Case paurose
Capitolo 1 - Due donne e una sedia

Sono passati anni da quel giorno, eppure lo ricordo come fosse ieri!
Sto camminando lungo la spiaggia sassosa di una dei tanti piccoli golfi dell’isola. La villa dove da domani lavorerò è proprio sopra il promontorio, lontano dal più vicino centro abitato. Mi sto dirigendo verso una scalinata che porta ai giardini della villa, l’accesso privato alla spiaggetta. Qualche metro prima c’è un uomo di colore, sta portando in giro il suo cane. Vede che mi sto dirigendo verso la scalinata e mi ferma.
«Le conviene stare lontano da quel posto!».
«Come prego?».
«Quel posto. La villa del demonio è. Stia lontano.».
Sembra uno squilibrato. Uno di quegli uomini che hanno perso un po’ il senso della realtà.
«Io in realtà ci lavoro lì!».
Mi guarda stranito e si limita a fare spallucce prima di riprendere il suo cammino.
Turbato da quel singolare scambio di battute, riprendo il mio viaggio verso la villa.
La scalinata è bella ripida, ma ho un fisico allenato che me la rende non così faticosa. In cima all’ultimo gradino mi attende la padrona di casa, Anita. Un’affascinante donna sulla quarantina. Una figura elegante, snella e distinta. Occhi azzurri circondati da una chioma lunga e rossa e un’espressione del viso che incute il dovuto rispetto. È lei che comanda qui.
«L’aspettavamo questa mattina!».
«Il traghetto ha avuto un guasto.».
Si limita a fissarmi per qualche secondo, giusto il tempo per decidere se credermi o meno.
«Mi segua. Le mostro il suo alloggio.».
Passiamo per i giardini della villa, osservo la situazione, quello che sarà uno dei miei lavori. Custode e giardiniere. La mia abitazione è ex magazzino sistemato e divenuto una sorta di dependance. C’è una stanza con un letto matrimoniale, un mobile con la televisione e un tavolo e un angolo cottura. Un bagno privato con doccia e vista sul mare. Non male considerando qual era il mio precedente alloggio.
«Le lascio questo foglio con i lavori più urgenti da svolgere nei prossimi giorni. Io domani partirò per Milano e tornerò tra qualche giorno con mia figlia. Mio marito resterà qui, se dovesse avere necessità. La cucina è funzionante e dovrebbe esserci anche qualche cibaria nel frigorifero, ma per cena l’aspettiamo alla villa. Beh, a dopo Luca.».
Le sorrido e faccio un cenno con la testa per salutare. Tra le mani stringo il foglio con i compiti della settimana.
Il pomeriggio scorre tranquillo e la cena è deliziosa. Conosco il marito di Anita. Un uomo distinto, decisamente più in là con l’età rispetto lei. Fa una dieta particolare, senza alcolici e non fuma perché ha problemi cardiaci. L’aria e la tranquillità dell’isola sono un toccasana per lui.
La sera poi ognuno è tornato alla sua stanza.
Verso le 23 le luci della villa si spengono. Forse la nuova casa o forse il caldo delle prime notti di giugno, sta di fatto che non riesco a prendere sonno e opto per uscire sul piccolo porticato coperto di gelsomino della mia dependance. Una fresca brezza proveniente dal mare rinfresca la mia persona e una luce proveniente da uno dei piccoli edifici della tenuta cattura la mia attenzione. Sono le abitazioni degli altri membri della servitù. Mi affaccio per vedere bene e noto una giovane donna dai capelli castani in intimo, proprio davanti alla finestra. Poco più in là, dietro uno dei cespugli di rosmarino del giardino una figura scura che la sta spiando. Mi muovo verso la figura con l’intento di farla scappare. Cosa in cui ho successo, ma l’uomo fa rumore e la ragazza in intimo si affaccia alla finestra e mi vede. Non è sola. Sento un’altra voce femminile.
«Chi è?».
«Quello nuovo!».
«Fallo entrare.».
La ragazza scompare dalla finestra per poi ricomparire un attimo dopo dalla porta. Mi fa segno di andare con lei.
Quando oltrepasso l’ingresso resto sbigottito nel vedere che l’altra donna con lei è Anita e anche lei indossa solo l’intimo. Un’eccitante lingerie rosa carne che lascia ben poco all’immaginazione. Anita ha un corpo stupendo è alta e ha un fisico slanciato, un culo grande ma sodo al tempo stesso e un bel seno prosperoso. La carnagione è molto chiara, tipico di chi ha i capelli rossi.
«Lei è Daria, la cuoca.».
La presenta come se fosse la situazione più normale di questo mondo.
Non solo lei, ma anche Daria è in intimo. Una lingerie bianca che cela un seno piccolo e un bel culetto sodo. La cuoca castana è una bella ragazza sulla trentina, potrebbe essere mia coetanea. Ha due occhi chiari stupendi che trasmettono serenità.
