rilassante,
come tutto l'ambiente che si era creata intorno.
A Nicòle piacque subito quella figura di donna matura e prosperosa, con
i seni generosi che premevano sotto il camice sottile, che indossava in
casa.
«Nicòle, preferisci la cioccolata calda?» chiese Flora con la sua voce
carezzevole e la ragazza non seppe resistere:
«Oh, sì, per favore! La ringrazio» rispose, mentre ispezionava la casa con
lo sguardo.
«Dammi pure del tu, Nicòle: non sono mica vecchierella come la tua
mamma!» rise, sgranando quei suoi denti piccoli e bianchi che
sembravano perline. Franca protestò, bonariamente.
«Vieni Nicòle, forse ho qualcosa per te. Dovrebbe piacerti più delle
nostre chiacchiere» e le fece strada verso la zona living dove un grosso
televisore troneggiava su un tavolino, zeppo di film in DVD.
«Qui dovresti trovare qualcosa di adatto a te, la figlia di mio fratello
lascia in giro un sacco di questi film.»
«Uaho!» esclamò estasiata lei, scartabellando tra le custodie di plastica
«ma questo è l'ultimo di Brad Pitt. Per favore!!!» proseguì cercando di
fare la migliore interpretazione di "occhi da cerbiatto" mai eseguita.
«Posso guardarlo?»
Flora dovette fare uno sforzo, per non restare immobile e godersi quegli
stupendi occhioni languidi. Sbrigativamente replicò: «Ah, cara mia, per
me Brad Pitt te lo puoi anche sposare, non guardo mai film moderni.»
«Nicòle! Tra breve torniamo a casa!» urlò Franca in direzione del salotto,
dove la figlia si era già impossessata della TV. Con la maestria tipica dei
giovani, aveva già fatto tutte le manovre per far partire il film sul grande
schermo piatto.
«Dobbiamo rientrare di corsa.» Poi rivolta a Flora: «Sai cara, non stavo
nella pelle dalla voglia di rivederti, ma siamo appena arrivati... figurati
che a casa ho ancora gli operai che montano i mobili, e lunedì dobbiamo
già prendere servizio.»
Intanto Flora, incurante del tornado che scatenava sempre Franca,
continuò con metodo le sue operazioni: servì un buon tè per entrambe
sul tavolo della cucina e poi raggiunse Nicòle, con una tazza di
cioccolata fumante e un piatto di biscotti fatti in casa, che sparirono
rapidamente dal vassoio.
Franca intanto era già in piedi, scattata come una molla:
«Dai, sono curiosa di vedere la tua casa!» disse mentre col mento
indicava la figlia che, ignara, si era lasciata rapire dalle immagini.
Flora capì e, con la sua tazza di tè tra le mani, fece strada all'amica per
le scale che portavano al piano superiore.
Di sopra c'erano due camere e un bagno molto comodo e spazioso.
«Ma è carinissima: che bella! E queste mattonelle: deliziose. Ti spiace se
approfitto?»
«Ma scherzi?» rispose l'ospite guardando l'amica che, rapidamente, si
abbassò pantaloni e collant, per urinare.
«Vengono dall'Italia» continuò Flora, indicando le mattonelle. «Vietri sul
Mare, per la precisione. I listoni sono decorati a mano, uno per uno.
Piacciono tanto anche a me. Hanno i colori forti che si vedono solo nei
posti in cui il sole è splendente.»
Mentre si dava una controllata davanti al grande specchio ovale,
incassato nell'intonaco e circondato da una cornice in ceramica, Franca
divenne più confidenziale nei toni e raccontò rapidamente le sue ultime
peripezie.
Era un momento di sbandamento totale. Suo marito, il padre di Nicòle,
era stato trasferito in fretta da una città all'altra.
Lei, per fortuna, aveva trovato impiego grazie a un collega di lui.
Un lavoro da cassiera, e spesso le sarebbe toccato svolgere il turno
serale. Ma non si lamentava, dopotutto l'importante era avere un lavoro.
Lui aveva altri due figli, frutto del primo matrimonio, ma erano grandi;
si erano trasferiti per necessità, ma presto si sarebbero organizzati per
andare a vivere a Parigi, dove frequentavano l'università.