Sono incantato dalla bellezza delle due donne e scioccato dalla situazione del tutto insolita, motivo per cui resto in silenzio. Non so proprio che dire.
«Allora? Cosa ci fai qui?».
«Io… io…».
«Ci stavi spiando?».
«No, assolutamente. Io ho visto la luce dalla mia dependance e poi c’era una figura scura dietro i cespugli. Così mi sono avvicinato per capire chi fosse, ma è scappato. E poi…».
«Il pescatore. Ancora lui!» mi interrompe Daria.
La cuoca sembra infastidita, mentre Anita non fa una piega.
«Non è cattivo. Solo un po’ invadente. In ogni caso sai bene che…».
«Io non ho visto niente, signora!».
Anita si alza dal letto dove era rimasta seduta e si avvicina a me. Mi prende per un braccio e mi fa sedere su una sedia al lato della stanza.
«Corda!».
Daria arriva e le porge una corda con cui la mia datrice di lavoro mi lega alla sedia. Sono rivolto verso il letto. Impossibilitato a muovermi.
«Tu non devi raccontare niente a nessuno! Ma non ho mai detto che non puoi guardare. Vedilo come un premio per il tuo silenzio!».
Detto questo torna sul letto dove viene raggiunta da Daria. Le due iniziano a scambiarsi un lungo ed appassionato bacio saffico. Le loro chiome lunghe si mischiano insieme, mentre le loro labbra sono appoggiate le une alle altre. Il silenzio della stanza è rotto dal respiro affannato che la passione del loro bacio provoca alle due donne. I pochi istanti in cui i loro volti si allontanano sono quelli impiegati per riprendere fiato, per poi rilanciarsi in quello scambio di saliva con le loro lingue bene attorcigliate tra loro.
Anita si sdraia sul letto, mentre la ragazza si slaccia il reggiseno libera il piccolo seno abbronzato sormontato da due capezzoli appuntiti. La chioma castana si abbassa velocemente in cerca del sesso dell’altra. La lecca da sopra il perizoma color carne, mentre la mia capa mi fissa negli occhi e si toglie il reggiseno a sua volta, mostrandomi il suo seno chiaro e morbido. In un attimo le mutandine di Anita mi sono lanciate addosso dalla cuoca che in un impeto di voracità si lascia trascinare e lecca il sesso dell’altra con una forza indomabile. La rossa è scossa da brividi di piacere, che vengono amplificati dalla sua stimolazione di quei bellissimi capezzoli rosa duri come chiodi.
Ora è il turno di Daria. Le sue mutandine vengono tolte e anch’esse lanciate contro di me che resto immobile legato alla sedia e sofferente per la forte erezione che ho nei pantaloni.
Anita si abbassa sul triangolino di folto pelo scuro che la ragazza ha tra le gambe e inizia una ritmica leccate di passera che è decisamente molto apprezzata dalla cuoca. Le due sono sudate e accaldate, i loro sessi bagnati. Anita si ferma più volte togliendosi dalla lingua dei peli scuri del sesso dell’altra. Le sorride e torna di volata a leccare quella bagnata passerina.
Quando anche la mora viene scossa dall’orgasmo, la faccia di Anita si alza e Daria lecca via dalle sue labbra gli umori che un attimo prima sono usciti dal suo sesso.
Il gran finale arriva quando le due, ormai quasi sfinite incrociano le loro gambe e iniziano a strusciare i loro sessi pelosi in una sensualissima sforbiciata.
Dopo l’ennesimo orgasmo insieme, le due si lasciano andare sul letto. Ridono e si baciano. Si accarezzano. In quel momento la mia testa è trapassata da un solo e unico desiderio: che quelle due ora si prendano cura della mia erezione.
Desiderio che però non sembra potersi avverare.
«Sarà meglio che vada. Ci pensi tu a lui, Daria?».
«Ci penso io.».
Anita si riveste. Mi fa l’occhiolino e con un sorriso malandrino esce dalla casetta della cuoca. Lasciandomi lì sofferente legato alla sedia.
Daria è ancora nuda sul letto. Mi guarda negli occhi poi abbassa lo sguardo sul mio cavallo. È duro. Fa male ed è evidente da sotto i pantaloni.
«Fa male vero?».
«Parecchio!».
«Ci devo pensare io a te?».
Voi cosa avreste risposto? Sì. Sì. Sì. Le cose vanno in modo un po’ diverso da quello che mi sarei aspettato.
«Mi piacerebbe, ma oggi non è possibile! Dovrai alleviare da solo le tue sofferenze.».
Mi slega e mi rimanda nella mia abitazione dove sono costretto a dedicarmi a me stesso con una dolorosa quanto liberatoria sega.
Quello fu il primo giorno in quella che quello strano uomo sulla spiaggia chiamava: la Villa del Diavolo.
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