Flora la seguiva quieta, sorbendo il tè e cercando di non perdersi in
quelle descrizioni frettolose. L'amica le aveva accennato qualcosa
riguardo a un certo "aiuto" su cui contava, stava ad ascoltare
attentamente, per capire dove sarebbe andata a parare.
Il problema di Franca non era solo pratico: tutta la famiglia stava
attraversando un momento di confusione e lei cercava di fare del suo
meglio.
I figli maggiori erano frastornati dal trasferimento ed erano diventati
intrattabili.
Il suo matrimonio si stava sgretolando per colpa di una relazione del
marito con una collega di lavoro.
Era depressa e cercava, a sua volta, qualcosa di diverso dall'amore
coniugale, che ormai le veniva rifiutato.
Vecchi problemi irrisolti si erano insinuati nella famiglia e ora stavano
minando i rapporti.
«La piccola è agitata e nervosa» continuò Franca «e la nostra famiglia è
talmente scombinata... Siamo incerti sulle scelte da compiere.» La fissò:
«Ecco: vorrei affidarti Nicòle, per il doposcuola, affinché tu possa
insegnarle la lingua e aiutarla a passare questo momento, piuttosto
turbolento. Naturalmente sarai adeguatamente retribuita. È ovvio! Non
me la sento di affidarla a un'estranea in un paese che non conosce. Per
lei sarebbe solo un ulteriore trauma e francamente vorrei evitarlo.»
Flora la interruppe, alzando decisa una mano:
«Alt, tesoro mio!» intervenne. «Non è una questione di soldi. Figurati. Ma
ciò che mi chiedi è una grande responsabilità. Cosa ti fa credere, poi, che
le maioliche italiane e la cucina in veranda rappresentino il paradiso?»
La squadrò quasi offesa: «Anch'io ho una mia vita, sai? Vivo da sola ma
non vuol dire che non abbia qualcuno e, soprattutto, anch'io ho i miei
problemi, purtroppo.» E il suo viso si ammantò di una delicata tristezza.
I loro occhi s'incrociarono. Flora sorrise, vedendo lo sguardo sparuto di
Franca; sembrava lei la bambina confusa, adesso.
«Oh, insomma» disse infine risoluta. «E va bene! Facciamo una settimana
di prova, ok?» Franca annuì, aveva la stessa aria di un cane che
scodinzola.
«Però voglio sapere con precisione i giorni in cui la ragazza verrà da me.
Posso riceverla dalle tre. Non prima. Sono impegnata col lavoro e altro...
la sera, a casa alle venti!»
Quella sera, da sola nel lettone, Flora, a occhi chiusi, tornò con la mente
alle impressioni che le aveva suscitato l'incontro con la giovane Nicòle.
Le forme acerbe, i seni piccoli e, di certo, duri come il marmo... A questo
punto, i suoi pensieri si illanguidirono, immaginando il fiore acerbo, che
la giovane custodiva. Avrebbe pagato per poterlo almeno ammirare, ma
non poteva che restare un sogno.
I suoi pensieri, però, diventavano sempre più lascivi, nonostante gli
sforzi per distogliere la mente.
Allora le immagini, che in quel momento creava con la fantasia, si
confusero con i ricordi del passato.
Il volto della giovane si confuse con quello della madre, quando era
giovane e fresca. La rivide, mentre abbassava la testa dai capelli fluenti e
si tuffava sul suo corpo, odoroso di puro piacere.
La lingua di Franca la cercava, allora, insaziabile.
Ricordò tutte le volte in cui aveva ricambiato quell'esasperante frugare,
con la bocca, negli spazi segreti dell'altra.
Il corpo, sognato, di Franca giovane, nell'eccitazione che si era
impadronita di lei, si confondeva con quella di un'altra. Una donna
sconosciuta dai contorni indefiniti, illuminata da una luce dietro le
spalle, che ne occultava i lineamenti.
Poco dopo, però, fresca come fosse rorida di rugiada, appariva
l'innocente visione di Nicòle.
Ansando e grondando la donna raggiunse un piacere languido e intenso
che, invece di appagarla, la turbò e la lasciò sul letto, piena di rinnovata
sete.
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